ANOTHER

CRAB'S

TREASURE

Molti soulslike soffrono di una “malattia” che in questi anni su Twitch ho rinominato “Dark Souls, ma”. Diversi videogiochi del genere sono macchiati da questo morbo che si presenta quando non spiccano a sufficienza da soli e quindi, nel momento in cui vengono chiamati in causa, non si fa neanche il loro nome e si passa direttamente all’espressione “È come Dark Souls, ma… [continua]”. 

Di solito questo indica come punto di partenza mappe ricorsive, una sola occasione per recuperare i propri resti quando si muore, bossfight brutali o dove si affrontano nemici di grandi dimensioni, trappole volutamente scorrette o punitive, un’atmosfera generalmente pesante o malinconica e, si spera, la presenza di un distintivo tentativo di innovazione sul genere.Tuttavia Another Crab’s Treasure è un gioco che nasce come parodia dei Souls sotto moltissimi aspetti, pertanto anticipa e abbraccia in pieno quello che per altri sarebbe uno svantaggio sulla linea di partenza. Anzi, potremmo dire che vi si rifugia come uno scaltro paguro.

È come Dark Souls, ma colorato. Solo che poi i colori si perdono man mano, coperti dalla spazzatura e dalle tematiche affrontate dalla narrazione quando si fanno più pesanti, arrivando così a riprendere la malinconia della musa ispiratrice. 

È come Dark Souls, ma anziché vestire i panni di un protagonista senza nome siamo chiamati a vivere l’avventura quasi cartoon di Kril, un paguro isolato che non vorrebbe saperne nulla dei problemi del mondo, ma è costretto a inseguire uno squalo di plastica per riprendersi la sua conchiglia incerottata. Questo strambo viaggio subacqueo lo spingerà a volgere lo sguardo sia sui confini del mondo esterno, sia sulla lotta che andrà a formarsi nella sua anima tra il vuoto e nichilistico egoismo e lo straripante ed eroico altruismo.

Il sistema di combattimento vede il giocatore servirsi dei soliti strumenti del genere in terza persona: oltre alle diverse forme di attacco leggero, caricato o “speciale”, si comincia col poter schivare, bloccare e parare, ma si arriva fino a una rally mechanic (che profuma di Bloodborne) e ad altre importanti sorprese sbloccabili nell’albero delle abilità. Si può cercare riparo in 69 gusci diversi, quasi tutti carichi di meme oltre che magia, e anche se si affina a dovere la capacità di parry sarà inevitabile cambiare guscio piuttosto sovente nel corso dell’avventura andando così a sperimentare le decine di mosse speciali previste da questo insolito twist. Quando il riparo viene meno si è estremamente più deboli e non si vuole trascorrere più di qualche secondo alla mercé dei pericoli del fondale marino, accontentandosi a volte anche di un tappo di plastica per superare il momento di crisi.

Il gioco presenta delle punte di difficoltà più impegnative, ma è tendenzialmente permissivo. Non è presente, ad esempio, alcuna barra della stamina e questo lascia molta libertà di movimento al giocatore, gli consente di distanziarsi dal nemico senza troppi guai e in generale risulta meno punitivo di altri soulslike. In più, in pieno “stile paguro”, alla peggio si può sempre tentare la fuga e tornare quando il nemico ha voltato le spalle o quando lo si potrà afferrare da lontano con l’amo, un elemento di novità introdotto da Another Crab’s Treasure. Da questo punto di vista lo riterrei valido anche come primo approccio assoluto al genere per chi fosse nuovo ai soulslike, ponendo la mia fiducia nel virtuoso team di sviluppo Aggro Crab affinché continui a ripulire alcune storture indesiderate che macchiano un filo troppo l’esperienza di gioco in questi primi giorni di pubblicazione, sia per quanto concerne la chiarezza di alcune animazioni sia in riferimento ad alcuni problemi di prestazione. 

Dicevamo che è come Dark Souls, ma la fluidità del movimento offerta dal gioco non ha il sapore del legno marcio e anzi ricorda molto alcuni platformer dell’era PSX/PS2, una sensazione generale che il Souls del Granchio cavalca a pieno in tutta la sua estensione (che ammonta a circa 13 ore). L’esplorazione fuori dal combattimento è facilmente la più riuscita nella categoria sotto questo aspetto.

