ALESSANDRA MASTRONARDI

A tu per tu con la giornalista Gina Lombardi di Indiana Jones e l'Antico Cerchio

Il 9 dicembre, su Xbox e pc, arriverà Indiana Jones e l’Antico Cerchio, il nuovo videogioco di Machine Games e Bethesda. Ambientato alla fine degli anni Trenta, riprende buona parte degli elementi che hanno reso famoso Indiana Jones: il mistero, lo scontro con i nazisti; la corsa contro il tempo, un viaggio tra paesi e città diverse; il brivido della sfida e dell’avventura. Nel cast di attori, insieme a Troy Baker (The Last of Us) che presta la sua voce al protagonista, c’è anche Alessandra Mastronardi (Master of None, One Trillion Dollars, To Rome With Love, I Medici) che interpreta la giornalista Gina Lombardi. 

Per Alessandra lavorare a un videogioco è stata una scoperta continua. Non si aspettava un mondo simile, con questo livello di segretezza. La prima volta che ha fatto il provino per il suo ruolo non sapeva nemmeno di che titolo si trattasse. Glielo hanno detto solamente dopo, e ne è stata felicissima. L’impegno sul set, racconta, non è stato poi così diverso da altre esperienze che ha fatto in passato. La più grande differenza è stata l’assenza totale di costumi e di scenografie, mentre la cosa più strana è stata dover girare la propria morte.

Come sei arrivata a questo ruolo?

“Come si arriva a un qualunque ruolo. Mi hanno chiamato per fare un provino, e l’ho fatto su Zoom. Una novità positiva rispetto ai tanti self-tape di questo periodo. Oramai, per lavorare all’estero, sembra che non ci sia nessun altro modo. E invece questo provino è stato fatto vis-a-vis con uno dei due registi perché voleva vedere la mia mimica facciale”.

Ed è stato diverso, sotto questo punto di vista?

“In parte sì, perché al cinema tendiamo sempre a tenere a freno la nostra espressività, per non esagerare. Invece in un videogioco è fondamentale e bisogna addirittura accentuarla”.

Recitare in un videogioco era una cosa che volevi fare?

“Ti posso dire la verità?”

Certo.

La mia ultima console è stata la PS2. (ride, ndr) Poi ho giocato con la Xbox di amici e con il pc. E ti dico di più. Non sapevo che i nuovi videogiochi avessero così tante cinematic”.

No?

“No. E nemmeno che per farle venissero coinvolti degli attori. Quindi, se vuoi, è stato un caso, ma è stata anche una meravigliosa palestra che consiglio a tutti gli attori di fare almeno una volta nella vita”.

Perché?

“Perché è recitazione a 360°, ma non è solamente teatrale. È qualcosa che va oltre. Quando sei sul set di un videogioco, non hai niente. Non hai né trucco né un costume – e i costumi, spesso, sono fondamentali per calarsi nella parte. Indossi una tutina, hai dei puntini disegnati sulla fronte e sulle guance e una microcamera puntata sulla faccia, all’altezza degli occhi. Per me è stato assolutamente alienante, soprattutto nei primi sei giorni di riprese”.

E il set?

Il set non esiste. Sei in una stanza vuota. Le porte sono delle cornici da attraversare o delle ante semplicissime con delle pseudo-maniglie. Gli oggetti sono tutti vuoti. Tu, come attore, devi usare tanta immaginazione. Ma tanta. (ride, ndr)”

Le riprese hanno seguito la storia del videogioco o c’è stato un piano di lavorazione diverso ogni giorno?

“L’unica cosa che abbiamo seguito con attenzione sono stati i vari quadri del gioco e le ambientazioni geografiche. Questo videogioco si divide tra Roma, nel Vaticano, il Polo nord e l’Egitto. Dentro i quadri, le scene cambiano e non c’è stato quasi mai un andamento cronologico nelle riprese”.

C’è l’ulteriore esperienza alienante di dover fare solo le espressioni del tuo personaggio? Senza battute, senza situazioni da ricreare.

“Abbiamo fatto delle sessioni dedicate, sì. Il mio personaggio, Gina, è uno dei pochi ad avere le stesse sembianze di chi lo interpreta. Indiana, per dirti, ha la faccia di Harrison Ford e Troy Baker che l’ha interpretato è completamente differente. Ho fatto l’esperienza di entrare in questa palla enorme, con non so quante telecamere, dove mi è stato chiesto di fare determinate espressioni. Un sorriso, prima più piccolo e poi più grande; stringere gli occhi, muovere la faccia in un certo modo. Ci sono state anche delle sequenze in cui ci siamo limitati a doppiare i personaggi, perché erano già stati ricreati al computer grazie alla simpatica IA”.

Come si convive con l’idea di avere una propria copia, fedele al 100%, conservata da qualche parte in un computer?

