FLINTLOCK

THE SIEGE OF DAWN

Avendo appreso la lezione di Nor Vanek, la geniera protagonista di Flintlock: The Siege of Dawn, sarò schietto e diretto come un colpo di pistola. Per veder scorrere i titoli di coda un giocatore esperto impiegherà circa 10 ore. Purtroppo, sono piuttosto convinto che gli basteranno circa 10 minuti per capire che c’è qualcosa di storto nella proposta videoludica neozelandese. Il team di sviluppo A44 Games confeziona un GDR d’azione in terza persona che tenta di far brillare i suoi punti di forza nella seconda metà del gioco, ma che si inceppa troppe volte lungo la miccia per risultare emozionante

In breve, il team stesso descrive l’esperienza come una via di mezzo tra God of War e un souls-like a scelta tra i più celebri, con un particolare accento sul lato narrativo.

Al grido di “No rest ‘till Dawn” siamo chiamati a vestire i panni di un’eroica geniera, doppiata magistralmente da Olive Gray (vista di recente in Halo), votata alla lotta contro gli Dei Antichi per salvare l’umanità. Un destino complicato che potremo sperare di realizzare solo grazie a un misterioso Dio minore dai troppi segreti, che si fa chiamare Enki e che prende vita grazie all’interpretazione di Alistair Petrie (Draven di Rogue One: a Star Wars Story). L’evoluzione del rapporto tra questi due personaggi è uno dei punti forti di Flintlock e pongo una certa enfasi sul doppiaggio perché il gioco si prende molto sul serio in diversi punti dell’avventura (sono poche le finestre scanzonate nel racconto) e se in quel contesto l’eccellenza del voice acting fa del suo meglio per coinvolgere emotivamente il giocatore, il risultato finale viene brutalizzato da una pessima regia nella presentazione cinematica e nella gestione di alcuni dialoghi fondamentali. Un “vorrei, ma non posso” fin troppo evidente, tema che ritornerà a breve anche nell’analisi di altri aspetti del gioco. 

Alti non altissimi e bassi terrificanti, infatti, si ripetono un po’ ovunque, a partire dal comparto audio che vede gli ottimi suoni associati a colpi inferti e subiti (sia all’arma bianca che con armi da fuoco) in contrapposizione a una schiera di problemi più o meno gravi, musiche scarne comprese. 

Non da meno quanto concerne la grafica che vede una realizzazione di pregio (il team di A44 Games sfrutta bene le capacità dell’Unreal Engine sotto tanti punti di vista) alternarsi a una direzione artistica che non spinge mai davvero sull’acceleratore e gioca troppo sul sicuro, risultando piuttosto blanda. Nonostante i due anni di ritardo nella pubblicazione, inoltre, persistono alcune incertezze in diverse animazioni dei nemici e troppo spesso i modelli o le texture dei protagonisti fanno i capricci nelle sequenze cinematiche, almeno al momento della stesura di questa recensione. La barbetta di Baz mi darà gli incubi se non arriverà in soccorso una patch il giorno di pubblicazione.

L’esplorazione open-map del mondo di Flintlock lascia molte decisioni nelle mani del giocatore. La difficoltà non risulta mai eccessiva ed è dunque possibile scegliere liberamente se tirare dritto sulla storia principale o se lasciarsi incuriosire da incarichi secondari e mini-dungeon con relativi premi posizionati tendenzialmente sul bordo della mappa in cui ci si trova di volta in volta. Un forte incentivo all’esplorazione è dato sia dalla possibilità di raccolta di materiali utili per potenziare armi e armature sia dal posizionamento di pezzi di equipaggiamento esclusivi o nuove cariche per le granate che è impossibile ottenere seguendo solo i risvolti di trama. In tal senso aiutano moltissimo i frequenti punti di teletrasporto che ho trovato sempre ben posizionati e le molte scorciatoie che Enki può aprire per noi, un aspetto che tratteremo a breve.

