PERSONA 5
TACTICA
È una posizione un po’ normie, soprattutto per me che sono sempre stato un’amante delle nicchie e dei videogiochi strani, ma Persona 5 è stato probabilmente uno dei JRPG più importanti di tutta la mia vita. La versione vanilla arrivò in un momento particolare della mia esistenza, a pochissimo tempo dal giorno in cui è venuto a mancare papà, e il covo dei Phantom Thieves è stato un rifugio accogliente soprattutto in quei giorni in cui in cui mi sentivo più solo; Persona 5 Royal, invece, è arrivato in pieno lockdown, ed esplorare i viottoli di Tokyo nei panni di Joker è stato il perfetto surrogato della vita vera di cui avevo bisogno durante l’isolamento forzato. Insomma, pur essendo un fan abbastanza accanito dei Persona e dei Megami Tensei in generale (ma di questo ne avevo già parlato nella monografia che ho dedicato a Persona), il quinto capitolo ha per me un significato diverso. Più profondo, più intimo.
Eppure - e mi dispiace davvero dirlo - sono veramente stanco di tutto ciò che Atlus ha costruito attorno a quell’immaginario così ingenuamente splendido.
Persona 5 Strikers fu il primo grande segnale d’allarme, la chiara indicazione che Atlus non voleva in alcun modo mollare la presa sulla sua inaspettata gallina dalle uova d’oro. Da Royal in poi si è infatti scatenata una valanga di spin-off, tie-in e collaborazioni che si è abbattuta sul mercato travolgendo tutto ciò che ha incontrato sul proprio cammino, spesso mettendo in piedi una serie di progetti di dubbio gusto e utilità che non hanno aggiunto assolutamente nulla alla formula imbastita già nel 2016. Il risultato è che questo franchise nel franchise è diventato ridondante, tanto da spingere una fetta sempre più corposa di fan a chiedere una pausa nella speranza di vedere finalmente qualcosa di nuovo. Persona 5 Tactica si inserisce perfettamente all’interno di questo contesto e ne è forse la vittima più illustre. Sì, vittima, perché Tactica mi ha sorpreso più volte lato gameplay, ma è rimasto schiacciato dall’enorme mole di contenuti triti e ritriti che lo hanno preceduto e che ne hanno diluito terribilmente la resa finale. Non voglio essere frettoloso, perché alla fine Tactica non se lo merita, quindi permettetemi di andare per gradi.
Persona 5 Tactica è un jrpg tattico a turni. L’impostazione è quella della più classica delle griglie, ma il movimento al suo interno è libero entro un certo range predefinito. Non pensate, quindi, ad un nuovo Devil Survivor o ad un più comune Final Fantasy Tactics. Avete presente Mario Rabbids? Ecco, l’ispirazione è chiaramente quella, però a tema Persona 5.
In un’intervista pre-lancio, Kazuhisa Wada e Naoya Maeda di P-Studio hanno parlato a lungo del fatto che la decisione di esplorare questa branca del gioco di ruolo giapponese sia nata sia dalla mancanza di uno strategico tra i Persona (a differenza dei Megami Tensei che hanno possono contare sui Majin Tensei e i già citati Devil Survivor), sia dal fatto che il tema ladresco e delle infiltrazioni dei Phantom Thieves si sposa naturalmente molto bene con un’impostazione più tattica e ragionata. Ed è vero, perché già l’originale poneva una grande enfasi sulla pianificazione delle proprie mosse e sulla ricerca delle coperture da cui sorprendere i nemici nelle fasi esplorative, tanto che per tutta la sua durata Tactica non sembra mai una forzatura. Non dal punto di vista tematico, perlomeno.
E vi dirò di più: nonostante quando scrissi l’anteprima di Persona 5 Tactica dopo averlo provato alla Gamescom raccontai di non essere rimasto particolarmente colpito devo ammettere che mi è piaciuto molto più del previsto. Ci è voluto poco per innescare un piacevolissimo loop di “ancora una missione e spengo”, perché nonostante non sia assolutamente il più profondo ed elaborato jrpg tattico della storia Persona 5 Tactica è un gioco sorprendentemente appagante per la sua immediatezza e rapidità d’esecuzione.