“Per fortuna abbiamo firmato tremila copyright. (ride, ndr) Quando ne ho parlato con Machine Games, mi hanno fatto notare che ora ci sarà per sempre un’immagine della me stessa a 35 anni. Il personaggio di Gina è anche più grande rispetto a come appare. Ed è anche più alta di me, visto che deve affiancare un personaggio con le sembianze di Harrison Ford. Poi sono stati cambiati i capelli, che hanno un taglio anni Trenta, e altre cose. Però sostanzialmente sono io”.

Come mai nella versione italiana non sei stata tu a ridoppiarti?

“La verità è che queste cose richiedono molto tempo e quando è arrivato il momento del doppiaggio italiano, che è stato programmato in un momento successivo rispetto al doppiaggio inglese, io ero già su un set, a girare, e non potevo liberarmi. Ma ho visto qualcosina della versione italiana. E sono sicura che Gaia Bolognesi, la doppiatrice, ha fatto un ottimo lavoro”.

In molti, oramai, giocano ai videogiochi in lingua originale. Magari aggiungendo giusto i sottotitoli in italiano.

“In originale, secondo me, ci sono delle cose molto interessanti. Al di là di quello che ho fatto io, Troy Baker si è impegnato tantissimo per arrivare allo stesso tono di voce di Harrison Ford. Ha fatto un lavoro pazzesco. Se chiudevo gli occhi, mi sembrava di essere davvero vicina a Harrison Ford”.

Gina, il tuo personaggio, è una giornalista con una storia e un passato precisi. Se solitamente, per un ruolo in un film o una serie, studi e ti informi e raccogli materiale, questa volta come ti sei preparata?

“Fondamentalmente nello stesso modo. Il lavoro di preparazione è identico. Non so se succede per tutti i videogiochi, ma in questo caso abbiamo avuto due registi: uno che si è occupato unicamente del lato tecnico e del gameplay, e l’altro invece delle cinematic e della recitazione. E abbiamo fatto le prove come in uno spettacolo teatrale. Abbiamo lavorato sulla voce e ci siamo riscaldati. L’unica grandissima differenza è stato il set”.

Quanto è durata la lavorazione?

“Due anni”.

Immagino con diverse interruzioni.

“Sì, certo. (ride, ndr) Abbiamo fatto delle sessioni diverse. Una volta per qualche settimana, un’altra volta per un mese. Ci abbiamo messo due anni… anzi no, scusami: ci abbiamo messo tre anni per finire tutto. Per dirti: l’ultima sessione di doppiaggio l’ho fatta pochi giorni fa (l’intervista è stata fatta il 28 novembre, ndr)”.

Prima dell’annuncio al pubblico, tu sapevi già del videogioco e della sua storia. È stato difficile mantenere il segreto?

“Difficile no, anche perché abbiamo firmato non so quanti NDA (accordo di non divulgazione, ndr) e quelli ti aiutano tanto a entrare nel mood giusto. (ride, ndr) Per un momento, ho pensato di dover andare alla Casa Bianca o al Pentagono. Quando ho fatto il provino, però, non sapevo nemmeno che fosse per un videogioco di Indiana Jones”.

E quando l’hai scoperto come hai reagito?

“Sono stata felicissima. Se non posso recitare in uno dei film della saga, mi sono detta, questa è un’ottima alternativa. Mentre aspettavamo ulteriori dettagli ci sentivamo tutti tranquilli. Machine Games è una delle case videoludiche più grandi e importanti al mondo. Sapevamo di poterci fidare”.

Qual è il tuo film preferito di Indiana?

I predatori dell’arca perduta. Ma perché l’ho visto con mio padre, ci sono molto affezionata. Ho questa immagine in mente di noi due sul divano, con una coperta sulle gambe. Mi ricordo anche che facevo continuamente domande a mio padre. Volevo essere come Indy”.

Prima mi hai detto che ti sei fermata alla PS2 come console.

 “Sì”.

Qual è l’ultimo gioco che hai giocato dall’inizio alla fine?

Harry Potter e la camera dei segreti. Lo so, lo so: sembra una cavolata. Ma non riuscivo a staccarmi. E poi ho giocato a Gran Turismo con i miei amici. Su pc, invece, ho giocato a Tomb Raider. E avevo tutti i codici e tutti i segreti per andare avanti veloce e per non morire ogni volta… Mi ricordo che morivo sempre nei livelli con le trappole che ti facevano cadere in acqua. Ho giocato molto anche a Street Fighter. E ti devo dire una cosa”.

Dimmi.

“Riconosco dal tuo accento che sei di Napoli… (ride, ndr)”

Sì.

 “Ecco, a Napoli, come saprai, negli anni Novanta c’erano i pezzotti. E io mi ricordo che una volta mio padre mi portò questo gioco, terribile… Non mi ricordo nemmeno qual era… Ahssì, Oddworld! Lo conosci?

