SANGUE E INCHIOSTRO

Analisi delle simbologie nascoste dietro ai tatuaggi di Like a Dragon

Una delle mie carte Pokémon preferite di sempre è il Magikarp disegnato da Shinji Kanda per l’espansione Paldea Evolved. C’è qualcosa che rende l’uso dei colori di Kanda e la sua magistrale composizione dell’immagine davvero sopraffini; un’eleganza rara in un medium come quello delle carte collezionabili che eleva questo Magikarp ben al di sopra di tantissime altre creature illustrate appositamente per il TCG di The Pokémon Company.

Potrei stare ore a sbrodolare sulle line-art colorate, sulla resa quasi “al negativo” dello sfondo o dell’approccio massimalista adottato nella costruzione di questa carta nello specifico, ma mi limiterò a sottolineare quella che per molti è – giustamente – una banalità: il Magikarp di Kanda funziona eccezionalmente bene perché racconta una storia, come ben dimostra la presenza nella parte alta della carta di un Gyarados che aspetta la piccola carpa protagonista in cima ad una cascata.

Perché è importante? Perché Magikarp e Gyarados sono due Pokémon ispirati ad una leggenda cinese molto diffusa in Asia secondo la quale le carpe che riescono a risalire le cascate si trasformano in draghi. Ecco quindi che l’illustrazione di Kanda racconta la stessa identica leggenda a modo suo, schiacciando in cielo un drago che osserva da oltre la cascata la carpa che sfida la corrente nella sua ricerca dell’ascensione.

Se ho deciso di partire da qui è perché mi preme far passare l’idea che l’arte orientale fa da sempre e ancora oggi leva sui testi sacri e sulle leggende per esprimersi. La carpa che diventa drago non è infatti altro che la rappresentazione metaforica della determinazione che porta il singolo ad elevare sé stesso, e molte delle illustrazioni piú famose dell’arte buddhista si basano sullo stesso utilizzo della metafora su due livelli (uno visivo e uno culturale e/o folkloristico) per comunicare il proprio messaggio.

Like a Dragon è una serie che ha sempre avuto un rapporto molto particolare con questo tipo di metafore, soprattutto perché le ha sempre usate per raccontare i suoi personaggi attraverso uno degli elementi distintivi della serie e della Yakuza in generale: i tatuaggi. È infatti pratica comune e diffusa tra gli affiliati ai clan della Yakuza quella di decorare la propria schiena con un tatuaggio raffigurante una delle immagini appartenenti al canone dei tatuatori tradizionali giapponesi. Gli appartenenti alla Yakuza, da sempre perdigiorno e incalliti giocatori d’azzardo, hanno successivamente cercato di rinforzare la loro immagine di criminali e poco di buono, quindi è probabilmente per questo che il tatuaggio è diventato uno degli elementi caratterizzanti dell'estetica dei clan fino a diventare una vera e propria icona pop. 

Utabori, il tatuatore che si occupa della schiena di Kiryu, afferma di non accettare alcun tipo di ingerenza esterna nel momento in cui si mette all’opera: la schiena dei suoi clienti è una tela bianca che lui si rifiuta di inchiostrare a proprio piacimento, limitandosi a far emergere solamente quello che già c’è in profondità, in maniera del tutto michelangiolesca.

Prima di addentrarmi nel cuore del discorso, però, ho bisogno di fare una piccola deviazione per raccontare da dove nasce il rapporto strettissimo che esiste fra la malavita giapponese e i tatuaggi (o Irezumi, come vengono chiamati in giapponese). Si pensa che l’origine dell’ossessione che i membri dei clan hanno sviluppato nei confronti dell’inchiostro sia un’antica pratica risalente più o meno al diciassettesimo secolo, per cui tutti i criminali condannati al carcere venivano marchiati con dei piccoli tatuaggi che identificavano loro e i crimini commessi. È per questo che i delinquenti che successivamente sarebbero andati a formare clan e famiglie della yakuza hanno cominciato ad esporre i loro marchi, trasformandoli quindi in un elemento distintivo e di “vanto”, quasi come se fossero la prova del valore criminale di chi li portava addosso. Questa pratica si è poi trasformata nel tempo, arrivando a traslare quei segni in vere e proprie opere d’arte da incidere per sempre sul proprio corpo. Al contrario di quanto si possa essere portati a pensare, però, non esistono né prove né testimonianze del fatto che la yakuza abbia delle regole ben precise relative ai tatuaggi. Non è quindi obbligatorio che un associato decori la propria pelle per entrare a far parte di un clan. È però comune a quasi tutte le famiglie la figura dell’Horishi, ovvero di un tatuatore “ufficiale” che si occupa di tatuare i corpi degli affiliati.

