PRINCESS PEACH
SHOWTIME!
Metti una sera, Peach, a teatrì
Le femmine sono volubili, adorabili vittime dei loro scossoni emotivi che le rendono una costante sorpresa e una minaccia sempre in agguato. Nintendo inquadrava così Peach nel 2006, nel primo (e fino a oggi unico) gioco che la vedeva protagonista. In Super Princess Peach il gameplay era organizzato attorno all’umore della bella in rosa. Dal retro della confezione del gioco per Nintendo DS: “Incanala le vibe emotive di Peach in abilità speciali: galleggia a mezz’aria quando è felice, abbatti ogni muro quando è arrabbiata o fai crescere la vegetazione con le sue lacrime”. Sono passati quasi vent’anni e Princess Peach Showtime! si è fatto un’idea differente della nobile, un filo meno arcaica. Un anno fa, di questi tempi, si ergeva quale leader coraggiosa di un popolo in Super Mario Bros. il film e adesso è ufficiale: questa è una nuova era per Peach.
Quello che c’è di importante in Princess Peach Showtime! è proprio lei, soprattutto lei e forse solo lei. Capita di radio che Nintendo costruisca un gioco attorno all’immagine del suo personaggio, abituata come è a far dipendere tutto dal gameplay, a usare il concetto di gioco come sorgente per tutto quello che viene dopo e che gli gira attorno. Questa volta le cose sono andate diversamente e Princess Peach Showtime! propone un approccio che esalta il personaggio, a prescindere da tutto il resto.
L’intento è molto chiaro: l’empowerment della figura di Peach, che si ritrova in un teatro magico a cambiarsi continuamente di costume, dieci volte attrice di punta sul palco di dieci allestimenti differenti. È spadaccina e ninja, cuoca e sirena, detective e super eroina, ladra misteriosa e pattinatrice, maestra di kung-fu e cowgirl: e porta tutto a casa con due soli pulsanti a disposizione. Non serve dilungarsi troppo su quello che si fa di fatto durante il gioco: si tira di spada, ci si nasconde in piena vista, si decorano torte, si sollevano e lanciano automobili, si prendono al lazo i nemici, si nuota nelle profondità marine accompagnati da deliziosi pesciolini… è tutto molto semplice e non c’è nessuna intenzione di approfondire le meccaniche di gameplay durante i livelli concessi a ogni interpretazione di Peach.
Ci sono, quindi, dieci piccole idee di gioco in Princess Peach Showtime!. E alla fine non ne rimase nessuna, perché non è a queste idee a cui è interessato il gioco, sviluppato dallo studio giapponese Good Feel. Quello che conta, che conta per davvero, è quanto ci mette a cambiarsi la nostra: meno di quindici minuti, sono quelli richiesti per completare una “scena” e passare a quella successiva. Il nostro trasformista Arturo Brachetti ferma il cronometro molto prima, ma per adesso va così. I costumi e le interpretazioni di Peach sono in effetti la parte più riuscita del gioco diretto da Etsunobu Ebisu (Ganbare Goemon e Yoshi’s Crafted World, tra gli altri): vestito, maschera, accessori, Peach cambia outfit senza mai dimostrare incertezze, i modelli 3D sono semplici ma curati. Le animazioni e le poche parole della principessa completano il quadro e non è difficile immaginare che chi sta giocando si farà trascinare dai cambi di scenario ben ritmati e dalla sorpresa che accompagna ogni nuova interpretazione (in particolar modo se ancora in giovane o giovanissima età).
“Peach time” sussurra leggiadra la nostra quando il sipario si apre e il riflettore la illumina, prima che si animi anche il resto della scena, che idealmente è tutto un palco. Ponti, torri e pianeti sono parte dell’allestimento di scena, ancorate a terra, regolate da meccanismi o trascinate da fili ben visibili. Quello che conta è la resa finale e l’agente di Peach ha avuto vita facile: di altre prime donne non se ne vedono.
