State of Play: il più forte sopravvive
PlayStation mette assieme trenta giochi in quaranta minuti. Luci e ombre di quella che sembra una sfiancante gara di resistenza pronta a mietere vittime.
Lo State of Play trasmesso da Sony nella tarda serata del 12 febbraio è stato innanzitutto onesto, poi anche informativo e per alcuni tratti addirittura sorprendente. Sarebbe peraltro ingiusto assegnargli, quale unico merito, quello di aver dato a qualcuno un’alternativa allo scoppiettante sciroppone gusto mentuccia in onda su Rai Uno. Anche solo perché di merito ne ha almeno un altro, accecante come un sole che muore: aver donato a un mondo cieco una nuova ipotesi per convertirsi alla parola di Housemarque, scostando per un attimo il velo su Saros, il progetto con cui i finlandesi festeggeranno i loro trent’anni di attività. Hanno detto che l’esperienza di gioco di Saros, uno sparatutto single player, ripartirà da quella accumulata in Returnal. E quindi è chiaro che se non sarà il miglior gioco per PlayStation 5, sarà almeno il secondo nella classifica assoluta.
La parte utile:
SAROS
Nelle parole di Gregory Louden, Creative Director di Housemarque, Saros rappresenterà “l’evoluzione finale dell’esperienza di gioco tipica di Housemarque, che mette il gameplay davanti a tutto”. Saros sarà ambientato sul mondo di Carcosa, che ospiterà un gioco di stampo roguelite. Il protagonista, Arjun Devraj, è interpretato da Rahul Kohli (La caduta della casa degli Usher) ed è alla ricerca di qualcuno o qualcosa. La differenza sostanziale tra Returnal e Saros, secondo Housemarque, sta nella possibilità offerta dal nuovo gioco di ottenere potenziamenti e risorse permanenti (tra cui armi ed elementi della tuta).
L’onestà di questo State of Play va cercata e trovata nella quantità di giochi presentati in poco più di quaranta minuti. Sono stati circa una trentina e per la maggior parte non è stato riservato più di un trailer piuttosto veloce, variamente cacofonico. Di approfondimenti utili a farsi un’idea più precisa, insomma, non ce ne sono stati. È un formato che si muove quasi agli antipodi di quello scelto da Microsoft per i suoi più recenti Xbox Developer Direct, in cui i giochi selezionati sono stati decisamente meno e le informazioni distillate molte di più.
Qui sta l’onestà: ci sono discrete probabilità che Sony non abbia poi molto da far vedere più da vicino e su cui voglia soffermarsi, non ora perlomeno. State of Play è comunque questo da un po’ ed è un modo di comunicare adottato più generalmente dalla maggioranza degli editori, soprattutto in estate abituati a impacchettare trasmissioni zeppe di filmati promozionali in cui il montaggio ha la priorità su tutto il resto. Montage first, per ricollegarmi ad Housemarque.
Sono stati così tanti i nomi dello State of Play, che me li sto già immaginando sudare e sgomitare per guadagnare un po’ di attenzione e qualche social-coccola. A un certo punto, credo di fronte a Metal Eden, sono arrivato a provare una certa tenerezza per questa creatura digitale che veniva liberata nell’oceano dell’informazione e della condivisione continua e assillante. Dev’essere una strana sensazione, quella di aver lavorato per mesi, ma più credibilmente anni, su qualcosa e poi vedere che di colpo diventa solo una voce di un’enorme Babele di voci che provano a zittire le altre.
La parte utile:
METAL EDEN
Colori accesi e profondi, corse sui muri, robot e scintille, androidi e memorie: Metal Eden è il prossimo videogioco di Reikon Games. Qualche anno fa Reikon Games si era fatta notare per lo stilosissimo Ruiner, campione d’estetica ma rivedibile sotto altri aspetti. Metal Eden sarà disponibile a partire dal 6 maggio e dentro ci sarà spazio per otto missioni e “un mondo realizzato a mano, che abbraccia la dimensione cibernetica della vita”. Dicono. Il giocatore muove ASKA, un androide che si appoggia alla digitalizzazione di una mente umana. Sarà accompagnata da Nexus, una nave spaziale senziente. Metal Eden sarà uno sparatutto in prima persona piuttosto frenetico.
Con un settore che deve per forza di cose appoggiarsi anche al passato per inspessire i propri cataloghi, lo State of Play non ha potuto fare a meno di mettere sul menu alcuni giochi tra remake, rimasterizzazioni e rilanci di serie dormienti. Si conferma la strana aria che circonda Days Gone, il cui team di sviluppo originale ha perso negli ultimi anni alcune delle figure chiave, in rotta con il management di Sony. Questa volta è stato offerto al pubblico l’annuncio dell’edizione Remaster di Days Gone, che sarà disponibile già dal 25 aprile. Ci saranno nuovi contenuti, ma a occhio nulla di troppo ciccioso, eppure mi è parso un annuncio dato quasi controvoglia e incasellato in uno spazietto angusto.
È andata meglio ai due Onimusha, il remaster in alte definizione di Onimusha 2 (addirittura dall’epoca PlayStation 2), e il nuovissimo rilancio della saga con l’inedito Onimusha: Way of the Sword. Quello che non mi aspettavo è trovare il volto dell’attore Toshiro Mifune sull’eccellente modello poligonale di Miyamoto Musashi, il protagonista del gioco. Mifune è scomparso quasi trent’anni fa. Immagino sentiremo parlare ancora di questa scelta di Capcom.
