ANTEPRIMA
TOKYO XTREME RACER
Un ritorno inaspettato
Se leggete FinalRound da qualche tempo dovreste aver capito che a me i videogiochi in accesso anticipato non piacciono. È più forte di me, ma l’idea di approcciare un’opera parziale per poi doverla abbandonare per mesi o anni in attesa della release ufficiale della sua versione 1.0 mi sfianca mentalmente anche solo pensandoci. Preferisco aspettare per godermi la versione definitiva tutta assieme senza costringermi a porzionare la mia esperienza, motivo per cui non ho ancora nemmeno sfiorato titoli che attendo febbrilmente come No Rest for the Wicked e Hades 2. Per Tokyo Xtreme Racer ho voluto fare uno strappo alla (mia) regola, un po’ perché per me il fatto che a diciannove anni da Import Tuner Challenge sia uscito un nuovo capitolo della serie rappresenta un vero e proprio miracolo videoludico, un po’ perché la sua natura da arcade racer rende l’idea di abbandonarlo in attesa della sua forma finale molto più semplice da tollerare.
Quindi sì, dopo non so neanche più quanto tempo sono finalmente tornato a calcare le autostrade di Tokyo a bordo di alcune tra le mie automobili preferite di sempre e devo essere brutalmente onesto con voi: non mi sarei mai aspettato che sarebbe stata un’esperienza così positiva.
Parliamoci chiaro: Genki è sempre stato un team microscopico all’interno del mare magnum dell’industria videoludica, fortemente ancorato ad una filosofia di sviluppo molto lontana dai budget gargantueschi che hanno caratterizzato tanti racing game nell’epoca d’oro del genere. Dopo essere scomparso dalle scene per quindici anni (l’ultimo titolo pubblicato era Spectrobes: Origins su Wii nel 2009) non era per nulla scontato che il team avrebbe fatto bene, soprattutto se si pensa al fatto che quella dell’early access è una formula che non aveva mai utilizzato prima. eppure, con mia grande sorpresa, Tokyo Xtreme Racer mi è piaciuto tantissimo.
Prima di addentrarmi nel discorso, però, ho bisogno di fare una premessa molto importante. Tokyo Xtreme Racer è una serie di videogiochi estremamente di nicchia e che ha sempre parlato ad un pubblico iper specifico di appassionati di racing game. In senso assoluto si tratta di uno di quei videogiochi che chi fa il mio mestiere definirebbe (a ragione) “non per tutti”. Non è una questione di elitarismo settario tipica di certi ambienti ma di un avviso ai naviganti: se siete alla ricerca di un titolo che possa offrire grande varietà di contenuti come un Gran Turismo, un Forza Horizon o anche un Need For Speed sappiate che se doveste decidere di approcciarvi a TXR potreste rimanere storditi. Tokyo Xtreme Racer (2025) è un bellissimo Tokyo Xtreme Racer, potenzialmente addirittura il migliore di sempre, ma non è detto che possa inserirsi facilmente nella lista dei videogiochi del cuore di chi non ha mai preso contatto prima d’ora con la serie ideata da Genki nel 1999.
La formula è la stessa di sempre. TXR è un videogioco di guida asciuttissimo, con uno dei gameplay loop meno sorprendenti e sfaccettati di sempre: si acquista un’auto, si scende in strada, si sconfiggono degli avversari per guadagnare crediti, si torna al garage per spendere quei crediti nel miglioramento dell’auto e si ritorna in strada. Questo viene ripetuto dall’inizio alla fine senza alcun tipo di deviazione. Non ci sono circuiti da masterare, c’è solo il complesso groviglio di autostrade che compongono la leggendaria Wangan che cinge Tokyo e le sue periferie su cui si muovono gli street racer nella notte. In questo non è cambiato di una virgola rispetto al passato, dal momento che il cuore dell’esperienza sta ancora nelle lunghe esplorazioni della wangan alla ricerca di team da battere un membro alla volta fino all’apparizione dei team leader. C’è una lievissima forma di progressione narrativa, più marcata che in passato e che permette di percepire l’effettivo scorrere del tempo e il mutamento degli equilibri della notte tokiense, ma da lì non si devia mai. O si sta in strada alla ricerca della velocità pura o si è nel garage a montare potenziamenti e modifiche all’auto, nel mezzo non c’è nient’altro. Se siete pronti ad accettarlo avrete a che fare con uno dei racing arcade più ipnotizzanti che abbiate mai incontrato nella vostra vita, e credetemi se vi dico che non è poco.