Ci sono stati diversi capitoli.

“Io mi sono fermata al primo. Mamma mia, quanto lo odiavo. Non ci volevo giocare. Non mi piaceva”.

Adesso immagino che tornerai a giocare, almeno a questo Indiana Jones.

“Be’, per forza: è l’unico modo che ho per vedere il lavoro che abbiamo fatto”.

Non ti hanno mandato un montaggio delle cinematic?

“No, non mi hanno mandato niente. Ho visto giusto qualcosina qualche settimana fa nel trailer. Quando giravamo, ci facevano vedere degli studi delle scenografie e delle ambientazioni. Erano bozze, tutte in 3D. Nient’altro”.

Credo che ti manderanno una copia omaggio.

 “Devo ricordarmi di chiederla. (ride, ndr)”

Oggi l’industria videoludica è una delle più importanti al mondo. Come attrice, credi che questa possa essere una nuova opportunità per il tuo lavoro?

“Ne abbiamo parlato tante volte sul set, anche con Troy. La nostra più grande preoccupazione, come attori, è quella di essere sostituiti da un computer. L’intelligenza artificiale è veramente avanzata, e fa quasi paura. I videogiochi sono una palestra meravigliosa. Sono impegnativi. La post-produzione è lunghissima. E ti dico: non mi dispiacerebbe riprovarla come esperienza. Sono convinta che ci sia spazio anche per gli italiani. Lavorando a Indiana Jones, ho scoperto che non c’è solo l'America. Ci sono pure altri paesi con un’industria videoludica molto forte e ricca. Machine Games, per esempio, è svedese”.

Quello dei videogiocatori è un pubblico molto – molto – appassionato. È un aspetto su cui hai riflettuto questo?

“Sì, e spero davvero che il gioco possa piacere proprio per evitare una valanga di critiche. (ride, ndr) In più, c’è pure il pubblico affezionato di Indiana Jones. E ti dico: la capisco la passione dei giocatori. Perché quando giochi sei tu che muovi un personaggio, sei tu che vivi una storia; sei tu che fai una certa esperienza. Ed è normale volere che quella esperienza sia bella”.

Qual è stata una delle sessioni più divertenti a cui avete lavorato?

“Quella in cui abbiamo dovuto registrare la nostra morte. Perché tra le varie scelte c’è pure questa. Volendo, per dirti, Indiana può far morire Gina. (ride, ndr) Mi sa che mi devo comprare qualche corno, uno di quelli piccoli e rossi…”

E com’è la tua morte? Una pacata, silenziosa, o piena di urla?

“È sempre incredibilmente fastidiosa! Gina non è mai tranquilla, mai. È veramente insistente in alcuni momenti”.

Per esempio?

“Per esempio sente il bisogno continuo di ripetere che è una giornalista. E poi ci sono i vari reminder per il giocatore”.

Cioè?

“Be’, a un certo punto il giocatore potrebbe allontanarsi per andare al bagno o per fare altro. E allora abbiamo girato delle scene in cui Gina rimane immobile. Oppure si muove pochissimo: un po’ a destra, un po’ a sinistra; un’espressione diversa, un sospiro. E intanto il giocatore è chissà dove a farsi i fatti suoi… (ride, ndr)”

Gina parla anche in italiano?

“Spesso, sì. Ci tenevano moltissimo. Gina chiama Indy strambo. E lo fa in continuazione. Io ho provato a spiegare che è una parola un po’, ecco, vecchia… Ma la storia è ambientata negli anni ‘40, quindi ci sta. E poi Gina ha una fissazione con la frusta”.

In che senso?

‘Mi passi la frusta? Usi la frusta?’ Lo chiede continuamente. Una cosa meravigliosa”.

Pubblicato il: 04/12/2024

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7 commenti

Bellissima intervista, mi piacerebbe che questo formato venisse riproposto di tanto in tanto.

Davvero interessante poter conoscere le sensazioni di un'attrice nostrana all'interno del media che amiamo di più, soprattutto in una produzione così grande. Grazie Gian per questa intervista.

grazie non mi aspettavo quest'intervista, molto interessante. direi che è d'obbligo giocarlo con il doppiaggio originale.

vi segnalo un errore. alla domanda "E com’è la tua morte? Una pacata, silenziosa, o piena di urla?" non c'è la risposta …Altro...
grazie non mi aspettavo quest'intervista, molto interessante. direi che è d'obbligo giocarlo con il doppiaggio originale.

vi segnalo un errore. alla domanda "E com’è la tua morte? Una pacata, silenziosa, o piena di urla?" non c'è la risposta ma viene ripetuta la domanda stessa

Intervista interessante, credo ci sia un errore nella parte finale.

La domanda "E com’è la tua morte? Una pacata, silenziosa, o piena di urla?" è scritta due volte (sia come domanda che come risposta) e subito dopo sembra mancare una domanda.

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