ULTROS

VITA E MORTE SONO LA STESSA COSA

Il mio interesse per Ultros è nato nel buio di una stanzetta a Colonia. Non sapevo cosa fosse, all’epoca nemmeno ricordavo di averlo già visto inserito all’interno dello Showcase di Sony di qualche mese prima. È bastato sedermi di fianco a Pelle Cahndlerby - narrative designer di questo bizzarro metroidvania spaziale - e a Oscar Rydellius - che ne ha curato il sound design - per innamorarmi della loro stramba creatura. Non è per nulla semplice spiegare Ultros a chi non l’ha mai visto: è uno strano ibrido tra un metroidvania spaziale, un roguelite, un gardening game e un inquieto trip lisergico ambientato in una nave spaziale gigantesca alla deriva nello spazio profondo. L’obiettivo? Spezzare il loop, qualsiasi cosa voglia dire. La verità è che l’astronave è contemporaneamente utero e sarcofago di Ultros, una potentissima entità che riposa in attesa di rinascere, anche se non è chiaro cosa comporti per le sorti dell’universo il suo risveglio.

Lo schianto è stato molto forte ma sono sopravvissuta. Non so cosa siano questa nave e questa assurda vegetazione che ne ricopre le pareti. Sembra… viva. Guardandomi attorno ho trovato un’arma, e il fantasma del suo possessore mi ha chiesto di interrompere il loop. Non so a cosa faccia riferimento, ha parlato di un utero, di un ciclo infinito da spezzare e dei saggi da uccidere per porre fine a tutto questo. Non so cosa fare, ma è anche vero che se voglio trovare il modo di andarmene devo andare avanti e provare a capirci qualcosa. Poco fa sono stata assalita da uno strano animale e l’ho ucciso. Ho provato ad assaggiare i tentacoli che gli ho reciso: sono inaspettatamente buoni, sanno quasi di noccioline. Avevo fame. Ho trovato uno strano seme e l’ho piantato dove la terra era smossa. Non so perchè, è stato istintivo. Questo posto mi fa paura, ha una strana influenza su di me. Voglio andarmene.

Non immaginate Ultros come un metroidvania tradizionale. Dai generi di riferimento prende in prestito alcune meccaniche fondamentali, ma la sua è una costante dimostrazione di unicità ricercata sia a livello artistico - grazie alla meravigliosa direzione artistica di El Huervo ipersaturata che ricorda davvero molto da vicino i deliri visivi di Philippe Druillet e l’arte psichedelica - sia a livello ludico, con meccaniche ricercatissime che lo distanziano dagli altri esponenti del genere. Il cuore dell’esperienza, infatti, non è quello di farsi strada nel sarcophagus per giungere infine ad un confronto decisivo con Ultros. O meglio, sì, ma ciò avviene in maniera del tutto non convenzionale, dal momento che il loop temporale che scandisce la progressione del tempo in Ultros mette in discussione tutte le abitudini dei metroidvania per presentarle in un’ottica differente. La chiave sta nel rapporto che si viene a creare tra il giocatore e l’ambiente, tra l’intruso e l’equilibrio dei suoi biomi. Quell’equilibrio è in realtà una stagnazione che alcuni degli abitanti del sarcophagus sperano di interrompere, qualsiasi possa essere l’effetto dell’intromissione nella stasi di Ultros.

Dopo aver giustiziato il primo dei saggi Ultros apre le porte della sua incubatrice alla protagonista, che una volta arrivata al suo cospetto rimane impotente di fronte al resettarsi del loop. È spiazzante trovarsi di nuovo al punto di partenza senza armi e con lo skill tree resettato. Il progresso viene negato di continuo e si viene riportati costantemente a zero. Persino l’estrattore - un congegno utilissimo capace di apprendere tutte le skill utili al traversal ad ogni confronto con Ultros - viene sottratto alla protagonista ad ogni ciclo, obbligando il giocatore a recuperarlo ad ogni run per poter godere dei suoi benefici. Basta poco per rendersi conto di un dettaglio fondamentale: ci sono degli elementi che persistono anche oltre al reset temporale. Il sarcophagus è un ecosistema complesso, capace di rigenerare tutte le vite strappate dalla protagonista nel corso della sua esplorazione e di nutrire all’infinito la vegetazione che lo infesta. All’inizio del gioco è  infatti possibile mettere le mani su uno strano seme sconosciuto e piantarlo in uno dei tanti appezzamenti di terra fertili che è possibile incontrare girovagando nel sarcophagus per vederlo germogliare parzialmente e ottenere un frutto da staccare dai suoi rami. 