Il cast di supporto è una massa di comparse senza esperienza, tutte indistinguibili tra di loro: chi aiuta ha il naso grosso e tondo, chi si oppone all’avanzata trionfale indossa una maschera dorata e non c’è molto più di questo. Alcune scene funzionano bene e per essere a teatro sorprende che ci siano spettacolari cambi di inquadratura e sequenze al ralenti (un po’ scolastiche, ma il loro lo portano a casa).
Princess Peach Showtime!, però, cammina fin da subito sul confine tra semplice e banale. Quelle piccole dieci idee di gioco funzionano con risultati alterni e mai troppo a lungo, da qui anche l’ovvia scelta di limitare la durata dei livelli. Come hanno insegnato gli enormi giochi degli ultimi quindici anni, non puoi metterci dentro tutto e approfondire tutto: il sistema di parkour semi-automatico e i combattimenti “uno alla volta, grazie” di Assassin’s Creed, lo spiegavano già molte lune fa. Qui però le ambizioni sono diverse e se la scelta è stata quella di misurare tutto sulle abilità di giocatrici e giocatori più piccoli, allora può dirsi riuscita solo in parte. Perché appena sposta l’attenzione dal personaggio al gameplay, il gioco di Good Feel si scopre quasi sempre banalotto, e questo è un problema fino a un certo punto, ma a volte è addirittura trasandato. E questo è un problema punto e basta.
Nintendo può vantare da decenni un’eleganza nel modo in cui parla e spiega a chi sta giocando dove si trova e quali sono le condizioni d’ingaggio, che ha pochi pari. Ha sintetizzato un modo per far capire altezze, spazi, tempi e modi, prima nei giochi 2D e poi in quelli 3D. Princess Peach Showtime! ogni tanto frulla profondità della scena, elementi interattivi e animazioni automatiche, così da rendere difficile capire come fare quel che si è già capito che serve fare. Succede molto spesso negli scontri con i boss e qualche volta anche nei livelli veri e propri. Quando Peach detective si aggira per le viuzze scarsamente illuminate di una finta metropoli di cartone, sulla ghisa tintinnante di un tombino si lascia andare a due passi di tip-tap. It’s entertainment! Quando Peach kung fu deve saltare e colpire con una pedata in faccia un nugolo di nemici, le cose vanno molto meno bene. Quando Peach spadaccina affonda decisa la sua lama nella carne imbottita di tre comparse-fantoccio, il suo cappello a tesa larga che vibra leggermente è l’unica cosa a scomporsi. Quando Peach ladra misteriosa deve lanciare il suo rampino e risolvere qualche puzzle ambientale, le indicazioni sono tutte mischiate assieme, in un pasticcio di colori e un susseguirsi di collisioni migliorabili (se non proprio approssimative).
Che Princess Peach Showtime! sia una produzione minore, non è neanche il caso di sottolinearlo. Per alcuni versi è un limite, ma non per forza si sarebbe dovuto tramutare in un vero e proprio problema. Mai come in questo periodo l’intero mondo dei videogiochi dovrebbe ricordarsi che una strada differente dai budget hollywoodiani dei cosiddetti tripla-A esiste e può essere battuta. Però in Princess Peach Showtime! l’ambizione è fin troppo frenata. La maggior parte dei setting, intesi come personaggi interpretati, abilità collegate e sfide proposte, funziona, ma ci si ferma sempre troppo presto. Peach ninja si muove sicura, colpisce alle spalle, si cela in maniera divertente alla vista dei nemici, ma dopo solo tre stage è già tutto finito.
Peach gira la moda e si ritrova interprete di un gioco che vuole fare poco e vuole farlo tante volte, quasi un gioco multi-evento di quelli à la California Games (si parla di preistoria). Per Nintendo può essere l’inizio di qualcosa, una collana di produzioni focalizzate principalmente sui suoi personaggi secondari, ma sarebbe auspicabile trovarci dentro un po’ più ispirazione di quella che anima Princess Peach Showtime!. Che è uno spettacolo godibile per un pubblico giovane, ma davvero poco più di questo. E se l’andazzo è questo, almeno ridatemi Freshly-Picked Tingle's Rosy Rupeeland.
Pubblicato il: 21/03/2024
Provato su: Nintendo Switch
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