GRAND THEFT HAMLET
Il legame tra cinema e videogioco è sempre più stretto, e non si tratta solo di un’impressione. Basta vedere i risultati dell’ultimo film dedicato al personaggio di Sonic, che hanno segnato l’ennesimo successo al box office; o anche i vari annunci che continuano a susseguirsi sullo sviluppo di adattamenti e di film che, in qualche modo, si rifanno all’industria videoludica. Il punto, che è importante ribadire, è che questo legame non si ferma ai contenuti o alle storie; talvolta va oltre. Talvolta, e i documentari come La vita straordinaria di Ibelin (Netflix) ne sono la prova, coinvolge il linguaggio. E così il modo stesso di sviluppare un film si trasforma.
Il 21 febbraio, su MUBI, arriverà Grand Theft Hamlet, che di fatto – e stiamo semplificando al massimo – è una lunga, lunghissima sessione di GTA RP (roleplay, ndr). È stato girato durante la pandemia. I protagonisti sono due attori e una filmmaker che decidono, proprio per riempire il vuoto lasciato dal lockdown, di mettere in scena una produzione dell’Amleto di Shakespeare su GTA online. E quindi organizzano provini, fanno uno spot, parlano addirittura di quelli che sono i limiti e i punti di forza del gioco. E fanno tutto senza mai uscire dalla dimensione digitale di GTA: muovono i loro personaggi, parlano attraverso microfoni e si affidano letteralmente alle ambientazioni e ai contenuti già presenti. Se in un primo momento sembra tutto paradossale, perché è impossibile persino riuscire a finire un discorso senza essere convolti in una sparatoria o inseguiti dalla polizia, alla fine Grand Theft Hamlet si trasforma in una riflessione incredibile sul senso stesso di condivisione e di arte.
La tecnologia ha dato tantissime possibilità alle persone ed è diventata a sua volta un tema da prendere seriamente in considerazione. Perché non è solo un mezzo. Spesso ha il potere di influenzare il lavoro degli artisti che decidono di utilizzarla e il modo in cui, poi, gli spettatori finiscono per fruire di un determinato contenuto. E nonostante l’ampio ventaglio di scelte che la tecnica può offrire, le idee giocano un ruolo sempre più centrale. In Grand Theft Hamlet è particolarmente evidente. Sulla carta, non è niente di così rivoluzionario. Di fatto, si tratta dell’ennesima replica di uno dei grandi classici del teatro. Ma il fatto che sia ambientato interamente su GTA cambia tanto il punto di vista di chi racconta quanto quello di chi, poi, guarda.
I tempi comici vengono dettati più dal situazionismo straordinario e del tutto imprevedibile delle singole sessioni di gioco che dal montaggio o dalla regia (firmata da Pinny Grylls e Sam Crane). I temi che vengono toccati e di volta in volta sviluppati sono sempre diversi. C’è, e lo dicevamo prima, il significato profondo di condivisione e di arte, ma c’è pure la possibilità di incontrare e conoscere persone differenti, di confrontarsi con culture di cui, spesso, non sappiamo niente e di imparare a fare i conti con i propri limiti. GTA online ha sempre avuto una community ampissima, che si è a tratti allargata e a tratti ristretta nel corso degli anni. È diventato, volenti o nolenti, una sorta di piattaforma universale, dove chiunque può entrare.
La grafica, per quanto ripetitiva e, in alcuni momenti, persino abbozzata, non è mai stata un problema. Grazie alle tante possibilità che il videogiocatore ha in fatto di scelta e di personalizzazione del proprio personaggio, la qualità è stata compensata dalla quantità. E, attenzione, questa quantità non è fine a sé stessa. Grand Theft Hamlet offre approfondimenti su Amleto, e lo fa mentre le persone continuano a giocare. Ed è estremamente divertente il modo in cui, a un certo punto, le varie promesse e premesse sono costrette a confrontarsi con la realtà stessa di GTA online. E quindi con le missioni, le sparatorie, gli obiettivi che quest più o meno secondarie fissano giornalmente.
La struttura del racconto di Grand Theft Hamlet prova a seguire una linearità precisa, dividendo il film in due parti distinte: la decisione di fare Amleto e la sua preparazione, e l’effettiva messa in scena dello spettacolo. In mezzo, c’è qualunque cosa – e questo è un aspetto che non va solo sottolineato ma addirittura apprezzato. Perché chi decide di partecipare a questa versione dell’Amleto continua a vivere la propria vita, a fare le sue esperienze, a soffrire per la solitudine e per l’isolamento in cui è costretto. E così può condividere – rieccoci – con il pubblico considerazioni e pensieri ad alta voce, che hanno poco o addirittura niente a che fare con Amleto e Shakespeare.
I momenti più belli, probabilmente, sono proprio quelli che approfittano delle pause tra una prova e l’altra e che si affidano completamente all’estemporaneità delle interazioni tra le persone, che arrivano, raccontano la loro storia, quello che stanno facendo e che poi vanno via. Grand Theft Hamlet rappresenta quasi un punto di incontro all’interno dell’industria dell’intrattenimento: un modo intelligente, e per niente banale, di mettere in contatto due linguaggi apparentemente simili ma in realtà estremamente diversi che riescono a valorizzare, ognuno a modo proprio, l’esperienza dello spettatore e del videogiocatore.
Pubblicato il: 21/02/2025
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