GRAN TURISMO 4
CARTOLINE DI UNA STORIA D'AMORE DURATA VENT'ANNI
Kazunori Yamauchi aveva un sogno.
Amava le automobili in maniera così pura e sincera che voleva digitalizzarle e portarle nelle case di tutti, tentando nel frattempo di trasmettere quel sentimento così profondo e irrazionale a chiunque entrasse in contatto con le sue creazioni. Sony questo lo scoprì quando gli commissionò lo sviluppo di Motor Toon Grand Prix, un kart racer cartoonesco in cui Yamauchi riuscì ad inserire una fisica di guida sorprendentemente realistica nonostante la sua stramba estetica slapstick. Quella fu la scintilla che accese in Sony l’interesse nei confronti di Kazunori, a cui diede carta bianca per creare la serie che lo rese una leggenda dell’industria. Gran Turismo nasce così, germoglia dalla malsana fissazione di un appassionato di automobili per la simulazione corsistica su console e diventa una di quelle che in gergo chi fa il mio mestiere chiama smash hit.
La storia delle origini e dello sviluppo di Gran Turismo è costellata di aneddoti e avvenimenti incredibili, un’epopea fatta di ambizioni gigantesche ed enormi difficoltà tecniche da superare per raggiungere un obiettivo – almeno sulla carta – impossibile. Si potrebbe parlare del successo strepitoso di Gran Turismo, della collaborazione con una leggenda del jazz giapponese come Masahiro Ando dei T-Square, dello sviluppo travagliatissimo di Gran Turismo 2 o ancora del salto quantico che rappresentò Gran Turismo 3 A-Spec per il medium tutto, così avanti che sembrava piegare le leggi della programmazione al proprio volere per raggiungere un risultato finale semplicemente impensabile per l’epoca. Il fatto è che il 2024 segna il ventesimo anniversario di quello che ancora oggi rappresenta forse il miglior videogioco automobilistico di sempre.
Quest’anno sono vent’anni di Gran Turismo 4
Prima di iniziare però fatemi e fatevi un favore: premete play e leggete questo articolo con le note di Moon Over the Castle nelle orecchie e, se c’eravate, provate a ricordare della prima volta vi siete beati della opening di GT4 sulla vostra PlayStation 2, altrimenti provate semplicemente a mettervi nei panni di chi venne accolto così da un videogioco semplicemente straordinario.
Di videogiochi di guida ne ho divorati a tonnellate per tutta la vita. Dai più conosciuti e amati come Burnout e Need for Speed fino ai più sconosciuti e bistrattati come Automodellista, Enthusia Professional Racing e Racing Lagoon. Faccio parte, dopotutto, di quegli sciroccati che associano un’anima alle automobili, di quelli che le considerano molto più che semplici mezzi di trasporto: merito dell’essere cresciuto in una casa in cui il motorsport era sempre presente sia in televisione sia sulle mensole su cui papà stipava i modellini delle auto da corsa che l’avevano fatto innamorare delle quattro ruote. Era scontato che questo amore si sarebbe riversato anche sui videogiochi.
Dopotutto, chiunque avesse una PlayStation in casa non poteva non entrare in contatto con Gran Turismo.
L’ho vissuto per anni come una sorta di party game da tirare fuori ogni volta che veniva qualcuno a casa; la scusa perfetta per flettere i muscoli di PlayStation imbastendo sfide in split screen tra la Mitsubishi FTO LM e la leggendaria Toyota Supra in livrea Castrol. Poi, crescendo, cominciai a entrare sempre più in sintonia con la visione di Yamauchi; compresi il suo bisogno quasi carnale di voler raccontare il mondo dell’automobilismo nella maniera più completa e realistica possibile, la sua voglia di allontanarsi dagli stilemi di chi era interessato solo alle corse per raccontare anche gli aspetti più triviali e ordinari dell’automobilismo come la necessità di imparare a guidare prendendo la patente o la cura del proprio mezzo esplicitata sotto forma di cambi d’olio e ripetute passate sotto ai rulli dell’autolavaggio.