Le potenzialità di Ultros e la sua unicità le si comprende solo dopo aver resettato il loop per la prima volta: viene azzerato tutto in maniera peraltro completamente inaspettata, ma una volta giunti all’appezzamento di terra seminato in precedenza si scopre con assoluta meraviglia che non solo quel seme è sopravvissuto, ma che nel frattempo è sbocciato trasformandosi in una pianta le cui fronde possono essere utilizzate come piattaforma per raggiungere una parte del sarcophagus precedentemente inaccessibile.

Ho ascoltato le parole dello spettro. Forse a guidarmi è stata la paura che mi infonde questo posto, ma ho raggiunto la cellula di sopravvivenza di un saggio e l’ho pugnalato. Dal suo corpo esanime è fuoriuscito un getto d’energia che ha risalito gli anfratti della nave fino a giungere nella sala dell’incubatrice. Di fronte al grembo sintetico di Ultros non ho tremato, e non ho tentennato nemmeno quando ho capito che l’entità mi stava invitando al suo cospetto. Ho chiuso gli occhi per un istante e mi sono ritrovata nel luogo dello schianto. Ero disarmata e rintontita dall’accaduto. Avevo sognato tutto? È stato tutto uno scherzo della mia mente? Ho ritrovato la lama, ho rivisto lo stesso spettro, ho ucciso gli stessi esseri e ho mangiato gli stessi tentacoli per recuperare le forze. Tutto come la prima volta. Ho avuto paura: sono prigioniera di un ciclo che continua a ripetersi completamente uguale a sé stesso per l’eternità? Poi l’ho visto e ho capito: il seme che avevo piantato è germogliato diventando uno splendido albero rigoglioso. Mi sono arrampicata sulla sua corteccia fino a raggiungerne la sommità e ho scoperto una nuova strada che precedentemente mi era impraticabile. 

La chiave per la salvezza è questa.

Quell’albero è la chiave che apre una volta per tutte Ultros al giocatore, la prova che siamo esseri alieni in un mondo vivo e perfettamente autonomo con cui però è possibile interagire per controllarne a proprio vantaggio l’evoluzione. È un invito alla creatività e alla sperimentazione, alla voglia di scoprire i segreti di un mondo alieno apparentemente impenetrabile. Un piccolo trattato sul concetto di azione e reazione che regola l’universo conosciuto. Uccidi la fauna e potrai cibarti dei suoi resti per recuperare le forze e ottenere i nutrienti utili alla crescita dello skill tree, oppure nutrila per renderla inoffensiva e scoprire che è possibile convivere in pace collaborando. Se si decide di dare un frutto in pasto ad uno degli strani esseri che è possibile incontrare sull’astronave, infatti, questo reagirà amorevolmente nei nostri confronti e la sua felicità porterà alla nascita di una nuova zona fertile da coltivare con uno dei tanti strani semi che è possibile raccogliere durante l’esplorazione. Ultros chiede esattamente questo al giocatore: di essere curioso di indagare i meccanismi naturali che regolano il suo ecosistema, di entrare in relazione con le sue forme di vita e, soprattutto, di pazientare, perché per poter scoprire gli effetti delle proprie azioni è necessario attendere il reset del loop, i cui effetti possono essere mitigati da dei brandelli di micelio mnemonico che possono “fissare” delle abilità dello skill tree per evitare che vengano cancellate al successivo risveglio dell’entità Ultros.

