GDC 2024
THE CRIMSON DIAMOND
sedici colori, interfaccia testuale, è subito 1989
The Crimson Diamond si è manifestato per la prima volta nel 2018 con una demo pubblica che mostrava lo stile, le idee di gioco e lo spirito del progetto di Julia Minamata, una grafica e sviluppatrice canadese con alcune collaborazioni videoludiche alle spalle ma qui forse al suo primo vero progetto definibile come interamente proprio. Io, lo ammetto, non l’avevo proprio visto apparire sul mio radar, ma quando mi è stato proposto di incontrare Julia alla GDC 2024 e sono andato a informarmi, beh, mi sono immediatamente incuriosito. Basta infatti osservare qualche immagine o il trailer per rendersi conto di trovarsi davanti a un omaggio passionale alle avventure grafiche Sierra degli anni Ottanta e, in particolare, a una fra quelle a cui sono maggiormente affezionato, The Colonel’s Bequest. E infatti l’intento di Julia Minamata è dichiarato: The Crimson Diamond vuole essere una versione contemporanea di quei giochi, fedele nelle idee di gameplay e nelle scelte estetiche, che “mimano” la grafica in EGA a 16 colori, ma allo stesso tempo graziata dalla complessità, dall’ambizione e dalla comodità di utilizzo tipica dei giochi di oggi.
Il progetto nasce anche dall’idea che un’interfaccia testuale costituisca un ottimo modo per interagire con un’avventura. Sicuramente dona versatilità, varietà di opzioni, libertà di approccio, e oggi può farlo rinunciando a tutta una serie di compromessi non più necessari o “alla moda”. Tanto per cominciare, The Crimson Diamond vuole schivare assolutamente le frustrazioni, i vicoli ciechi, le morti improvvise, imprevedibili, scorrette che caratterizzarono soprattutto il primo decennio di giochi Sierra. In secondo luogo, Julia Minamata ha posto svariati limiti al suo lavoro di riproduzione filologica e, per esempio, l’interfaccia testuale usata dal gioco permette l’utilizzo di comandi in qualche modo avanzati che Sierra introdusse solo qualche anno dopo rispetto al periodo che qui viene omaggiato. L’esempio più banale che viene in mente è la possibilità di scrivere un generico “look” per ottenere una descrizione ricca dell’ambiente in cui ci si trova e vaghi suggerimenti su cosa fare. Ma più in generale, il gioco offrirà una grande varietà di sinonimi e di costruzioni alternative delle frasi, per evitare il più possibile che si rimanga bloccati alla ricerca del termine previsto, come quando all’epoca avevi capito cosa bisognava fare ma non riuscivi a intuire come il sistema pretendeva che lo scrivessi. L’interfaccia di The Crimson Diamond prevede invece un gran numero di soluzioni nella formattazione e nella composizione dei comandi, con un ampio vocabolario che per altro Julia Minamata ha compilato e sta continuando a compilare a mano.
Il gioco racconta la storia di Nancy Maple, una geologa che le regole patriarcali dell’ambiente universitario di una volta costringono a seguire la sua passione in maniera per lo più amatoriale. Un giorno, però, Nancy viene inviata in missione per indagare sull’apparizione di un misterioso diamante in una cittadina dell’Ontario e da lì si ritroverà a indagare su tutta una serie di personaggi coinvolti nella vicenda. E questo avviene, per lo meno nelle fasi iniziali, in una grossa magione e in un contesto che ricordano veramente tanto per stile, scelte musicali, e composizione delle immagini, il gioco investigativo di Roberta Williams… O comunque la maniera in cui è rimasto scolpito nei miei ricordi. C’è però come detto una forte attenzione nel rendere tutto molto più comodo, leggibile, accomodante, ma soprattutto versatile nelle opzioni disponibili. Per esempio, il personaggio può essere fatto camminare cliccando in giro come in un punta e clicca più moderno. Ma possiamo anche utilizzare le frecce direzionali o i tasti WASD e, in un lampo di filologia estrema, si può anche decidere di attivare il sistema di movimento delle prime avventure 3D Sierra, con una pressione del tasto che fa avviare la camminata del personaggio e una seconda pressione per farlo arrestare sul posto. Questa impostazione versatile e modulare si applica a tanti aspetti del sistema di gioco, come per esempio la gestione dell’inventario, e va poi mano nella mano con tutta una serie di decisioni prese da Minamata nel design.
Viene in mente quello che può essere considerato un dettaglio ma che per lei è il modo per risolvere un tarlo che l’ha sempre tormentata giocando a The Colonel’s Bequest. Nell’avventura di Roberta Williams, le varie stanze della casa che ospitava le vicende non avevano porte. Si trattava probabilmente di una scelta fatta per questioni di comodità, tanto nello sviluppo, quanto nell’esperienza di gioco, ma chiaramente aveva poco di realistico. Julia ha deciso di andare nella direzione opposta e ha finito per sfruttare questa cosa anche in termini di gioco. Le porte socchiuse permettono infatti di avvicinarsi a un uscio e origliare conversazioni che i personaggi coinvolti non hanno se invece entriamo direttamente nella stanza. Questo aspetto, tra l’altro, si lega al modo in cui Minamata ha deciso di gestire lo sviluppo degli eventi. The Colonel’s Bequest, come tante altre avventure Sierra dell’epoca, aveva un timer interno che regolava lo sviluppo degli eventi in maniera indipendente dalle azioni del giocatore, con tante cose che accadevano nel corso dell’avventura e che potevi scoprire o meno se capitavi nel posto giusto al momento giusto. The Crimson Diamond prova a riprodurre in qualche modo quell’aspetto dell’esperienza rendendolo un po’ meno frustrante, con eventi (come appunto le conversazioni da origliare) che è sì possibile perdersi, ma che non avvengono indipendentemente da noi. Sono lì pronti da essere scoperti esplorando la sezione e compiendo l’azione giusta nel posto giusto, ma rimangono facoltativi e se completiamo tutte le azioni richieste per portare avanti il racconto… il racconto andrà avanti, cambiando lo stato dei vari personaggi e rendendo quindi “perso” il tal evento.
Tutte queste decisioni danno proprio l’idea di un gioco che vuole ovviamente catturare lo spirito del modello di riferimento ma traslarlo nell’epoca contemporanea con la giusta dose di compromessi. Lo si vede anche nella gestione del finale che, mi ha spiegato Julia, come in The Colonel’s Bequest richiederà di risolvere il caso e indicare un colpevole, con la possibilità di sbagliarsi, ma sarà meno punitivo e offrirà comunque delle conclusioni soddisfacenti anche per chi non dovesse aver messo assieme tutti i pezzi del puzzle. E insomma, tutti questi elementi mi hanno davvero convinto e fatto venire una voglia smisurata di giocare alla versione definitiva, prevista finalmente l’autunno del 2024, nel formato PC. Rimane da capire se The Crimson Diamond finirà per interessare solo ai nostalgici delle avventure grafiche di una volta o saprà accalappiare anche l’interesse dei giocatori più giovani e che non hanno un legame affettivo con quei titoli.
Lo scopriremo solo vivendo.
Pubblicato il: 02/04/2024
Provato su: PC Windows
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