Oggi il nostro rapporto con l’automotive è profondamente diverso rispetto a com’era vent’anni fa. L’automobile non è più una compagna di vita ma uno strumento da affittare e non possedere; le sportive economiche non esistono più e hanno lasciato spazio ad hypercar limitatissime che flirtano coi soli portafogli di sceicchi e autoproclamati guru della finanza; i motori rumorosi sono diventati fastidiosi e stanno lasciando il passo ad auto sempre più docili e silenziose; la benzina costa sempre di più e l’ombra dell’inquinamento feroce che sta divorando il pianeta ha allontanato sempre più giovani dalle gioie delle quattro ruote. Il motorsport vive in un limbo in cui cerca disperatamente di risultare appetibile per le grandi masse senza però potersi permettere le follie sportive del passato e, per questo, innamorarsi dell’automobile è diventato sempre più difficile. È anche per questo che Gran Turismo 4 è un videogioco semplicemente incredibile: quello di Yamauchi è un tempio pagano digitale eretto in onore di un mondo ormai alieno, fatto di collezionismo, rispetto e amore incondizionato verso l’automotive in tutte le sue forme.
Potrei spendere ore a parlare di quanto tempo della mia inutile esistenza ho passato su Gran Turismo 4. Potrei raccontare della fatica immensa per riuscire a prendere tutte le patenti, della gioia infinita di scoprire che quella Toyota RSC Rally Raid Car vinta in premio dopo aver vinto il Rally di Amalfi fosse una manna dal cielo per farmare crediti in fretta, di quelle volte che ancora oggi mi sveglio in piena notte urlando ripensando alla Missione di guida 34 sulla SLR McLaren o di quella volta che ho corso la 24h di Le Mans alternando ore di guida in prima persona a momenti di riposo in cui lasciavo guidare il pilota automatico terrorizzato che potesse saltare la corrente in casa e cancellare i miei progressi. La verità è che ciò che Gran Turismo 4 è stato per la mia formazione come appassionato di automobili è stato semplicemente impareggiabile: è ad oggi il videogioco che più ha influenzato i miei interessi e i miei gusti in ambito automobilistico e non esisterà nulla di anche solo paragonabile.
Tutto merito di Kazunori Yamauchi, un uomo che ama in maniera così incondizionata le auto da aver dedicato tutta la vita a cercare di fare innamorare chiunque entrasse in contatto con la sua creazione.
C’è però una singola novità inserita in Gran Turismo che ha cambiato per sempre il medium: la modalità Scapes. Fu la prima photo mode mai inserita all’interno di un videogioco, e permetteva a tutti di scegliere un’auto dal proprio garage e di portarla all’interno di quelli che erano dei veri e propri set fotografici in cui scattarle qualche istantanea da incidere nella propria memory card. Torno ancora una volta a sottolineare che il sottotitolo di Gran Turismo è sempre stato “The real driving simulator”, e la modalità scapes è forse l’esempio perfetto di quella che ancora oggi è la Gran Turismo Difference: chi non brucia di passione per le quattro ruote forse potrà non capirlo, ma il processo di innamoramento per un’auto passa irrimediabilmente dal portarla in giro solamente per guardarla e fotografarla. Lo fanno i collezionisti, lo fanno gli street racer e lo fanno anche quei fotografi professionisti che passano parte della propria vita a seguire i campionati di corse in giro per il mondo: c’è un fascino del tutto unico nel tentativo di “domare” un’auto in corsa per immortalarla su pellicola, e lo stesso vale per chi il proprio mezzo lo fotografa da fermo; fa tutto parte di quel lungo e per certi versi incomprensibile processo che porta le persone a prendersi cura della propria macchina come se fosse quasi un membro della propria famiglia.
È per questo che per parlare di Scapes ho chiesto a Davide di Tria, che nella vita fa il fotografo e che è un petrolhead come me (oltre che un amico), di rimettere mano a Gran Turismo 4 per esplorare a distanza di vent’anni le sue meraviglie e per raccontare quale sia stato il suo impatto sulla virtual photography.
A scanso di equivoci: le immagini che accompagnano questo articolo sono tutte frutto del lavoro che Davide ha fatto utilizzando la photo mode di GT4.
DAVIDE DI TRIA
Ciao Andrea e ciao a tutti gli amici di Final Round. Se dovessi stilare una classifica delle mie più grandi passioni sarebbe questa:
In realtà la mia passione più grande è la pizza ma non è pertinente quindi al momento faremo finta di niente. Queste tre grandi passioni mi hanno portato negli ultimi anni a lavorare ad un progetto di ricerca visiva e sociale, realizzato scattando fotografie in game, sul tema dei videogiochi di auto che prende il nome di Gasoline Photography. Questo progetto racconta sia lo stato dell'arte del mondo del gaming automobilistico sia le varie dinamiche di community e di costruzione dell'identità digitale nell'era del social gaming.