Quello della creazione di un Irezumi è un processo molto particolare ed estremamente affascinante, perché prevede che chiunque si rivolga ad un Horishi spenda a stretto contatto con esso un periodo di tempo che può essere più o meno lungo. Questo periodo serve nello specifico all’Horishi per conoscere la persona che andrà a tatuare, da cui si farà raccontare vita e aspirazioni in modo da creare un disegno unico che vada in qualche modo a racchiudere al proprio interno tutti gli aspetti salienti della personalità della sua “tela”. Le composizioni che abbelliscono i corpi degli yakuza fanno largo uso di immagini sacre o relative al ricco folklore giapponese, così come di riferimenti alle tradizioni millenarie religiose, del teatro e dell’arte pittorica del paese.

Chi ha visitato il Giappone almeno una volta nella vita saprà certamente che la popolazione locale ha un rapporto complicato con i tatuaggi, al punto che spesso e volentieri capita di trovarsi di fronte a bagni pubblici in cui è vietato l’ingresso a chiunque abbia dell’inchiostro sottopelle. Le ragioni, in realtà, sono molteplici. 

Da un lato i bagni pubblici sono stati a lungo uno dei luoghi preferiti dalla yakuza per organizzare incontri e riunioni, e questo è dovuto al fatto che trovarsi in un luogo in cui è richiesta la completa nudità funzionava come garanzia per tutti gli avventori di non trovarsi in mezzo ad un gruppo di persone che potevano avere delle armi nascoste tra i vestiti. Negli anni i gestori hanno deciso di evitare cattive frequentazioni dei propri esercizi commerciali risolvendo il problema alla radice e vietando l’ingresso a chiunque fosse tatuato. Dall’altro c’è il fatto che essendo quella del tatuaggio una pratica tipicamente associata alla yakuza e quindi al malaffare si è venuto a creare uno stigma nei confronti di chiunque decidesse di abbellirsi la pelle. 

Oggi – anche se va detto che con la progressiva apertura all’occidente del Giappone le cose stanno cambiando – il tatuaggio è "culturalmente" associato allo sporco tipico di chi conduce una vita al di fuori delle maglie del sistema, e viene spesso rifiutato per questo.

DRAGHI, DEMONI E DIVINITÀ

È proprio dalla schiena di Kiryu che vorrei cominciare. Quello che adorna la sua schiena non è un drago qualunque, bensì un Oryu, quindi un drago della mitologia giapponese. Il folklore del sol levante identifica i draghi come simboli di grande potere, capaci di controllare il cielo, la pioggia e il mare, e questa loro associazione con l’acqua viene sottolineata dal fatto che spesso e volentieri vengono rappresentati con una perla stretta fra le zampe o appesa al collo come succede anche in questo caso. La perla stretta fra gli artigli dell’Oryu di Kiryu riporta il carattere che identifica l’anno della scimmia, che coincide con il 1968, anno di nascita del drago di Dojima.

Si tratta di un soggetto tendenzialmente associato ai membri più importanti delle varie famiglie criminali giapponesi, proprio perché simboleggia sia l’enorme forza dei draghi sia il loro ruolo di protettori che va in accordo al ruolo di guida che viene assegnato ai più riveriti tra gli yakuza. Non è certo l’unico drago che appare nella serie, basti pensare per esempio al drago discendente (che indica ricchezza e fortuna) tatuato sulla schiena di Keiji Shibusawa in Yakuza 0 o al Kouryu dorato (un feroce drago cinese) che ben racconta delle origini di Ryuji Goda in Yakuza 2.

C’è però un altro motivo per cui Utabori ha deciso di far emergere proprio l’Oryu dalla pelle di Kiryu, ed è il fatto che i draghi giapponesi rappresentano sia la luce che l’ombra. Utabori ha scrutato in Kazuma Kiryu e ha compreso la sua dualità e il suo essere costretto a stare in equilibrio tra il bene e il male, che è un po’ il tema che identifica Kiryu per tutta la saga. A questo va aggiunto il fatto che in Yakuza 0 il tatuaggio viene mostrato solamente nella sua forma primordiale senza colori, è solo in seguito che sarà possibile vederlo a colori, e questo anche perché il nero delle scaglie è un colore tradizionalmente maschile e legato alla saggezza. La crescita di Kiryu viene comunicata così, senza bisogno di esplicitarla a parole: quello che era solamente il disegno di un drago si è riempito fino a diventare l'Oryu nero conosciuto e temuto da tutti.