Himsa. In sanscrito significa “uccidere” o “nuocere”, ed è una parola importantissima per le culture Induiste e Buddhiste. Ahimsa, la sua negazione, è traducibile come “non violenza”, ed è un precetto fondamentale di entrambi i sistemi: la non violenza è ciò che permette all’uomo di scongiurare le pene dell’aldilà, basate secondo la tradizione sul contrappasso per i crimini compiuti in vita. Ultros è un videogioco che si basa esattamente su questo concetto, e lo fa in maniera intelligentissima. Sulle prime presenta al giocatore le strutture e le meccaniche tipiche del metroidvania, invitandolo quindi a farsi strada tra i biomi del sarcophagus utilizzando la violenza; poi lo introduce lentamente al concetto della caccia rispettosa secondo il quale bisogna sfruttare tutte le componenti del combat system per poter ottenere delle ricompense migliori dallo smembramento degli animali del sarcophagus; infine gli mostra i benefici della cooperazione e della convivenza non violenta, spingendolo a rifiutare la violenza dimostrandogli che è proprio dalla cura del prossimo che può ottenere i benefici migliori. Non è semplice né tantomeno immediato comprenderlo, ma Ultros il suo messaggio lo costruisce con delicata decisione, senza imporre mai nulla al giocatore ma lasciando che sia lui ad accorgersi dei benefici dell’ahimsa.

Ho perso il conto dei cicli che ho attraversato e dei saggi che ho ucciso. Ultros rimane lí, al centro del sarcophagus, e ogni volta mi invita ad assistere alla sua nascita. Ho incontrato una cacciatrice solitaria che mi ha insegnato ad avere rispetto per le mie prede per ottenere più nutrimento dopo che ne ho consumato le carni, e un misterioso giardiniere che mi ha fatto scoprire le proprietà delle piante del suo giardino. Qualche loop fa, mentre mi preparavo allo scontro con un animale, ho lasciato cadere un frutto sul terreno, e l’animale anziché assalirmi si è fiondato sul frutto. La sua ostilità nei miei confronti è cessata immediatamente, quasi come se avesse riconosciuto in me la figura del salvatore che si è preso cura di lui. Oggi la zona che abitava è diventata fertile e posso piantare dei semi anche lì, a patto di nutrire anche i suoi discendenti ogni volta che li incontro. Da quel giorno mangiare la carne degli animali mi provoca uno strano senso di disgusto. Ucciderli mi rattrista, anche perché ho scoperto di potermi sostentare solamente con i frutti delle mie coltivazioni.  

Sono stanca di uccidere, non voglio farlo mai più.

L’ultimo tassello, quello più importante di tutti nel grande puzzle di Ultros, è la cosiddetta rete della vita, ovvero un complicatissimo e profondissimo sistema di interconnessioni recise che mettono in comunicazione tutte le aree del sarcophagus tra di loro grazie al lavoro svolto da alcuni esserini volanti che permettono la comunicazione tra tutti gli esseri viventi che abitano la nave. 

È l’ultimo atto verso la persecuzione dell’ahimsa e la rinuncia alla violenza. Ricollegare la rete della vita è un compito difficilissimo e spesso snervante; è un test di pazienza che mette in discussione la pace mentale del giocatore offrendogli però un compito estremamente nobile. Una volta scoperta la sua esistenza è possibile dedicarsi esclusivamente ad essa, piantando di volta in volta le piante che possano fare da “ripetitori” per amplificare il potere connettivo di questa mistica infrastruttura, rinunciando alle continue uccisioni immotivate degli animali del sarcophagus. È quasi una pratica meditativa, volta alla creazione di una versione migliore di sé, quasi come se l’obiettivo di Ultros fosse quello di portare il giocatore all’illuminazione

La silenziosa protagonista diventa così una sorta di messaggero del micelio che si infittisce nel sottobosco rappresentato dal sarcophagus, il cui compito è quello di riconnettere tutto e tutti. In questo momento viene meno la sensazione di fastidio per quel combat system così poco elegante e così esigente, perché diventa chiaro che uccidere non è mai stato un requisito di Ultros. Si possono bypassare tutte le bossfight semplicemente riconnettendo tra di loro i boss grazie alla rete della vita. Questo li placherà, rendendoli mansueti e meno soli.

