MELINOE DI ZAFFERANO VESTITA
Vita, morte e miracoli del design dei personaggi di Hades II
Pochi giorni fa ho battuto l’ultimo boss disponibile nell’attuale build in accesso anticipato di Hades II. Avendo incontrato tutti i personaggi finora disponibili nell’ultima fatica di Greg Kasavin e soci, ho una certezza: Supergiant Games ama ciò che è secondario, trascurato, frammentario, coloro che nelle grandi narrazioni mitiche del passato sono rimasti ai margini. E che qui salgono agli onori della ribalta in grande spolvero.
Una breve premessa: in questo articolo sono presenti riferimenti alla trama di Hades II e alle relazioni tra i suoi personaggi. A mio avviso, nulla di tutto ciò può scalfire il piacere che si prova giocando a un titolo che, già in questa fase, ha tutte le carte in regola per intrattenere per decine di ore. Quanto dirò sulla storia dell’avventura di Melinoe può essere scoperto dai giocatori nei primi minuti di gioco: nonostante ciò, ritengo corretto avvisarvi nel caso in cui preferiate buttarvi nel Crocevia e solo poi tornare da queste parti.
Tra i tratti distintivi di entrambi i capitoli di Hades vi è l’attenzione al racconto dei protagonisti tramite immagini. Con un’azione frenetica che coinvolge anche decine di personaggi a schermo tutti insieme e un’inquadratura dall’alto che non permettono di vedere chiaramente Zagreus e Melinoe nel vivo delle loro gesta, le illustrazioni inserite a corredo dei dialoghi assumono un’importanza centrale per parlare dei valori, delle alleanze e delle caratteristiche delle divinità dell’Olimpo, di quelle dell’Oltretomba e degli eroi che incontriamo nei nostri percorsi a ostacoli tra megere e tritoni inferociti.
In un’intervista concessa a Kotaku a fine 2020, il Creative Director di Hades, Greg Kasavin, spiegava perché quelle illustrazioni fossero così ben riuscite. “Grazie a Jen Zee. I nostri ritratti delle divinità devono molto alla tradizione classica, un qualcosa a cui Jen, come artista, si interessa molto”. Jen Zee, Art Director della serie, lavora in Supergiant Games da ormai quasi quindici anni. E per l’opera svolta su Hades ha ricevuto numerosi premi, tra cui il BAFTA Games Award for Artistic Achievement nel 2021.
È alla tradizione classica, quindi, che bisogna guardare, con la consapevolezza, però, che al pantheon delle divinità greche è stata dedicata un’attenzione pressoché ininterrotta per millenni – tanto che nel 2024 siamo qui a scervellarci per battere quelle stesse divinità in un videogioco! Al di là delle innumerevoli copie romane di statue greche ormai perdute, gli artisti di tutto il mondo hanno guardato agli dèi ed eroi dell’Antica Grecia per raccontare storie immortali di amore, morte, lussuria, tradimento e fedeltà: in uno dei suoi disegni più intensi, il pittore britannico preraffaellita Dante Gabriel Rossetti rappresenta Euridice che fugge dall’Ade insieme all’amato Orfeo, personaggio ben noto agli appassionati di Hades; all’inizio del XIX secolo, lo spagnolo Francisco Goya raffigurò Saturno che divora i suoi figli nel dipinto omonimo, di una crudezza inaudita, con il Titano dagli occhi strabuzzati che pasteggia con un cadavere smembrato.
Jen Zee conosce bene il potere delle immagini, e non a caso ha prestato un’attenzione particolare ai ritratti dei due protagonisti della serie, rispettivamente Zagreus in Hades e Melinoe in Hades II. I due sono fratelli, entrambi figli di Persefone e Ade, ma non potrebbero essere più diversi – e questa diversità marca una netta differenza di tono nelle due avventure. Zagreus è inquadrato dall’alto di tre quarti, con metà del viso in ombra.
Tende la mano sinistra verso l’osservatore, quasi a offrirla in un gesto di amicizia e confidenza. La corona d’alloro rosso e oro e le ossa che decorano il suo abito denotano chiaramente la sua appartenenza alla Casa di Ade. La Principessa dell’Oltretomba, Melinoe, protagonista del secondo capitolo, è inquadrata dal basso e frontalmente, trasmettendo a chi guarda una sensazione di regalità, potere, distanza. Distanza accentuata dalla postura del braccio sinistro, portato verso il cuore, come nella preparazione di un incantesimo o in un gesto di difesa. La mano destra è stretta a pugno sul suo fianco, la figura cinta in una corta veste color zafferano.