Dalla parte opposta dello spettro c’è Akira Nishikiyama, prima amico fraterno di Kiryu poi suo antagonista principale nel primo capitolo della saga. La storia d Nishiki è tra le mie preferite di tutte. È orfano ed è cresciuto nell’orfanotrofio di Shintaro Kazama assieme a Kiryu, che ha sempre identificato nella figura del fratello maggiore che non ha mai avuto; i due hanno condiviso le difficoltà estreme di chi è costretto a crescere senza genitori e hanno condiviso l’amore per la stessa ragazza – Yumi – negli anni della loro giovinezza. Una volta fuori dall’orfanotrofio i due sono entrati a far parte del Tojo Clan, aspirando entrambi a scalarne le gerarchie per diventare capitani prima e patriarchi poi. Il loro è un sogno di rivalsa, il desiderio di poter finalmente avere potere dopo le difficoltà della giovinezza da orfani. Anche in questo caso, però, Nishiki si è trovato un passo indietro a Kiryu: Utabori ha visto in Kiryu il potere di un drago, mentre in lui è riuscito a scorgere solamente le sue ambizioni ancora inespresse. Sulla schiena di Akira Nishikiyama campeggia infatti una carpa koi che nuota verso l’alto, proprio come il Magikarp intento a risalire la cascata che raccontavo all’inizio. Nishiki è, per l’ennesima volta, un passo indietro a Kiryu, e questo alimenterà la sua voglia di rivalsa che si trasformerà in ossessione cambiando per sempre la giovane carpa ambiziosa. Nishiki, in punto di morte, accetta una volta per tutte di non essere all’altezza del drago di Dojima, e si spegne proprio nel momento in cui sembra aver superato la forza della corrente ed essere riuscito a elevare sé stesso. Troppo tardi per salvarsi la vita, purtroppo.

Goro Majima, “il cane pazzo degli shimano” è diventato nel tempo uno dei personaggi più amati di Like a Dragon grazie alla sua follia e al suo essere sempre parecchio sopra le righe. La sua ossessione per Kiryu è tale che si convince di essere l’unico ad avere il diritto di porre fine alla sua vita, e spesso arriva a mettersi in serio pericolo pur di proteggere questo privilegio. La sua schiena è adornata dal volto di un Hannya.

L’Hannya è una maschera estremamente importante nella tradizione del teatro Noh, rappresenta un demone femminile e storicamente viene utilizzata per rappresentare una donna in procinto di trasformarsi in un demone o un serpente a causa del proprio rancore, della propria ossessione, della propria gelosia o in seguito ad un tradimento. È una rappresentazione decisamente fedele di Majima, che mostra i propri tratti demoniaci grazie alla sfrontatezza e alla violenza con cui si lancia in battaglia incurante dei rischi per sé stesso.

La sottigliezza del suo tatuaggio si esplicita però quando si guarda al suo passato: da giovane Majima ha stretto un giuramento con l’amico di sempre Taiga Saejima, promettendo di aiutarlo ad uccidere il patriarca del clan Ueno Seiwa. È a quel punto che la sua famiglia lo ha tradito, fornendogli prima delle armi caricate a salve e poi rapendolo per far sì che Saejima si trovasse da solo sulla scena di un falso delitto per cui verrà incriminato e rinchiuso in carcere. L’Hannya sembra voler fotografare proprio il momento in cui Majima è stato tradito e si è trasformato in un demonio della yakuza, qualità che peraltro lo ha avvicinato al patriarca Shimano che lo ha preso sotto la sua ala.

Taiga Saejima, dal canto suo, mostra una schiena adornata da una tigre posata su una roccia in mezzo a delle foglie di bambù. Si tratta di un’illustrazione molto meno sfaccettata di quelle trattate finora, che utilizza tre elementi tradizionalmente associati alla forza (la tigre, la pietra e il bambù) per raffigurare l’enorme forza fisica del fratello giurato di Majima. La particolarità della tigre nell’iconografia giapponese è che le tigri non sono endemiche dell'arcipelago ma sono state importate dalla Cina continentale, portando quindi la popolazione giapponese ad associarli ad animali mitici al pari dei draghi (anche se questi ultimi fanno parte del folklore giapponese da tempi immemori). 