Appartiene alla categoria anche Shinobi: Art of Vengeance, in uscita il 29 agosto e realizzato dagli stessi autori di Streets of Rage 4. Che poi non è chiaro se si intenda Dot Emu (produttore ed editore), Guard Crush e Lizardcube (sviluppatori) o una combinazione di questi tre. Di certo alla realizzazione c’è Lizardcube, con Ben Fiquet che ha già presentato il gioco sulle pagine del blog PlayStation. Shinobi: Art of Vengenace è il primo degli annunciati rilanci di franchise storici di Sega, già introdotti sul finire del 2023 ai The Game Awards. Si tratterà di un gioco tutto 2D, della vecchia scuola, ma per approccio e velocità ricorda lo Shinobi del rilancio di inizio secolo su PlayStation 2, piuttosto che l’originale da sala. Detto questo, le citazioni sono già evidenti, tra cui quella alla sequenza sul razzo-surf di Shinobi III. Da ex azionista di maggioranza di Sega, non posso però fingere di non essere un po’ deluso dalla natura ultra conservativa e a budget molto ridotto di questo nuovo Shinobi.
Ha dato una sensazione completamente differente MindsEye, che è finalmente uscito allo scoperto. MindsEye è la parte promozionale, per così dire, di Everywhere, l’ambizioso e alambiccoso progetto dell’ex presidente di Rockstar North e producer di Grand Theft Auto. Everywhere dovrebbe prendere le molte forme di un enorme strumento attraverso cui creare esperienze di gioco, messo nelle mani di una community che Benzies e il suo studio (Build a Rocket Boy) immaginano altrettanto estesa. MindsEye è tra i pochi progetti inclusi in questo State of Play che hanno goduto di un minutaggio quasi/vagamente generoso. Due filmati di gioco, o di qualcosa che gli somiglia, sono stati interrotti solo dallo stesso Benzies che si è ripresentato a oltre dieci anni dall’ultima volta in Rockstar North.
La parte utile:
MINDSEYE
Si guida e si spara in terza persona: se guardando il trailer di Mindseye non avete aperto la casella di Grand Theft Auto nemmeno una volta, state mentendo. Il gioco di debutto di Build a Rocket Boy, che verrà pubblicato da iO Interactive, è ambientato a Redrock, un posto in cui “la tecnologia più avanzata è una parte fondante della vita di tutti i giorni”, dice il team di sviluppo, “AI, robotica e impianti neurali hanno rimodellato la società, portando nuove opportunità e altrettanti rischi”. Quanto visto dentro allo State of Play non è parso francamente irresistibile, segnale di una condizione ancora molto prematura del codice di gioco (nella migliore delle ipotesi). Lo spunto narrativo, però, non è malaccio: “sei Jacob Diaz, un ex soldato d’élite dotato del MindsEye, un misterioso impianto neurale che ti tormenta con frammenti di memoria di una missione sotto copertura che ha cambiato per sempre la tua vita”. iO e Build a Rocket Boy presentano MindsEye come un “thriller d’azione e avventura per singolo giocatore”.
Rientrando più nello specifico in ciò che riguarda il mondo PlayStation, sono stati presentati ben due giochi per PlayStation VR 2 e ha fatto capolino una formula che mi è parsa nuova. O di cui non mi ero accorto in precedenza. I giochi per PlayStation VR 2 sono l’interessante “sparatutto costruttivo” Dreams of Another, realizzato da Baiyon per Pixeljunk, e The Midnight Walk, già annunciato in precedenza (è il nuovo gioco dei creatori di Lost in Random e l’animazione in stop motion gli pianta giù un carattere che metà ne basta). La formula, invece, è quella del “Game Catalog”, con alcuni giochi annunciati come “disponibili al lancio nel Game Catalog”. Sony si adegua al “Giocaci al lancio con Game Pass”. È stata usata in occasione delle presentazioni di Abiotic Factor, “un gioco di sopravvivenza per sei giocatori” e Blue Prince, “un’avventura architettonica” (sono tutte sagge parole del blog PlayStation). Interessante anche il ritorno di Don’t Nod (Life is Strange) alla pubblicazione a episodi, che suddividerà la distribuzione dell’interessante Lost Records (il primo episodio esce il 18 aprile, anche su PlayStation Plus).
Infine: non è un vero evento se non c’è un lancio a sorpresa, il sempre apprezzato shadow drop. Questa volta tocca accontentarsi di Warriors: Abyss, un gioco roguelike con cui Koei Tecmo ripropone la serie di picchiaduro (?) musou Warriors. È già disponibile e se proprio non vi interessa riguardarvi l’esibizione di DamianoDaviddeiManeskin (va scritto così) al Festivàl di ieri sera, potete ammazzare il tempo dandogli una chance.
[Questo articolo è stato depurato in chiusura di alcuni commenti, ingiustamente punitivi, sulla performance attoriale di Randy Pitchford e “dell’altro Randy”, nello slot dedicato a Borderlands 4.]
Pubblicato il: 13/02/2025
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