Purtroppo nessuna quest secondaria risulta anche solo vagamente interessante e il gameplay loop si appiattisce piuttosto in fretta. Quasi tutti i livelli, fatte due eccezioni sorprendenti, sembra abbiano l’espressa funzione di fare da “contenitore di nemici e materiali” e non trasmettono mai la sensazione di spazi reali e organici, risultando così da un lato funzionali ed efficaci come cornice degli scontri progettati dal team di sviluppo, ma troppo “di gameplay e basta” per un contesto che, invece, fa di tutto per prendersi sul serio e che avrebbe pertanto giovato di un world building sensato.

Ora che abbiamo una corona di contesto, veniamo al pregio più evidente di Flintlock: il suo combat system. Gli sviluppatori hanno dichiarato di aver voluto creare un equilibrio tra polvere da sparo e magia e, premesso che molta della resa finale è lasciata al giocatore stesso e alle sue scelte nell’albero delle abilità, la mia esperienza è sicuramente riuscita a riflettere in positivo questo proposito. Quella di Nor Vanek ed Enki è una danza in terza persona tra schivate e parry che cerca di ricordare, senza mai arrivarci neanche vicino, il dinamismo di Kratos e Atreus negli ultimi capitoli di God of War e che riesce a divertire con diversi stili di priorità. La vera chicca è il sistema attraverso cui si può ottenere reputazione da spendere per acquisire abilità nell’albero preposto o acquistare e potenziare quasi tutto l’equipaggiamento. Anziché ricevere in premio un determinato quantitativo di reputazione per ciascun nemico sconfitto, il gioco mette in campo un moltiplicatore che sale per ogni mossa diversa impiegata nello sgominare i nemici e che si azzera solo quando si subisce danno, persistendo anche tra uno scontro e l’altro. In questo modo Flintlock ci pone davanti una scelta continua e divertente: vuoi correre il rischio e far salire questo importante moltiplicatore sapendo che potresti perdere quasi tutto o vuoi incassare immediatamente e spostarti verso il prossimo encounter? 

È importante tener presente che non si raggiunge mai la sensazione di star giocando a uno stylish action alla Devil May Cry e che sotto una determinata soglia di partenza non si può scendere, quindi anche prendendo danno di continuo avremo risorse più che sufficienti per fare progressi. In più sono previste varie reward fisse al completamento di un capitolo di trama o man mano che si scoprono nuovi segmenti di mappa aperta e quindi non c’è da temere. Da questo punto di vista ho notato una forte disparità tra la prima metà di gioco dove si sale forse troppo lentamente e si è costretti ad accontentarsi delle “combo base” per troppo tempo e la seconda porzione in cui la reputazione cade a pioggia sul giocatore col minimo sforzo.

Ho trovato interessante anche la scelta di rendere più efficaci i lati dello skill tree su cui si decide di spendere maggiormente. Ad esempio, acquisendo una nuova abilità per la nostra arma da corpo a corpo andremo automaticamente ad incrementarne i danni almeno del 5% e lo stesso avverrà per le altre opzioni disponibili. Risultano invece troppo poco impattanti, quasi deludenti, la maggior parte degli upgrade all'equipaggiamento specie per quanto concerne le armature, che spostano un valore in percentuale in modi quasi impercettibili volta per volta (ad esempio “si verifica X” passa dal 33% al 35% grazie a un potenziamento e la differenza è tangibile solo tra il grado base e l’evoluzione massima).

Anche in questo caso un pregio di Flintlock viene atterrato da altri problemi e se l’idea di fondo del combat system è al limite del geniale non si può dire lo stesso di tanti altri elementi correlati: la varietà di nemici messi in campo è assolutamente insufficiente, così come l’originalità dei loro design, le bossfight sono quasi tutte mediocri (fatta qualche dovuta eccezione) e in generale si ha quella sensazione di “scivolo”, che non passa neanche dopo 10 ore, sia dei protagonisti che degli avversari che rende tutto molto meno d’impatto.