Torna la corona d’alloro rosso e oro, ma al centro della testa della dèa troviamo una luna crescente: Melinoe non è soltanto la Principessa dell’Oltretomba, ma è anche una delle Sorelle Lunari. In altre parole, con due semplici immagini statiche Supergiant Games ci ha comunicato una valanga di informazioni – e ce ne sarebbero ancora altre da sviscerare: tenendo fede a quanto mostrato nei ritratti, Hades è l’avventura di un ragazzo sbruffone e ancora immaturo, ansioso di dimostrare al padre il suo valore, mentre Melinoe, cresciuta senza la sua famiglia d’origine con l’unico scopo di battere Chronos, vive una storia dai toni ben più sobri e drammatici.
Questi e altri ritratti dimostrano che sarebbe un errore limitarsi alla tradizione visuale, ai dipinti, alle sculture dedicati agli dèi dell’Olimpo e dell’Oltretomba nel corso dei secoli: come Jen Zee ben sa, infatti, immagini potenti e influenti possono essere convogliate anche tramite la parola scritta, cui Supergiant Games ha fatto abbondante riferimento. Non che vi sia molto da leggere su personaggi come Zagreus e Melinoe: entrambi erano figure centrali nei culti orfici, movimento religioso esoterico incentrato su Orfeo e sorto in Grecia intorno al VI secolo a.C., ma la tradizione letteraria che li riguarda è estremamente frammentaria.
Come ricordano gli studiosi Apostolos N. Athanassakis and Benjamin M. Wolkow nella loro edizione commentata degli Inni Orfici (edita da Johns Hopkins University Press e pubblicata nel 2013), Melinoe è una figura oscura, menzionata soltanto nell’Inno 71 e su un congegno magico, probabilmente usato per la divinazione, su cui sono nominate anche Persefone ed Ecate (figure su cui torneremo in seguito). L’oggetto è stato analizzato da Anne-France Morand, ma restano numerosi dubbi sul suo utilizzo. Quanto all’inno, mi sono divertita a tradurlo in italiano dal greco antico per voi – sapevo che i miei studi presso il Liceo Classico mi sarebbero tornati utili, un giorno!
“Melinoe, ti invoco, giovane ctonia, dal peplo color zafferano,
che presso la foce del Cocito la reverenda
Persefone generò nei sacri letti di Zeus Cronide,
alla quale il mascherato Plutone si unì con scaltri trucchi,
e un corpo doppio uscì fuori dalla furia di Persefone,
un corpo che porta alla follia gli uomini con apparizioni spettrali,
che svela l’impronta della forma con strane visioni,
talvolta ben visibile, talvolta nascosta, brillante nelle tenebre,
che compie attacchi snervanti nel cuore della notte.
Ma dea, io ti supplico, Regina del sottosuolo,
di espellere la pazzia dall’anima e di esiliarla ai confini della Terra,
e di mostrare agli iniziati il tuo volto sacro e benevolo”
Ecate
Nemesi
Gli Inni Orfici sono un testo misterioso, di cui non conosciamo con certezza la data e il luogo di composizione. Si tratta di un’opera pregna di sincretismo tra religioni pagane, che offre – insieme al resto della letteratura definita “orfica” – versioni alternative della mitologia come codificata da Omero ed Esiodo. È probabile che questi Inni si siano formati nel corso del tempo, a opera di diversi autori e in diverse occasioni, con lo scopo di invocare le forze di varie divinità, spesso poco note: Ecate, Selena, Chronos, Semele, Nemesi.
Di certo c’è che Melinoe viene ritratta con pennellate ambigue, a partire dalla sua paternità. Nell’Inno 71 sembra avere non uno, bensì due padri, ossia Zeus e Plutone (Ade): in Hades II, è considerata figlia esclusivamente del secondo. Questa duplicità si riflette nel suo “corpo doppio”, capace di emettere spettri che portano gli umani alla pazzia. Jen Zee aderisce a questo riferimento disegnando per la sua Melinoe un braccio sinistro ectoplasmatico, di colore verde, che lascia intravedere le ossa della dea. C’è poi il riferimento al colore dell’abito di Melinoe, in greco antico κροκόπεπλον, “color zafferano” – la tonalità impiegata dalla Art Director di Hades II per rappresentare il vestito della Principessa dell’Oltretomba. È importante notare che l’unica altra ricorrenza del termine negli Inni si trova nell’Inno 1.2, quello dedicato a Ecate. Anche Ecate, inoltre, è associata alle tenebre, ed è capace di far impazzire gli uomini: il connubio tra la notte (e il suo astro più caratteristico, la Luna) e la pazzia è antico, e dee come Melinoe, Ecate, Selene e Artemide vengono tutte ricondotte al mondo notturno e lunare, con culti che si intrecciano fra loro.