Secondo le leggende, infatti, le tigri sono gli unici animali a poter rivaleggiare con la forza dei draghi, e questo racconta molto bene gli scontri tra Kiryu e Saejima in Yakuza 4.

Prima di passare ad alcune menzioni speciali, voglio soffermarmi su un’altro dei miei tatuaggi preferiti, ovvero quello di Daigo Dojima. Quella di Daigo è una storia particolare: cresce senza veri amici in una bolla generata dal fatto che è l’unico figlio di Sohei Dojima (il patriarca della famiglia ucciso da Nihikiyama a cui è associato Kiryu), giura vendetta a Kiryu per l’omicidio del padre e si fa largo tra i ranghi del Tojo fino a scontrarsi con la Omi Alliance di Ryuji Goda per poi essere condannato a cinque anni di carcere. In prigione scopre che ad uccidere suo padre non è stato Kiryu, e questo lo porta a mettere in dubbio tutta la propria esistenza, uscendo dal mondo della yakuza per diventare un teppistello alcolizzato qualunque. Quando Kiryu si presenta al suo cospetto per chiedergli di tornare a ricoprire il suo ruolo nel clan per evitare lotte intestine che lo possano destabilizzare dall’interno, Daigo inizialmente rifiuta categoricamente, ma la sua vicinanza con Kiryu lo fa crescere e maturare fino a farlo diventare uno dei patriarchi più illuminati dell’intera storia del clan.

L’Horishi che si è occupato della schiena di Daigo (probabilmente Utabori) ha scrutato nel suo animo e ne ha estratto una figura estremamente importante nell’iconografia buddhista: Fudo Myo-o. si tratta della manifestazione del Dainichi Buddha, che utilizza la propria espressione furiosa per spaventare le persone in maniera tale da indirizzarle verso il rispetto per i precetti buddhisti. È un chiaro riferimento al ruolo di Daigo, chiamato ad unificare il Tojo per traghettarlo verso un’epoca di prosperità dovuta alla sua grande saggezza. Fudo Myo-o è solitamente rappresentato da seduto, a simboleggiare la saldezza della sua fede, mentre tiene strette una corda in una mano e una spada avvolta tra le spire di un drago nell’altra. Sono entrambi simboli che rappresentano la forza d’animo di Fudo Myo-o, che con la corda trattiene i demoni e che con la spada li trafigge, a testimonianza del fatto che Daigo è colui che è chiamato a rimuovere gli ostacoli sul cammino del clan. L’immagine di Fudo Myo-o che campeggia sulla sua schiena è avvolta dalle fiamme, e questo rappresenta iconograficamente la purificazione della mente ottenuta “bruciando” i propri desideri terreni, ed è un chiaro riferimento del percorso intrapreso da Daigo, che inizialmente è mosso dalla sola sete di vendetta nei confronti di Kiryu e che successivamente si carica sulle spalle il Tojo dopo essersi purificato dalla negatività che pervadeva il suo animo.

Tra i tatuaggi che trovo particolarmente interessanti figurano sicuramente quello di Rikiya di Yakuza 3, che rappresenta una vipera di Okinawa in mezzo a delle palme. Nel folklore giapponese i serpenti sono riveriti come messaggeri degli dei, e si dice che ucciderne uno può portare alla caduta di un intero villaggio. Se superficialmente questo non è altro che un riferimento alla cultura dell’isola, da sempre molto legata alle Vipere Habu (con cui si produce anche l’Habushu, un liquore ottenuto mettendo in infusione il corpo di una vipera in un distillato di riso), ha però una particolarità: il tatuaggio di Rikiya, originariamente, è incompleto, perché alla sua vipera manca la pupilla dell’occhio destro

L’incompletezza del tatuaggio simboleggia il fatto che Rikiya è un ragazzo ancora acerbo ed inesperto prima di incontrare Kiryu, che non a caso lo porterà da Utabori a completare il disegno. Inoltre in oriente la cecità viene spesso associata alla magia e alla capacità di prevedere il futuro, tant’è che Rikiya viene ucciso da Yoshitaka Mine, che però viene a sua volta punito per aver ucciso un serpente con il tradimento di Andre Richardson e con la propria morte per suicidio dopo aver realizzato di aver condotto una vita disonorevole.

