CROSS GEN
Il primo Falò del Confronto
Quest’immagine, così come il logo di Crossgen, l’ha fatta Alessandro Barci. Che fa tante cose, tra cui un podcast.
Benvenute e benvenuti a tutti, questo è il nostro primo Falò, un modo un po’ scemo di definire quel momento in cui io e miei figli ci raccontiamo com’è andato il mese appena trascorso con i nostri videogiochi e scegliamo a cosa giocare di nuovo.
Prima di partire, un brevissimo riassunto, così nessuna e nessuno si perde nulla:
Com’è andato gennaio
Bene direi, se non addirittura benissimo. I bambini, entrambi, hanno da subito percepito l’'importanza del regalo e la conseguente responsabilizzazione, soprattutto legata al fatto che alle console ci dovessero badare direttamente loro. Emma l’ha praticamente sempre riposta e messa sotto carica quando serviva, se l’è ricordata quando la doveva portare via e in generale l’ha sempre tenuta molto da conto. Elia forse un po’ meno, ma è anche più piccolo e vive ancora i momenti da falena in cui una cosa lo distrae e lui si estranea dal mondo circostante. Non è possibile comunque lamentarsi, sono stati entrambi bravissimi.
Inutile poi dire che, a parte una sola volta, non hanno mai saltato una singola sessione di gioco. I primi giorni era proprio il chiodo fisso di entrambi: ne parlavano prima di andare a letto, ne parlavano appena svegli, ne parlavano appena finita la loro mezz’ora. È un tipo di comportamento tutto sommato normale, vista poi “l’enormità" (quantomeno percepita da loro) di tutta la questione, e dopo un paio di settimane questo fuoco sacro si è trasformato in una più salutare e genuina voglia di giocare e andare avanti, senza che però fosse il loro unico chiodo fisso.
Nonostante loro possano giocarci quando vogliono, siamo arrivati a una routine nella quale il momento del gioco è quando torno a casa io, quindi solitamente poco prima dell’ora di cena. Quando non lavoro da casa quindi capita spesso che prima ancora di essermi tolto le scarpe abbia due gnomi che mi assaltano urlandomi nelle orecchie di superargli una serie di salti complessi o chiedano come caspita si sblocca quell’ultima luna che serve per passare al livello successivo. Per ora, è ancora molto bello.
L’approccio all’attività
La cosa che più mi ha colpito è che abbiamo sostanzialmente sempre giocato insieme. E non solo per una questione di incastri, ma perché proprio loro volevano aspettarmi per condividere con me quel momento. Ecco, poi magari le cose cambieranno ma ad oggi è diventato un momento tutto nostro: io arrivo, mi metto sul divano, entrambi mi raggiungono con la loro console e mi spiegano, aggiornano su cosa stanno facendo, cosa pensano di fare e raccontano, solitamente con un volume di voce incompatibile con la sanità mentale, che cosa sta facendo il loro personaggio in quel momento.
Emma è estremamente più autonoma, e al momento le piace più che altro rendermi partecipe di quanto è brava. Elia ha ancora qualche difficoltà di gestione del gioco, la cui scelta, a posteriori, non si è dimostrata felicissima. Di questo poi ne parliamo meglio.
I giochi, secondo loro
Emma - Super Mario Odissey
Emma ha scelto Super Mario Odissey, che è l’ultimo Mario 3D sviluppato e pubblicato da Nintendo, uscito nel 2017. I giochi di Mario in 3D sono quelli nati dopo Super Mario 64: fanno parte di questa famiglia per esempio Super Mario Sunshine, uscito per Gamecube, e i due Galaxy, usciti su Wii. Sono sempre giochi di piattaforme leggeri e colorati, nei quali si deve arrivare alla fine delle aree dopo aver raccolto un variabile numero di stroffi assortiti sparsi qua e là, e per i più giovani hanno la difficoltà della gestione della profondità, che si traduce nell’utilizzo della levetta analogica destra per spostare la videocamera. Non è nulla di impossibile, anche per i piccoli (Emma la gestisce ormai già con una certa capacità mentre Elia ancora fatica), ma è certamente un livello di difficoltà in più rispetto ai giochi più tradizionali in due dimensioni con lo scorrimento orizzontale, dove si deve in sostanza solo andare avanti (o indietro) e saltare con il giusto tempismo.
La cosa che è piaciuta di più
Tu puoi lanciare il cappello, saltare, poi ci sono anche i potenziamenti a volte, e quindi a me piace.