La fotografia in-game è quindi per me un modo di manifestare un'esperienza, privata o condivisa, e di ricordarla e tramandarla attraverso le mie immagini. Del resto anche la fotografia al di fuori dai videogiochi esiste per questi stessi motivi: la fotografia è esperienza, è racconto ed è linguaggio. Se consideriamo questi tre elementi come necessari alla realizzazione di buone immagini, parlando della modalità fotografica di GT4, questo è quello che ho voglia di raccontarvi:
L'esperienza. Giocare a GT4 a distanza di anni è stato un tuffo al cuore, e farlo per realizzare delle immagini non è stato semplice. Principalmente perché quello che ho voglia di fare, mentre scrivo questo articolo è solamente giocare a GT4. Chissenefrega della modalità fotografica, voglio lanciare la mia R33 400R sui cordoli di Tsukuba. Ma devo fare il bravo, quindi un po' ed un po'. Prima qualche garetta poi qualche foto.
Il racconto. Il racconto è quello di un ragazzo (si...) del 1983 che ancora sogna giocando ai giochi di auto. La mia professione mi ha portato negli anni a vedere e provare alcune delle auto più incredibili ed estreme del pianeta ma il videogioco, ed in questo caso GT4, ha nella sua immediatezza di realizzarsi una componente davvero speciale. Cambiare auto e luogo con la pressione di 4 pulsanti su un pad rende tutta l'esperienza più semplice e fruibile ed in 5 minuti posso passare dal fotografare una Punto HGT a Venezia ad essere in centro a Tokyo e scattare immagini ad una incredibile AE86.
Il linguaggio. Quando si dice che un fotografo deve avere un linguaggio, uno stile, propriamente riconoscibile sono solo parzialmente d'accordo. Questo perché in parte è vero ma è anche molto vero che l'oggetto che decidiamo di utilizzare per raccontare la nostra storia plasma in maniera fondamentale il nostro racconto. Se volessimo fare un esempio pensando alla scrittura potremmo dire che scrivere utilizzando una penna stilografica è ben diverso rispetto a farlo pigiando sui bottoni di una tastiera. Anche in fotografia il mezzo definisce il linguaggio. Scattare con una fotocamera digitale moderna è ben diverso che scattare utilizzando una Polaroid degli anni '70. Scattare quindi immagini in-game su Gran Turismo 4 è un'esperienza ben lontana rispetto a quella che è possibile fare scattando dentro Gran Turismo 7. L'intento deve, però, essere fin da subito diverso. Se capiamo che rinunciando alla perfezione grafica possiamo abbracciare un mare di emozioni legate al nostro vecchio GT4 sono abbastanza sicuro che l'esperienza sarà veramente emozionante.
Questo preambolo mi serve per arrivare a raccontarvi cosa vuol dire, per me, lavorare con la prima modalità fotografica mai inserita in un videogioco. Una modalità vintage, che a distanza di vent'anni mi sta suscitando alcune sensazioni che i moderni titoli di gaming automobilistico non riescono a farmi provare. Iniziamo definendo Scapes. GT4 ci da la possibilità di realizzare immagini in una manciata di location nel mondo. Quello che dovremo fare sarà selezionare l'auto che vogliamo fotografare e poi accedere, dalla mappa principale, alla sezione viaggio fotografico. Una volta selezionata la nostra location ci si aprirà un'interfaccia che imita una vecchia macchina fotografica e che ci permetterà di lavorare su tutta la parametrica fotografica come tempi, diaframmi o lunghezza focale per andare a generare le nostre immagini. Possiamo quindi spostare la camera, ma anche gestire la posizione dell'auto, l'angolazione dello sterzo ed alcuni altri parametri utili.