Quello di P-Studio è un team dannatamente bravo nella gestione dei tutorial e nella progettazione dell’esperienza delle prime ore - lo si era visto già con P5 vanilla - e anche in questo caso sono riusciti ad assemblare un videogioco che prende il giocatore per mano e lo accompagna a lungo nella scoperta di nuovi dettagli e idee di gameplay, riuscendo così ad ammaliarlo con nuovi stimoli distribuiti a poca distanza l’uno dall’altro. Ecco che da un semplice tacttico in griglia “tre contro tutti” Persona 5 Tactica si trasforma e si evolve fino a raggiungere la sua forma finale, forte di piccoli ma fondamentali accorgimenti che ho apprezzato tantissimo. Da un lato c’è il gameplay “rabbidesco” incentrato sugli scontri a fuoco e sulla costante ricerca delle coperture, dall’altra c’è invece il tentativo di P-Studio di adattare il 1-More System di Persona a questa nuova veste tattica in tutte le sue sfumature. Ogni scontro si basa sull’utilizzo di attacchi melee capaci di sbilanciare l’avversario ed esporlo ad un colpo critico da infiliggere con le proprie armi da fuoco, mentre le abilità delle Personae servono principalmente a colpire ad area e, soprattutto, ad ignorare il bonus di resistenza offerto dalle coperture. Ogni azione va pianificata con l’obiettivo primario di infliggere un colpo critico all’avversario e di poter attivare la tripla minaccia, meccanica peculiare del titolo che permette di infliggere un potente danno ad area a tutti i nemici racchiusi nel perimetro del triangolo immaginario i cui vertici sono rappresentati dai tre phantom thieves posizionati sul campo di battaglia. Insomma, il gameplay loop mi è piaciuto davvero, soprattutto nelle sue fasi più avanzate in cui gli elementi da tenere in considerazione sono tanti e abbastanza stimolanti da scacciare il richio di rendere ripetitive e noiose le fasi di combattimento.
È però arrivato il momento di prendere finalmente in considerazione l’elefante nella stanza: Persona 5 Tactica, ahimé, non ha assolutamente nulla da dire e rappresenta l’ennesimo tentativo di mantenere in vita un “sotto-franchise” oramai svuotato di ogni potenzialità narrativa dalle infinite reiterazioni delle stesse identiche dinamiche narrative. Anzi, a dire il vero Tactica qualche guizzo ce l’avrebbe pure, come l’inasprimento del tema della rivolta sociale che qui si trasforma nella rivolta raccontata con il lessico della guerra. Il problema è che dopo Dancing, Q2, Royal e Strikers suona tutto vecchio e stanco. Persona 5 il cuore me l’ha infiammato davvero all’epoca, perché anche se lo faceva coi toni dell’anime adolescenziale parlava della condizione reale dei giovani in tutto il mondo.
Me lo sono chiesto se il problema non fosse il fatto che nel frattempo sono cresciuto anche io, ma la risposta che mi sono dato è che il problema dell’infinita serie di sequel e spin-off che ignorano ostinatamente la reciproca esistenza ha semplicemente appiattito tutto. Royal ha aggiunto uno degli archi narrativi migliori della serie che è poi stato completamente ignorato da qualsiasi altro titolo venuto dopo. La stessa sorte è toccata ai nuovi personaggi di Strikers e toccherà per forza di cose anche Tactica, quasi se come alla base di ogni nuovo progetto ci fosse la paura da parte di P-Studio di dover fare troppa fatica a collegare
tra loro i vari pezzi di quella che ad oggi non può nemmeno essere considerata una continuity, dal momento che ogni titolo a marchio Persona 5 sembra esistere in una bolla temporale sospesa nel nulla in cui tutto succede quasi contemporaneamente.