Questo legame divino è fortissimo in Hades II: i ritratti di queste quattro dee sono tutti impreziositi dalla presenza di una luna crescente collocata al centro della fronte di ciascuna di esse. Mentre Artemide e Selene sono vere e proprie manifestazioni della Luna, Melinoe ed Ecate sono esseri notturni dalle spiccate capacità magiche. Tanto che Ecate – che nella tradizione letteraria ha un rilievo ben maggiore rispetto a divinità come Zagreus e Melinoe – nel corso dei secoli divenne una sorta di “modello” per l’iconografia della strega. Lo riconoscono i principali studiosi della storia della stregoneria, fra tutti Brain P. Levack nel suo “La caccia alle streghe in Europa” (edito in Italia da Laterza nel 2012): Ecate ha plasmato l'immaginario collettivo sulla stregoneria, venendo associata alla morte, alla magia e alla necromanzia da commediografi come Sofocle ed Euripide. Un connubio portato avanti anche da William Shakespeare nel Macbeth Anche Shakespeare – e dall’alta moda: Jean-Paul Gaultier ha dedicato a Ecate un abito-cappotto nero adornato di piume nella sua collezione autunno-inverno 2006/2007, mentre la stilista greca Mary Katrantzou si ispira spesso alle divinità olimpiche per creare i suoi abiti.
Come ricorda Charles Zika – uno dei più grandi studiosi dell’iconografia delle streghe – nel suo ricchissimo volume “The appearance of Witchcraft. Print and visual culture in sixteenth-century Europe” (pubblicato da Routledge nel 2007), gli artisti giocarono un ruolo fondamentale nell’interpretazione e nella riconfigurazione degli elementi visuali che, nel corso dei secoli, svilupparono determinate concezioni culturali relative alla stregoneria. Non bisogna dimenticare che fino a non molti anni fa l’analfabetismo era diffusissimo: di conseguenza, oggetti, dipinti e sculture esercitavano un potere socio-culturale considerevole sulle masse.
A seconda del luogo e del tempo, alla figura della strega sono stati associati determinati attributi e strumenti. Per esempio, nell’Europa centrale del XVI secolo era frequente vedere stampe che rappresentavano donne giovani, nude e con i capelli al vento, un simbolo potentissimo della sessualità fuori controllo associata alla loro comunione con il Diavolo.
Il lavoro svolto da Jen Zee sulla figura di Ecate in Hades II è interessante perché include simboli stregoneschi sviluppatisi anche molto di recente: il cappello a punta indossato dalla Signora del Crocevia non viene dall’Antica Grecia, bensì dalla Gran Bretagna del XV secolo, in cui le donne quacchere indossavano alti cappelli di lana nera a forma di cono. Per vederne un esemplare, potete dare un’occhiata al dipinto a olio “L’assemblea dei quaccheri”, di Egbert van Heemskerck, realizzato intorno al 1685.
È invece ben visibile su statue, vasi e dipinti provenienti da Grecia e Roma antiche il copricapo raffigurante una luna crescente che vediamo sulla testa dell’Ecate videoludica e delle altre Sorelle Lunari. In Hades II, Melinoe può soltanto accettare i messaggi provenienti dall’alto da parte di Selene, personificazione della Luna, mentre può incontrare nel sottosuolo Artemide, dea della caccia, anch’ella associata al mondo lunare. L’elemento della sorellanza lunare viene spesso accentuato nei dialoghi tra questi personaggi, e in un’occasione Selene si reca presso il Crocevia per disquisire con Ecate. Nel corso dei secoli, la raffigurazione delle streghe si è spesso concentrata nella rappresentazione delle loro attività di gruppo. Basti pensare alla stampa intitolata “Le Streghe” realizzata nel 1510 da Hans Baldung Grien: un gruppo di streghe nude, giovani e vecchie, prepara il cibo necessario per un sabba. In alto, una di loro vola al contrario (simbolo dell’inversione e della blasfemia dei loro poteri) a cavalcioni su un caprone, con un bastone in mano e i capelli sensualmente sciolti al vento. Negli ultimi decenni, numerosi gruppi femministi hanno rivendicato il concetto di “sorellanza stregonesca” come potere femminile contro l’oppressione patriarcale, usando slogan come “Tremate, tremate, le streghe son tornate” e rivendicando l’erotismo libertario di molte rappresentazioni delle streghe nel corso dei secoli: lo ricorda Pinuccia di Gesaro nel suo colossale “Streghe. L’ossessione del diavolo, il repertorio dei malefizi, la repressione” (edito da PRAXIS 3 nel 1988). È un erotismo del tutto estraneo alla rappresentazione di Ecate fatta da Jen Zee, che mira a intimidire e non a sedurre, avvolta com’è in un una stoffa scura e sovrabbondante che lascia scoperti soltanto i suoi scolpiti addominali.