Quello che mi ha più lasciato sbalordito è la mappa tridimensionale dello spazio. Nella parte sinistra dell'interfaccia abbiamo infatti una mappa, vista dall'alto, della nostra location, che ci permetterà di posizionare con grandissima cura sia l'auto che la camera. Alcune di queste features, che per il 2004 erano pura avanguardia, ad oggi non esistono nei giochi più moderni. L'attenzione maniacale per il dettaglio che caratterizza la serie di Gran Turismo si ritrova assolutamente anche in questo specifico elemento del gioco. Ieri parlando con un amico mi ricordava del fatto che all'interno della photo mode possiamo addirittura personalizzare il suono dello scatto dell'otturatore. Ho detto maniacale? Si è assolutamente il termine corretto. Abbiamo inoltre la modalità fotografica da replay. Questa è a mio parere ancora più godibile da giocatore perché ci permette di far partire una gara, correre per quanti giri ci pare, e quando siamo stanchi far partire il replay per andare a fotografare i momenti più importanti della nostra performance. Esattamente come il Gran Turismo 7 ma in anticipo di vent’anni.
Scattare immagini in GT4 è un'esperienza ai limiti del surreale. La qualità grafica delle immagini che andiamo a realizzare è ovviamente figlia dell'atto visivo che caratterizzava i videogiochi dei primi anni duemila. Dimenticatevi il ray tracing e preparatevi a poter distinguere chiaramente i poligoni dei modelli tridimensionali di auto e piste. Il mezzo però è fortemente avanzato e permette una totale personalizzazione dell'esperienza.
La storia è quella dell'industria automobilistica dei primi anni 2000. Non esistevano motori elettrici, e 500 cavalli erano ancora tantissimi. Le auto unicorno, come la GTR R34 Midnight Purple o l'Audi Le Mans del 2004 (prototipo dell' Audi R8 che tutti noi conosciamo) rappresentavano il sogno che si realizzava davanti ai nostri occhi e fotografarle in GT4 è qualcosa di straordinario, soprattutto a vent’anni di distanza. Avere la possibilità di fotografare una Renault 3.0 V6 non è proprio roba di tutti i giorni, immaginate farlo mentre salta sui cordoli del tracciato del GP di Monaco.
Per concludere mi sento di dire che realizzare immagini in Gran Turismo 4 per me è stato uno degli atti creativi più forti degli ultimi anni. Immergersi in quelle atmosfere riporta alla memoria ricordi che profumano di benzina e di pneumatico sull'asfalto. Certo, i limiti della tecnica ci impongono alcune scelte assolutamente forzate ma forse, e come sempre, è proprio grazie a questo che riusciamo a vivere un'esperienza degna di questo nome.
COSA RESTA?
Non esiste nessun altro videogioco che abbia avuto su di me un impatto paragonabile a quello di Gran Turismo 4. Sono passati vent’anni dal giorno in cui ci sono entrato in contatto per la prima volta e, segretamente, cerco di scorgerne l’ombra dentro ad ogni singolo titolo automobilistico su cui metto le mani. La verità è che di GT4 ne è esistito uno e uno soltanto, e che l’evoluzione del medium ha fatto sì che la sua meravigliosa struttura non sia più in alcun modo replicabile. Non nel mondo delle lootbox e dei games as a service.
Cosa resta, quindi, dopo questi vent’anni? La verità è che la natura di Gran Turismo come serie farà sì che Gran Turismo 4 rimarrà lì, cristallizato nel tempo, perché non avrebbe alcun senso sperare in un remake o in una sua riproposizione futura. Rimarremo noi che ci siamo stati e rimarranno quegli squilibrati che avranno voglia nei prossimi anni di lanciarsi in un’operazione di studio e approfondimento della serie o del genere recuperandolo nei modi in cui gli sarà possibile. A noi sarà affidato il compito di raccontare a tutti ciò che è stato GT4 e di preservarne in eterno la preziosa memoria. Sono passati vent’anni, eppure trovarsi al cospetto del quarto Real Driving Simulator è ancora un’esperienza frastornante di cui fare tesoro se si è appassionati delle quattro ruote. Di videogiochi così ne sono stati creati pochissimi, ed è giusto celebrarli quando possibile.
Fosse anche solo ogni vent’anni.
Fosse anche solo per scattare due foto alle proprie auto del cuore.
Pubblicato il: 18/12/2024
Il tuo supporto serve per fare in modo che il sito resti senza pubblicità e garantisca un compenso etico ai collaboratori
FinalRound.it © 2022
RoundTwo S.r.l. Partita Iva: 03905980128