- Emma, 7 anni, seconda elementare
La meccanica fondamentale di Super Mario Odissey è il “lancio del cappello”, che, per farla facile, trasforma Mario in una versione della cosa addosso alla quale ha lanciato il suddetto. In questo modo Emma è diventata un dinosauro, un fungo, una tartaruga e in generale qualsiasi cosa che sia capitata a portata di mano.
Quando ero in città e sono salita sulla Vespa! E sempre in Mario City mi è piaciuto organizzare un festival, e ho dovuto trovare i cantanti.
- Emma, 7 anni, seconda elementare
Uno dei livelli nei quali si gioca è una città che ha una direzione artistica abbastanza realistica, cosa che effettivamente crea un effetto un po’ straniante se si è abituati ai Mario classici. A Emma però questa cosa, ovviamente, non è minimamente importata e non è certamente andata su Reddit a lamentarsi di quanto fosse sbagliato ambientare in un contesto “reale” un livello di un gioco di Mario, come invece hanno fatto diversi ultratrentenni ai tempi della sua uscita. Forse aiuterebbe ricordarsi che i giochi non sono mai per “noi”, ma sono semplicemente per “tutti”.
La cosa che è piaciuta di meno
Quel gioco a volte era difficile, tipo quel minigioco dove si deve sparare alle lune. Quelle sono state un po’ difficili, e anche quella cosa che sto facendo dove ci sono delle rotelle che girano e devi schiacciare un tasto e poi ci sono altre rotelle che girano e poi arrivi su e devi sconfiggere i BROs.
- Emma, 7 anni, seconda elementare, che ha rimarcato così tanto quel «BRO» che mi sono sentito invecchiare di almeno altri 200 anni.
Per passare da un livello all’altro bisogna raccogliere un certo numero di lune. Alcune sono belle in vista e facili da prendere, altre sono un po’ più nascoste, altre ancora si ottengono dopo alcuni minigiochi. Emma fa riferimento a uno di questi, nel quale, come nelle slot machine, si devono colpire i bonus che ruotano con il cappello per ottenerli tutti uguali e vincere così la luna. Gliel’ho fatto io, al 15esimo tentativo.
Lo consiglieresti ai tuoi amici?
A chi piace Mario e a chi piacciono i videogiochi.
- Emma, 7 anni, seconda elementare
Fa ridere perché potrebbe essere serenamente il commento di una qualche recensione di una rivista specializzata.
L’altro gioco, Sonic Mania, un classicissimo gioco di piattaforme bidimensionale, è stato di fatto ignorato, utilizzato solo pochi minuti come alleggerimento per dei momenti che Emma ha trovato particolarmente difficili in Super Mario Odissey. Ne riparleremo più avanti, nel caso decida effettivamente di giocarci.
Elia - I Puffi: Missione Vilfoglia
In realtà, il gioco che si è scelto Elia sarebbe Pokémon: Let’s GO Eevee, un remake del mai troppo odiato Pokémon Giallo per Game Boy, semplificato nelle dinamiche di cattura dei mostri. Soltanto che lo ha provato e proprio non gli è andato giù, quindi siamo passati ai Puffi. Rispetto a Emma con Elia è stato più complesso per un paio di ragioni banalmente legate alla sua età: intanto non sa leggere, il che lo obbliga a procedere a tentoni oppure a farsi leggere e spiegare tutto, e poi al fatto che per lui, riuscire a direzionare la telecamera nel mondo 3D del gioco è risultato parecchio ostico.
La cosa che è piaciuta di più
Ottenere una citazione da Elia, come avete sentito prima, è più complicato che con Emma, ma d’altra parte i Pulitzer non si vincono se ci si arrende con chi non ti vuole dare delle risposte, e quindi, con misurata insistenza, gli ho chiesto cosa del gioco gli stesse piacendo di più:
Usare il puffizzatore e il puffoscatto.
- Elia, 5 anni, scuola dell’infanzia
Il “puffizzatore” è l’elemento di gameplay centrale del gioco: è uno zaino (non tanto diverso da quello che usa Mario in Super Mario Sunshine, che serve a ripulire la foresta da un’infestazione, a saltare più lontano o a scattare in avanti. Elia però, avendomi visto in difficoltà, mi ha dato anche un contentino:
non è la pianta gigante che mette tutte quelle piante cattive, è Gargamella che le mette e che fanno quelle robe, per catturare i Puffi perché li odia.