Parlando dell’hub centrale del titolo di Supergiant Games, va detto che non è un caso se il luogo di cui è signora in Hades II si chiama Crocevia: come ricordato in un paper di Nicola Serafini dal titolo “La dea Ecate e i luoghi di passaggio. Una protettrice dalla quale proteggersi” (pubblicato nel 2015 su Kernos, Revue internationale et pluridisciplinaire de religion grecque antique), Ecate esplica il suo massimo potere nei crocicchi, e le è affibbiato l’epiteto di εἰνοδία, “colei che sta sulla strada”. Ecate tutto vede e tutto controlla, tanto da essere spesso rappresentata con tre corpi: ecco l’origine di una delle mosse caratteristiche della sua boss fight in Hades II, in cui la dea si fa trina per attaccare la sua discepola Melinoe da più parti. Se vi trovate a Roma, potete vedere una splendida rappresentazione bronzea di Ecate tricorpore presso i Musei Capitolini. Il suo triplice corpo simboleggia anche la sua signoria magica su passato, presente e futuro: è una maestra a dir poco perfetta per Melinoe, destinata a sconfiggere Chronos, il Titano del tempo.
Nel suo dipinto “La notte della gioia di Enitharmon”, realizzato nel 1795 dal pittore britannico William Blake, la figura femminile dal triplice corpo seduta sulla destra è ispirata proprio a Ecate, e come la dea è connessa da Blake all’astro lunare. Muscolosa e imponente, Enitharmon è un tributo alle forme titaniche delle donne di Michelangelo Buonarroti, e simboleggia tutta la forza della conoscenza, della magia e dell’ispirazione poetica, intesa come potere capace di cambiare il mondo e di penetrare nei suoi più oscuri segreti.
Anche la Ecate di Jen Zee è una figura fisicamente maestosa: Zee sceglie di dipingerla con gli addominali bene in vista, e di farle occupare una porzione decisamente generosa dello spazio dedicato a schermo ai ritratti. Nel corso della sua boss fight, Ecate utilizza un altro dei suoi attributi tradizionali: la torcia. Non vi è traccia di questo strumento nell’Inno Orfico 1.2 a lei dedicato, ma in compenso la sua associazione a Ecate fu costante nella tradizione iconografica della dea e sopravvisse ai millenni: possiamo constatarlo nella travolgente rappresentazione a pastello fatta dal pittore ceco Maximilián Pirner nel 1901, in cui una Ecate tricorpore si staglia seminuda in volo contro una falce di luna impugnando una torcia, una chiave e un pugnale.
Ci sarebbe tanto altro da dire: il lavoro svolto da Jen Zee e dal team di artisti di Supergiant Games per Hades II è davvero pregevole. E in futuro non mancheranno le novità, dato che alcuni ritratti sono ancora provvisori. Quel che è certo è che il pantheon di divinità dell’Antica Grecia ha ancora molto da dire, e c’è tanto da riflettere sulle lamentele che frequentemente si sentono quando questo o quel racconto (un esempio su tutti: la Sirenetta) viene rivisto e proposto in una nuova veste: figure come Ecate vengono plasmate dall’immaginario collettivo e dall’arte da millenni, e come risultato non fanno altro che diventare sempre più ricche e profonde, impregnate come sono dal genio umano che le ravviva, senza sovrascrivere le loro precedenti manifestazioni. Questo Supergiant Games lo sa benissimo, e si avvicina alle storie e alle figure mitiche che colloca all’interno del mondo virtuale di Hades sì con studio rispettoso delle fonti, ma anche con verve creativa e voglia di cambiare.
Perché certe storie sono troppo belle per non essere fatte proprie dalla nostra contemporaneità.
Pubblicato il: 03/06/2024
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