Il level design non è mai da strapparsi i capelli per genialità, eppure riesce a sorprendere in più di un’occasione e, se apprezzate la verticalità degli spazi e gli easter egg nascosti, qui ci sono delle esche per la vostra attenzione. Occhio però a non esagerare con le scalate pazze sul bordo della mappa o finirete col saltare diversi checkpoint e qualche bossfight secondaria, proprio come potrebbe accadere nei giochi di un tempo.

È come Dark Souls, ma è ricco di opzioni di accessibilità che variano dal semplice “Danni subiti ridotti” all’incredibile “il tuo guscio è una pistola che uccide in un sol colpo qualsiasi nemico tu voglia”, utile a superare eventuali scogli troppo ingombranti e a testimonianza di quanto il valore parodico sia importante in Another Crab’s Treasure per ribaltare gli stilemi del genere. In generale la mistura tra combattimento e platforming funziona davvero bene e non manca mai la curiosità verso “la prossima strana ambientazione” in un mondo che trasforma la spazzatura in asset (da qui il titolo) e il capitalismo in una grande benedizione dall’alto.

Purtroppo non tutto luccica in questo forziere e non mi riferisco al fatto che graficamente sia indietro di una decade rispetto al resto dell’acquario. Per esempio: la mappa di gioco risulta a volte tediosa se si è costretti a percorrerla più di una volta e trovo inspiegabile il fatto che esista una Carta da consultare, ma che finisca con l’inquadrare uno spicchio inutile nei pressi del giocatore e non permetta di osservare i dintorni per orientarsi. 

Sempre in tema di difetti, è come Dark Souls, ma stavolta la telecamera… no, niente. Anche qui è un mezzo disastro quando si ha un muro alle spalle esattamente come nei titoloni a cui si ispira. Certe cose non cambiano mai.

L’ultimo neo che voglio evidenziare è il fatto che alcuni nemici non siano particolarmente divertenti da affrontare se presi singolarmente. Mi spiego meglio: Another Crab’s Treasure di certo non annoia mai e la maggior parte delle creature avversarie brilla per design e immaginario (specie nella seconda metà del gioco) risultando uno dei motivi migliori per cui vale la pena scoprire cosa si nasconde sul fondale marino, ma lo stesso non vale in termini di puro gameplay. Ho amato il fatto che siano rappresentati in maniera molto meno cartoon rispetto ai protagonisti della vicenda, così da risultare più minacciosi, ma le loro meccaniche non ingaggiano a sufficienza col giocatore e con le sue diverse abilità, il senso di evoluzione risulta troppo sottile e in più, nonostante alcuni intelligenti reskin, si sente un po’ la mancanza di varietà prima che arrivino i titoli di coda. 

Nessuna di queste imperfezioni scalfisce troppo a fondo il resistente guscio dell’avventura forgiata con personalità da Aggro Crab, su cui si piazza anche un cerotto chiamato “doppiaggio sorprendentemente emozionante” assieme ai tre passeggeri “Satira”, “Dildo Bossfight” e “Anor Londo?”.

Another Crab’s Treasure non è Dark Souls, ma questo paguro introverso merita comunque tutta la vostra attenzione.

Pubblicato il: 07/05/2024

Provato su: PlayStation 5

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15 commenti

Gli proverò a dare una possibilità scaricandolo dal Game Pass

Mi piace un sacco l articolo ora possiamo Pagureggiare tutti dopo averlo letto!!!

Il re dei paguri

Bellissimo articolo, ero molto curioso prima e adesso ancora di più.

Quando vedo impaginazioni come questa sono così contento di pagare il patreon.

Messo a scaricare dal gamepass,

E' veramente divertente. Ormai l'ho quasi finito in modo completista.
La pecca più grande riguarda le performance. Ci sono punti in cui deve caricare la mappa che fa anche 10 secondi di freeze su PS5.
Spero lo sistemino perché merita davvero.

bella Simo, mi hai messo voglia di giocarci

Pensavo di aver preso un granchio scaricandolo , invece il gioco si lascia giocare in maniera piacevole

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