- Elia, 5 anni, scuola dell’infanzia
Mi piace che noi, a Gargamella, non ci siamo ancora arrivati, ma lui sa che alla fine andremo proprio a parare lì.
La cosa che è piaciuta di meno
Il gioco è molto basilare nelle meccaniche, semplice nella risoluzione e ripetitivo nello svolgimento (cosa questa per nulla negativa quando si parla di bambini piccoli): si arriva a un’area nuova, si libera il puffo catturato, si pulisce un po’ la zona e si torna al villaggio per potenziare di nuovo il puffizzatore, che permette così di accedere a nuove aree prima inaccessibili. Così fino alla fine del gioco.
Elia si diverte tantissimo a esplorare, pulire e provare a raccogliere i pacchi di Burlone e altri oggetti in giro, ma fa molta fatica nelle sezioni in cui si deve saltare, che solitamente gli faccio direttamente io. All’inizio, patato, era anche un po’ intimorito dai nemici (piccoli mostriciattoli che sputano delle nuvolette viola), ma ora ha capito come si sconfiggono e, pur goffamente, ci riesce da solo.
Lo consiglieresti ai tuoi amici?
A Eddie, Theo, Daniele e Sofia sì.
- Elia, 5 anni, scuola dell’infanzia
Eddie, Theo, Daniele e Sofia sono la sua gang dell’asilo. Non mi è chiaro se pensa che il gioco gli possa genuinamente piacere, o siccome sono suoi amici dà per scontato che le cose che piacciono a lui, piacciono anche a loro. Va bene in entrambi i casi.
I giochi, secondo me
Questo primo loro mese di Switch è andato come meglio non avrebbe potuto: i bambini si sono sentiti responsabilizzati e hanno fatto loro le regole senza grossi problemi. A posteriori, Emma si è scelta un gioco pressoché perfetto: la precisione chirurgica dei giochi Nintendo e il loro level design (cioè il modo in cui i livelli e i mondi di gioco sono costruiti) l’hanno molto aiutata a digerire le tre dimensioni e la gestione della telecamera, rendendola autonoma in poco tempo.
Con Elia invece devo dire che se il gioco lo appassiona perché è pieno di Puffi (che a lui ora piacciono particolarmente), non lo ha troppo aiutato a farsi la mano con il sistema di controllo. Questo intanto perché Puffi: Missione Vilfoglia non ha l’eleganza, la grazia e la precisione di un gioco Nintendo, ma poi perché lui fa proprio (ancora) fatica a gestire i cambi di visuale che un ambiente 3D propone costantemente. Nonostante questo però sta iniziando a faci la mano e sta via via sempre più impratichendosi, arrivando anche a fare un paio di numeri imprevisti.
Se siete giocatori esperti, e i bambini sono alle primissime armi, armatevi di pazienza perché loro non possiedono proprio la grammatica del gioco: Elia, che evidentemente non ci aveva mai fatto caso, ci ha messo un po’ a capire che nei giochi di Mario, quando si salta su un blocco, escono monete o bonus da raccogliere. Ma ancora prima, proprio tenere in mano la console, avere la giusta impugnatura per arrivare comodamente ai testi è una cosa che devono ancora imparare, e in cui vanno guidati e aiutati.
C’è poi tutta una questione legata alle difficoltà che hanno incontrato e stanno incontrando. Se con Elia i momenti di frustrazione sono mitigati dal fatto che ho spesso più in mano io la console che lui, con Emma le cose sono diverse. Lei è già più pratica, e capisce che molte cose, anche complesse, sono alla sua portata, ma a volte semplicemente non ci riesce, e di conseguenza vuole mollare. Quando però a me sembra che lei davvero sia lì li per farcela, mi viene naturale insistere un po’ nello spronarla, ma ogni volta mi sembra quasi di innescare quella situazione nella quale sembra che uccidere il Bowser di turno sia un compito o un dovere, e non più un gioco. Insomma, anche a me non è ancora del tutto chiaro quando spronarla a fare qualcosa che ho la chiara percezione possa fare, oppure assecondare la sua momentanea frustrazione e lasciarla semplicemente rinunciare.
Ho chiesto cosa ne pensa alla psicologa Elena Del Fante, cintura nera di utilizzo dei videogiochi per essere persone meglio (definizione mia): «in linea generale credo che non si debba mai imporre niente ai bambini, se non guidarli - senza sostituirli - nelle nuove sfide e difficoltà. Qualora i bambini sentono frustrazione non bisogna negarla - anche imponendo un compito, ma comprenderla e ascoltarla. Perchè Emma ha sentito di voler mollare? Non si sentiva all'altezza o magari sentiva di non volersi sacrificare a tal punto? Cioè fino a che punto vale la pena spingersi oltre? […] Ogni persona impara di fatto nel tempo, attraverso un continuo processo di autoregolazione. Ma non esiste autoregolazione senza prima riconoscere le proprie emozioni».