Non so quante volte ho ucciso il mostro che abita sopra i quartieri residenziali. Divento sempre più brava combattere nonostante voglia smettere di uccidere per sopravvivere, ma questa volta è successa una cosa strana. Quegli strani esserini che si assiepano attorno ai fiori mi hanno seguito fino alla sua stanza e nonappena lo hanno circondato lui si è immobilizzato. Sembrava quasi commosso, come se avesse finalmente ritrovato qualcosa che aveva perso tanto tempo fa e non sperava neanche più di ritrovare. Ho finalmente capito il mio ruolo: non sono che una pedina chiamata qui per riconnettere chi si è perso alla rete. 

Ogni volta che i miei occhi si chiudono vedo meglio, rielaboro, cresco. 

Devo connettere Ultros, devo farlo senza versare sangue. Una volta fatto avrò raggiunto la forma migliore di me stessa, e potrò andarmene. Magari per insegnare quello che ho appreso a chi verrà dopo di me.

Ultros parla dell’imperfezione dell’uomo, lo rimette al suo posto nell’equazione della vita che lo vede in posizione del tutto subalterna rispetto al resto della natura. Sono le piante le uniche a poter sopravvivere tra un loop e l’altro, non gli esseri viventi che ne consumano l’essenza. Insegna all’uomo il piacere della bontà, mostrandogli gli effetti delle sue azioni su chi abiterà il mondo dopo di lui, chiedendogli atti d’altruismo disinteressati e premiandolo con la possibilità di guadagnarsi nuove strade da esplorare per arrivare a capire meglio sé stesso. Ultros non è un videogioco semplice e non è nemmeno un videogioco facilmente comprensibile. Richiede attenzione costante e una recettività emotiva inusuale. Il premio è un’esperienza catartica che rimette in discussione i dogmi della vita e rimodula il concetto di violenza per puntare a rendere migliori le persone che stanno da questo lato dello schermo. Un obiettivo tanto ambizioso quanto nobile

Ultros è un mandala, uno strumento utile a raggiungere l’illuminazione. È terrificante, perché ad ogni sua iterazione è possibile scrutare le meccaniche celesti e accorgersi di essere poco più che polvere dalla vita brevissima in un universo che può fare tranquillissimamente a meno di noi

La sua potenza sta tutta qui, nella sua rivoluzionaria formula che vuole insegnare a tutti che al mondo ci sono cose infinitamente più grandi dei nostri successi e dei nostri problemi. Sta a noi capire cosa farcene di questa consapevolezza.

Pubblicato il: 20/02/2024

Provato su: PlayStation 5

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8 commenti

Bellissima recensione per un gioco davvero affascinante!

Finito poco fa.
Un gioco che ti lascia spaesato praticamente fino all'ultimo, sovvertendo le certezze che solitamente i metroidvania danno, togliendoti quei punti stabili spingendoti a non ragionare in maniera lineare.
Gran bel gioco, dove il livel …Altro...
Finito poco fa.
Un gioco che ti lascia spaesato praticamente fino all'ultimo, sovvertendo le certezze che solitamente i metroidvania danno, togliendoti quei punti stabili spingendoti a non ragionare in maniera lineare.
Gran bel gioco, dove il livello di sfida non è per nulla la difficoltà nell'azione, ma nel sapersi adattare alle situazioni che dovremo affrontare.

Sapevo che questo titolo nascondeva qualcosa di nuovo e speciale rispetto ai classici MV. Forse fin troppo per i miei gusti ludici, ma sono veramente contento che opere del genere possano venire alla luce e che la creatività degli sviluppatori possa …Altro... Sapevo che questo titolo nascondeva qualcosa di nuovo e speciale rispetto ai classici MV. Forse fin troppo per i miei gusti ludici, ma sono veramente contento che opere del genere possano venire alla luce e che la creatività degli sviluppatori possa avere questo sfogo

Mi sarebbe piaciuto leggere la recensione del Sorichetti, purtroppo ci sono disegni diddio.

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