Sono pochissime le animazioni che riescono a restituire un certo senso di visceralità e fanno quasi rabbia, perché si vede che il potenziale evidentemente ci sarebbe. Discorso simile per quanto riguarda il traversal che tra doppio salto, scivolate e dash aerei avrebbe tutto il potenziale per offrire un dinamismo estremamente divertente, ma che viene appiattito da un level design banalotto che non spinge mai sul serio su questi elementi. Enki ci da la possibilità di attivare dei portali per volare tra un punto e l’altro dell’ambiente circostante, un’attività emozionante e fluida, ma quasi sempre questo escamotage viene utilizzato per creare una scorciatoia e troppo poco spesso viene sfruttato invece per avanzare o esplorare in modo parallelo un determinato bioma. Anche in questo caso ci sono delle eccezioni clamorose, che però hanno un'impatto troppo poco percepibile nell’equilibrio generale. 

A spegnere ulteriormente il ritmo ci pensa il mini-game secondario: immaginate un sostituto dei card game dei Final Fantasy, che risulta quasi inspiegabile per concezione e per quanto sia scollegato dal world building. Si chiama Rivalsa e consiste nel cercare di creare un triangolo con delle monete su una particolare griglia di gioco. Il giocatore e l’IA avversaria muovono un pezzo a turno e si ha un numero limitato di sequenze per raggiungere l’obiettivo prima in attacco e poi in difesa. Queste monete inizialmente non hanno alcun potere speciale e man mano che si prosegue nell’avventura arriveranno piccoli cambiamenti a queste regole di partenza, unitamente a specialità peculiari di singole monete, che non riescono comunque a renderlo intrigante. La frizione tra la lentezza di questo giochino e la frenesia dell’azione base stona fin troppo e va ben oltre quello che si potrebbe percepire come un momento di distensione. Se il combat system, alcune delle bossfight e la potenza del legame tra Nor ed Enki dovessero bastarvi per raggiungere la fine di quest’avventura, sappiate che non ci sarà un NewGame+ ad attendervi a fine corsa (dunque completate tutte le secondarie e il resto dell’esplorazione prima del gran finale se siete dei platinatori seriali). 

Inutile dilungarsi ulteriormente, l’adagio è chiaro. Flintlock: the Siege of Dawn è un gioco che può sicuramente divertire molti, ma che ne deluderà clamorosamente altrettantil, specie se comprato a prezzo pieno. Un’ancora di salvezza in questo caso è rappresentata dalla sua presenza sul GamePass, la chiacchieratissima offerta di Microsoft infatti lo renderà disponibile dal Day1 e forse è grazie a quel servizio che vi consiglierei di esplorare Alba per fare la vostra scelta. La pietra focaia neozelandese di A44 Games è di qualità, lo avevano dimostrato anche con il loro gioco precedente, ma in troppe categorie a mancare è proprio la polvere da sparo.

Pubblicato il: 18/07/2024

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4 commenti

Davvero ottima recensione! Tutti i punti critici sono stati toccati con precisione, assolutamente d'accordo col parere nel complesso.

Non voglio assolutamente che questo commento passi come "negativo" nei confronti dell'attualita' della critica videoludica... Ma delle recensioni del genre, al giorno d'oggi, sono Introvabili... Un saggio dove si parla del titolo per quello che e', s …Altro... Non voglio assolutamente che questo commento passi come "negativo" nei confronti dell'attualita' della critica videoludica... Ma delle recensioni del genre, al giorno d'oggi, sono Introvabili... Un saggio dove si parla del titolo per quello che e', senza dare false speranze al lettore, ma azni, fornendogli tutti gli strumenti necessari per capire a pieno il titolo. Ho scoperto solo recentemente che Simone Non ha un passato da recensore come Marco e Fossa, e non capisco come sia possibile... se le recensioni che scrive sono di questo calibro! Mi posso solo immaginare cosa farebbe la tua penna se avessi iniziato prima, Tantissima roba King

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