I tre atti contenuti dell’early access, scanditi da alcune tra le bossfight più impegnative che la serie mi abbia mai messo di fronte, rappresentano già ora un’ottima offerta ludica. Il fulcro delle gare rimangono le SP Battle di derivazione picchiaduro, in cui bisogna distanziare gli avversari fino ad esaurire la loro barra degli Spirit Points, a questo si aggiunge per la prima volta la possibilità di poter sfidare (per pochi crediti in palio) ogni auto “civile” che popola il traffico cittadino. Sono poi tornati i wanderer, che sono avversari speciali che compaiono sulla Wangan solamente all’avverarsi di certe – a volte piacevolmente assurde – condizioni, come per esempio l’aver guidato per almeno 666km, l’aver guadagnato almeno 777.777.777 crediti o l’essere passati per almeno tre volte da uno specifico parcheggio. Il tutto è condito dalle solite descrizioni dei piloti sconfitti consultabili al garage che ne raccontano le storie e, a volte, i legami più insospettabili. C’è chi corre solo nei weekend per nascondersi dalla famiglia, chi nel corso delle sue scorribande in autostrada ha incontrato un proprio professore universitario tra le fila di un team avversario e chi è ossessionato dal football americano o dalle serie super sentai. Sono tornati anche i parcheggi, introdotti nell’ultimo capitolo della serie, dove è possibile conversare con gli altri avventori per poter scoprire le condizioni di sblocco di determinati wanderer e dove si possono incontrare avversari unici da sfidare. Insomma: c’è tutto quello che negli anni ha costituito la spina dorsale della serie, ma c’è anche di più.
La novità principale è in assoluto la svolta simil-RPG del gioco, che per la prima volta introduce uno skill tree da cui è possibile sbloccare nuove auto, nuovi potenziamenti e, soprattutto, nuove abilità selezionabili che aumentano attacco e difesa (sostanzialmente quanto danno si fa alla barra degli SP avversari una volta che li si distanzia e quanto se ne riceve a parti invertite) o che diminuiscono i danni subiti quando si impatta contro i guard rail o contro il traffico. Non si tratta in alcun modo di un sistema profondo, ma è utile a scandire la progressione del gioco e offre l’inedita possibilità di personalizzare un’esperienza altrimenti molto lineare senza però stravolgere l’anima del gioco. Anima che, ci tengo a sottolinearlo, rimane estremamente giapponese, grazie alla presenza di soli costruttori ed elaboratori del sol levante, oltre alla capacità di andare oltre all’approccio nostalgico di molti racing game quando si tratta di JDM. Non di sole Trueno ed R34 vive l’uomo, e questo in Genki lo sanno benissimo. È l’epoca del nuovo rinascimento delle auto giapponesi. C’è ancora spazio per le Silvia S13 e per le Supra Mk4, ma questo non vuol dire che non si debba guardare al presente delle Mazda 3, delle Toyota GR-86 e delle Subaru BRZ.
Chiudo parlando un minimo della presentazione estetica e tecnica: Tokyo Xtreme Racer è sviluppato in Unreal Engine 5.4 e si vede. Siamo lontani dalle vette dei grandi tripla A corsistici, ma permettetemi di dire che sono rimasto sbalordito da quanto non sfiguri se messo accanto ad altri videogiochi di quest’epoca. Splendido soprattutto il lavoro fatto sull’illuminazione, capace di donare ai modelli delle auto dei bellissimi riflessi e di connotare ogni zona della Wangan con un look tutto suo. È splendido ritrovarsi a correre sul Rainbow Bridge o ai piedi della Tokyo Tower, così come ho apprezzato tantissimo la resa delle ambientazioni che si trasformano sensibilmente quando ci si allontana dal centro per andare verso Kawasaki o Yokohama, e lo stesso vale al contrario. Credetemi: avvicinarsi a Tokyo in autostrada è un’esperienza unica nel suo genere, e Tokyo Xtreme Racer la fotografa alla perfezione. Meno bene il sound design, decisamente più piatto e meno ispirato, ma non è detto che non venga potenziato in vista della release ufficiale. Il vero fiore all’occhiello del gioco, però, è in assoluto il suo sistema di guida, che pur rimanendo squisitamente arcade (e mamma mia quanto sentivo il bisogno di un racing arcade così) mantiene una fisica davvero soddisfacente. Non si avvicina mai al realismo duro e puro, ma lavorare al settaggio dell’auto può trasformare radicalmente il feeling del proprio bolide fino a raffinarlo alla perfezione. A questo va necessariamente aggiunto un appunto per me fondamentale: Tokyo Xtreme Racer è ancora una volta il racing game in grado di restituire al giocatore il miglior senso della velocità sulla piazza. Esagerato, sparatissimo ma soddisfacente come davvero poche cose al mondo.
Insomma, per ora siamo vicini al centro pieno e la strada tracciata da Genki è assolutamente promettente. Certo è che la mancanza di feature multiplayer potrebbe far storcere il naso a molti e affossarlo sul lungo periodo, però sono sicuro che ai fan di vecchia data e a tutti gli appassionati delle sottoculture automobilistiche d’oriente accenderà una scintilla nel cuore che sembrava non si sarebbe innescata mai più. Bentornato, Tokyo Xtreme Racer.
Pubblicato il: 29/01/2025
Provato su: PC Windows
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