L’ultimo tatuaggio che voglio prendere in esame è quello di Ichiban, che in Yakuza: Like a Dragon ha preso il posto di Kiryu come protagonista della serie. Ichi è un personaggio molto simile a Kiryu per i valori che incarna, anche se la sua personalità è decisamente più giocosa rispetto a quella del drago di Dojima (ricordiamo che la svolta da JRPG a turni della serie viene giustificata canonicamente come una rappresentazione dell’ossessione che Ichiban ha nei confronti di Dragon Quest, che lo porta a visualizzare ogni scontro in cui si trova coinvolto come una battaglia a turni del gioco). È proprio la sua forza d’animo a permettergli di sopportare stoicamente tutte le difficoltà che hanno inficiato la sua vita, a partire dal tradimento del suo clan fino al momento in cui viene assalito a colpi d’arma da fuoco e scaricato in un accampamento di senzatetto di Yokohama dopo aver passato moltissimo tempo in galera per proteggere il suo patriarca. 

La schiena di Ichiban è decorata da un disegno molto particolare che rappresenta una carpa koi nera con la testa di un drago: si tratta di un’immagine molto potente che indica l’esatto momento in cui la carpa supera la cascata e inizia la sua trasmutazione. L’uso del nero sta ad indicare, come per l’Oryu di Kiryu, forza e saggezza, inoltre le carpe nere sono generalmente utilizzate come rappresentazioni del successo nel superamento delle difficoltà della vita. Il corpo del pesce simboleggia la giovinezza di Ichiban, oltre alla sua forza e alla sua ostinatezza, mentre la testa di drago suggerisce la possibilità che il protagonista di Yakuza: Like a Dragon e Like a Dragon Infinite Wealth ha di fronte a sé un destino glorioso. A questo possiamo aggiungere un ulteriore livello di interpretazione, che pone Ichiban in una posizione se vogliamo subalterna a quella di Kiryu, quasi a voler indicare il fatto che Ichi deve ancora guadagnarsi il rispetto dei fan ma che possiede le potenzialità per prendere il suo posto come punto di riferimento della serie.

Quasi ogni capitolo di Yakuza termina con uno scontro a mani nude tra Kiryu e l’antagonista di turno, sia esso il membro di un clan rivale o uno yakuza infiltrato tra le maglie corrotte del potere. Si tratta ormai di un clichè per la serie, una sorta di meme interno enfatizzato dalle assurde sequenze in cui i due avversari nerboruti si sfilano giacca e camicia in un colpo solo con un movimento quasi comico per quanto è assurdo. Sono però convinto che, al di là dell’incopatibilità di quei momenti con le basilari leggi della fisica che governano l’universo, si tratti di sequenze importantissime se si sa dove e cosa guardare. Il motivo per cui Like a Dragon è sempre stato ossessionato dalle scazzottate a petto nudo sulla cima dei palazzi sta tutto qui: quando due combattenti si schierano uno contro l’altro mostrando il tatuaggio che ne adorna la schiena stanno dichiaratamente mettendo in conflitto i valori che rappresentano. Non c’è bisogno di esplicitarli o di perdersi in lunghe chiacchiere, basta guardare le icone che si stagliano sulle loro schiene per capire esattamente cosa è in gioco di volta in volta.  

Da semplici marchi denigratori imposti ai detenuti per evidenziare i loro crimini a motivo d’orgoglio da esporre sulla propria pelle per intimidire i propri nemici, i tatuaggi hanno compiuto un lungo processo di trasformazione che li ha resi dei veri e propri vessilli dei malavitosi, che hanno trasformato i propri corpi in maniera tale da portare addosso la loro storia personale e le loro virtù. Questo, fortunatamente, è un aspetto che Ryu Ga Gotoku Studio ha saputo analizzare a fondo, trasformandolo in uno degli elementi più importanti per l’interpretazione delle sue opere, dimostrando per l’ennesima volta che dietro alla sua facciata cazzona e spensierata Like a Dragon ha sempre nascosto il bisogno di raccontare i drammi dei suoi protagonisti in maniera elegante e profonda, e di questo sarò per sempre grato.

Pubblicato il: 09/01/2025

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4 commenti

Bellissimo e interessantissimo approfondimento!
Complimenti e grazie mille

Complimenti , un articolo scritto davvero bene, mi è venuta voglia di farmi un tatuaggio in stile yakuza quello del dragone mi ispira particolarmente! Hugsxxx from Glasgow

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