Il problema principale è che questo rifiuto categorico di scandire temporalmente i singoli titoli si riflette sull’evoluzione dei personaggi, incastrati anch’essi in una costante ripetizioni delle stesse dinamiche e delle stesse battute. I Phantom Thieves erano un gruppo perfettamente assortito proprio perché ogni membro aveva le sue peculiarità e il suo vissuto che andava ad incastrarsi con quello degli altri. Il risultato è che ad oggi sembra di avere a che fare con delle maschere incapaci di crescere e andare oltre alla caratterizzazione datagli in Persona 5. Ryuji è sempre il tonto effervescente del gruppo, Makoto la studentessa severa e diligente, Futaba l’ex hikkikomori che deve riabituarsi al mondo reale e Yusuke l’artistoide strambo. Dopo quasi otto anni dalla pubblicazione è diventato estenuante avere a che fare con le solite gag su Morgana che si offende se viene scambiato per un gatto, su Yusuke che è povero e costantemente affamato e su Ryuji che viene preso in giro per il suo essere un po’ tonto. Persona 5 Tactica avrebbe potuto cambiare qualcosa, avvrebbe potuto raccontare dei phantom thieves diversi e finalmente cresciuti, invece niente.
È un peccato perché - lo ripeto - le potenzialità c’erano, visto che il cambio di genere ha costretto Tactica a cambiare molte delle dinamiche abituali. Sono cambiate la gestione delle Personae e la gestione della Velvet Room, non ci sono più personaggi secondari con cui interagire al di fuori del Leblanc perché la svolta tattica ha rimosso ogni forma d’esplorazione (come tradizione del genere) e sono state rimosse tutte le istanze da life sim che hanno fatto esplodere la popolarità della serie dal terzo capitolo in poi. Certi cambiamenti, per quanto estremi, funzionano anche abbastanza bene, quindi si poteva tranquillamente osare di più a livello narrativo. Si è optato invece per ribaltare solamente certe cose, come ad esempio il fatto che il metaverso di Tactica non è composto da palazzi da cui rubare tesori ma da regni in rivolta con un despota la cui identità nel mondo reale è sconosciuta. Il fatto che ogni singolo “arco narrativo” si basi su dinamiche ricalcate da Persona 5 proprio per offrire al pubblico la possibilità di ricordare i bei tempi andati è un’altra questione, ma gli spunti per fare qualcosa di realmente nuovo c’erano eccome. Cosa resta dopo Persona 5 Tactica? Personalmente la consapevolezza di aver passato del tempo in piacevole compagnia di un jrpg tattico coinvolgente e con un sistema di combattimento appagante per quanto
non rifinitissimo, ma anche l’amara presa di coscienza del fatto che l’amore vero che ho provato per Persona 5, per i Phantom Thieves e per la rivoluzione che cantavano sta sbiadendo incessantemente a causa della stanchezza che porto nel cuore di fronte allo sfruttamento cieco e piatto che Atlus sta facendo della sua IP di punta da qualche anno a questa parte, per nulla dissimile da quanto fatto Squaresoft/Square Enix con Final Fantsy VII. Di fronte ai titoli di coda di Persona 5 Tactica, con le orecchie accarezzate ancora dalla meravigliosa colonna sonora di Shoji Meguro cantata da Lyn Inaizumi, non ho potuto far altro che constatare che spero di addormentarmi oggi e di svegliarmi il giorno in cui verrà pubblicato Metaphor Re:Phantazio, che mi auguro sia il primo passo verso l’abbandono di questo immaginario e di queste iconografie.
È un peccato, perché Erina è uno dei personaggi più interessanti dell’universo narrativo recente dei MegaTen e perché Tactica è a mani basse il migliore tra gli spin-off di Persona 5, ma è evidentemente il gioco giusto al momento sbagliato. Pessima - ma oramai con Atlus ho perso le speranze in questo senso - la gestione dei contenuti aggiuntivi, con una porzione extra di trama incentrata su Akechi e Sumire bloccata dietro paywall.
Pubblicato il: 14/11/2023
Provato su: PC Windows
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