«Se poi parliamo di gioco, ancora di più, quello per definizione è una scelta libera e volontaria della persona. Se un bambino o bambina "vuole mollare", bisogna capire se vuole "arrendersi" o piuttosto se semplicemente preferisce allontanarsi da qualcosa che riconosce non per sè».
Infine, devo fare i conti con la grande presa che i videogiochi stanno avendo su di loro e su quanto sia facile usarli come arma di ricatto, una specie di “opzione nucleare”. Da quando è nata Emma proviamo a spiegare ai nostri bambini che ci sono sempre dei motivi per i quali gli chiediamo di fare delle cose, e che ci sono cose che vanno fatte in un certo modo perché secondo noi è la cosa giusta da fare, o perché avevamo prima fatto un patto che va mantenuto. Il ricatto (banalmente, “se non fai la cosa X allora non ottieni la cosa Y”) è una cosa che proviamo a evitare il più possibile, per quanto a volte a) venga quasi istintivo e b) dia dei risultati tangibili e immediati. Insomma, sarebbe facilissimo usare Switch per velocizzare in maniere percepibile gli infiniti momenti di preparazione in cui stiamo per uscire di casa, o sedare una lite o un capriccio in maniera istantanea, ma so che non è la cosa giusta perché creerebbe associazioni non esattamente positive in loro. Insomma, se vi trovate in questa situazione, occhio che è un attimo vivere tanto a lungo da diventare il cattivo.
Gli effetti dei videogiochi sui bambini
In Super Mario Odissey si devono raccogliere le lune. Tante. Nonostante Emma raccolga quasi solo quelle necessarie per proseguire (ce ne sono in sovrannumero proprio perché quelle più nascoste e difficili da trovare sono così elusive per poter garantire una sfida più elevata ai giocatori più esperti), la questione è diventata così centrale nella nostra quotidianità che ormai è diventata una sorta di valuta per ogni cosa che facciamo.
«Papà se faccio il bravo posso avere una caramella? E due lune?» Vi chiederete: ma se sono nel videogioco, cosa gli dà?
Dei fogli. Stampati. Con il disegno delle lune che loro colorano e ritagliano.
Tra l’altro le lune ora hanno un tasso di cambio assolutamente incomprensibile, elaborato totalmente da Elia. Quando siamo in giro spesso facciamo un gioco in cui si fanno punti quando si vedono macchine, moto, tram o mezzi di trasporto molto colorati o appariscenti (non voglio nemmeno entrare nel draconiano sistema di quanto-vale-cosa, non ne usciremmo), e da un mese a questa parte abbiamo aggiunto una specie di valuta in game che fa sì che 10 mezzi colorati facciano vincere una Coppa d’Oro. Una Coppa d’Oro a sua volta è l’equivalente di 4 monete. o 3 (TRE) lune. Il perché, io non lo so.
Cos’hanno scelto, infine
Per non andare troppo alla cieca, visto che i bambini non è che conoscano i giochi che gli ho proposto, ho pre-selezionato per ognuno di loro tre giochi, glieli ho raccontati e ci siamo visti insieme dei video su Youtube, così che potessero farsi un’idea vagamente più informata.
Emma poteva scegliere tra:
Elia invece:
Alla fine, Emma ha scelto prima Mario 3D World + Bowser’s Fury, per poi cambiare idea e buttarsi su Kirby e la terra perduta (Emma è estremamente indecisa, su tutto), mentre Elia è andato dritto come un treno su Super Mario Bros. Wonder.
Ricapitolando:
Emma: IN: Kirby e la terra perduta - OUT: Super Mario Odissey.
Elia: IN: Super Mario Bros. Wonder - OUT: Pokémon Let’s GO Eevee
Emma però è all’ultimo livello del suo gioco attuale, e quindi ha deciso che prima di cambiarlo vuole finirlo. Elia invece lo ha cambiato subito ma anche lui vuole prima andare avanti con sti minchia di Puffi. YAY.
Tutti noi pensiamo di star crescendo una Bluey o una Bingo, ma la realtà è che il più delle volte le nostre figlie e figli sono semplicemente Muffin.
Pubblicato il: 05/02/2025
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