CONSCRIPT

QUANDO DAL CIELO PIOVONO FANGO, SANGUE E GRANATE

Quando alle 7:15 del 12 Febbraio 1916 i cannoni della Grande Bertha aprirono il fuoco sulla città francese di Verdun nessuno poteva immaginare che quel piccolo angolo d’Europa si sarebbe trasformato nella porta dell’inferno. Secondo il generale tedesco Erich von Falkenhayn, infatti, l’offensiva tedesca sarebbe stata breve e avrebbe piegato la resistenza francese in pochi giorni. Non fu così. La battaglia di Verdun fu la più importante della prima guerra mondiale e durò 302 giorni. Per capire la portata dello scontro che contrappose per quasi un anno intero gli schieramenti di Francia e Germania basta un solo, freddissimo dato: Quella di Verdun fu la battaglia con il più alto numero di morti per metro quadro nella storia della nostra specie. Morirono più di 300.000 soldati e nel giro delle prime 24 ore l’esercito tedesco sganciò sulle trincee francesi più di un milione di granate. Fu una carneficina terrificante, un vero e proprio bagno di sangue che si consumò sotto gli occhi di un’Europa impazzita e che cancellò per sempre intere generazioni di giovani francesi e tedeschi chiamati in guerra per difendere l’onore delle rispettive patrie.  

La Grande Guerra è ancora oggi una delle pagine più spaventose della Storia: l’odio per la Germania nazista di Hitler riuscì in qualche modo a giustificare le perdite del secondo conflitto mondiale, ma quanto successe nella guerra del 1914 fu per tutti una follia. Verdun ne è forse l’esempio più orrendo

«Se non avete visto Verdun, non avete visto la guerra»

- Adagio francese

Conscript, sulla carta, è un survival horror. Uno di quelli classici che guardano alla tradizione di Resident Evil per replicarne le meccaniche generali. Poche munizioni, poche cure, movimenti impacciati e inventario ridotto. C’è tutto, però penso sinceramente che definire la creazione di Jordan Mochi una “lettera d’amore a” sia quantomeno riduttivo. Conscript prende il survival horror e lo ribalta estromettendo tutti gli elementi sovrannaturali tipici del genere; non ci sono zombie, fantasmi o minacciosi culti deviati. C’è solo la prima guerra mondiale in tutto il suo gelido orrore. E funziona, cazzo, funziona a meraviglia. 

Conscript racconta la vita di un Poilu (letteralmente “peloso”, come venivano chiamati i soldati francesi che, a causa delle incessanti offensive tedesche non avevano tempo per radersi barba e capelli) all’interno dell’incubo delle trincee di Verdun. È il 1916, e Andre è un soldato semplice impiegato nella battaglia a difesa del fronte occidentale. Durante un assalto tedesco perde di vista il fratello Pierre, che ha giurato alla madre di proteggere durante il conflitto e di riportarlo a casa sano e salvo. L’incubo di Andre inizia così e si evolve più e più volte mentre si ritrova costretto a farsi largo tra i cadaveri dei suoi commilitoni ammucchiati nel fango e i soldati nemici che assaltano le baracche francesi durante l’attacco.

Anche la struttura è formalmente la solita: le trincee di Verdun pullulano di porte chiuse a chiave, risorse nascoste e piccoli puzzle da risolvere per poter progredire nella ricerca di Pierre. Ad essere diverso è il contesto, perché alle spesso comicamente insensate intricatezze di villa Spencer e del dipartimento di polizia di Raccoon City fanno da contraltare dei fossati di fango martellati da una pioggia di proiettili ed esplosivi. Ha tutto il senso del mondo che la chiave che apra le baracche dei soldati sia in possesso di un caporale nascosto chissà dove, così come è del tutto – tristemente – normale trovarsi bloccati da corridoi inaccessibili senza maschera antigas a causa degli attacchi col gas mostarda. Dove gli altri survival horror ricorrono al sovrannaturale Conscript si fa bastare la realtà storica della Grande Guerra, ed è proprio per questo che l’opera di Mochi funziona spaventosamente bene. 

È una lezione, un monumento alla follia e agli orrori di una guerra semplicemente assurda, quindi non ha bisogno di inventarsi nulla per far emergere il terrore di cui è intrisa la storia che racconta.

Le meccaniche da survival horror non sono state in alcun modo stravolte, è bastato applicarle alla realtà per dargli un nuovo senso. C’è stato un momento in particolare che mi ha gelato il sangue nelle vene: una nota trovata in una baracca suggeriva di provare ad usare l’anno di nascita del suo possessore per aprire un lucchetto a combinazione. Ho dovuto cercare i resti di quel soldato, e una volta trovata la sua medaglietta sono stato costretto a calcolare quanti anni avesse il possessore di quel corpo prima di venire dilaniato dai proiettili. Era poco più di un bambino, così come lo erano tutti i suoi commilitoni annegati nel loro stesso sangue. 

Ecco, Conscript è esattamente questo, un videogioco spietato che sfrutta i suoi enigmi per invitare a riflettere sul dramma che si è consumato a Verdun.

«You see, Colonel, troops are like children.
Just as a child wants his father to be firm, troops crave discipline.
And one way to maintain discipline is to shoot a man now and then
»

- Generale Broulard, Orizzonti di Gloria (S. Kubrick, 1957)

Dove altrove ci sono zombie, spettri o sette deviate, Conscript lascia che l’orrore nasca dall’incontro col nemico. Le stesse trincee che man mano che si procede diventano sempre più familiari vengono stravolte dall’invasione dei soldati tedeschi che ogni tanto riescono ad infiltrarsi dietro le linee francesi. La traversata dei corridoi si carica quindi d’ansia, perché ogni volta che si apre una porta non è possibile sapere chi ci sia dall’altra parte. Spesso si tratta di soldati nemici armati di pale, mazze o baionette a cui sfuggire correndo e rotolando nel fango, perché le munizioni sono poche ed è impossibile farsele bastare per uccidere chiunque si pari davanti ad Andre. Quelle minacce, però, sono esseri umani come noi, probabilmente anche loro sono ragazzini terrorizzati usati come pedine per combattere una guerra senza senso. Anche loro hanno paura, anche loro soffrono, anche loro hanno un fratello da salvare e una madre da cui tornare. 

Conscript riesce in una cosa che tantissimi altri survival horror non hanno nemmeno mai provato a fare: umanizza il nemico, lo mostra vulnerabile e sofferente, tormentato dagli stessi sintomi della sindrome di stress post traumatico che paralizzano i soldati francesi nascosti nelle baracche. Ci sono dei momenti in cui il gioco obbliga alla riflessione mettendo il giocastore di fronte a delle pesanti scelte morali, come quando sono incappato in un militare tedesco completamente impazzito di fronte al cadavere di un uomo che aveva probabilmente appena ucciso con le sue mani. Vederlo lì, piegato su sé stesso con la testa stretta fra le mani mentre urlava il suo orrore a pieni polmoni mi ha costretto ancora una volta a fare i conti con l’assurdità di quello che stava succedendo attorno ad Andre. 

La prima volta, spaventato, l’ho ucciso accoltellandolo alle spalle: dal suo cadavere ho estratto la foto di una donna. Forse la fidanzata, forse la madre, sicuramente qualcuno da cui quel poveretto senza nome sperava di tornare una volta finita la mattanza

Mi sono sentito un mostro.

In questo senso ho apprezzato moltissimo una meccanica nello specifico: quella dei topi. Ogni volta che si uccide un soldato nemico il suo corpo rimane sul posto a marcire, e dopo qualche tempo la sua carcassa viene circondata dai topi, che sono di gran lunga il nemico più pericoloso di tutto Conscript. Il loro morso non infligge solo un danno consistente alla barra della vita di Andre, ma in certi casi può anche infettare il protagonista e ridurre il numero suo massimo di HP. Senza contare che quei bastardi sono quasi impossibili da colpire. I topi sono una piaga, ma la loro è una piaga che ci si autoinfligge ogni volta che si decide di ammazzare qualcuno, una punizione per aver deciso di versare altro sangue sull’altare della guerra nonostante la fuga sia sempre la soluzione più semplice di fronte agli scontri di Conscript

Ho ripensato, sorridendo, a Hideo Kojima e alla bossfight di The Sorrow.

«Dev'essere tutto menzognero e inconsistente,
se migliaia d'anni di civiltà non sono nemmeno riusciti
a impedire che questi fiumi di sangue venissero versati»


- Eric Maria Remarque, Niente di nuovo sul fronte occidentale

Insomma, Conscript è un videogioco potentissimo, capace come pochi di raccontare l’orrore della realtà senza fare in modo che il suo aspetto ludico riesca a scavalcare la solennità del suo messaggio. 

Certo, come succede quasi sempre di fronte ad un survival horror ben confezionato è sempre piacevole vedere i pezzi incastrarsi man mano tra loro, ma Jordan Mochi è stato abile a fare in modo che questo non travalicasse il senso della sua creazione. Almeno per quanto riguarda il primo playthrough, s’intende, perché Conscript non ha solo un nutrito numero di finali alternativi ma anche tutta una serie di classiche sfide da survival horror che richiedono di affinare la tecnica per completare run a difficoltà sempre crescente e con limitazioni autoimposte che fanno leva sul suo essere pur sempre un videogioco. 

Cosa resta quindi? Un videogioco spietato, freddo e lucido sull’agonia di una battaglia terrificante, che si limita a mettere in scena la realtà per far emergere con forza convincente la sua vena orrorifica. Imperfetto, a volte tedioso nella sua ossessiva richiesta di continuo backtracking e forse anche un po’ troppo lungo, ma Conscript è un videogioco importantissimo per quello che rappresenta e per quello che cerca di comunicare. A me resteranno impresse le urla dei soldati, la disperazione delle trincee falcidiate dall’artiglieria, la spasmodica ricerca di sigarette da utilizzare come preziosa merce di scambio e la costante sensazione di essere una pedina costretta a compiere atti disumani pur di portare a casa la pelle. 

Il pensiero non può che andare verso tutti i ragazzini che sono stati strappati alla giovinezza per morire nelle trincee: in questo quello di Jordan Mochi è un successo incredibile, un monumento per la memoria collettiva di ciò che è stato e che non dovrebbe ripetersi mai più. Perdonate la banalità, ma la Storia cerca da sempre di insegnarci qualcosa e sta a noi cercare di imparare dai suoi racconti. Anche e soprattutto grazie a opere come questa.

Pubblicato il: 30/07/2024

Provato su: PC Windows

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10 commenti

Wow...I survivor horror sono da sempre il mio incubo, mi ha traumatizzato resident evil sulla ps1 e da lì mai più giocati. Questa recensione mi fa pensare che forse questo titolo possa essere il riscatto personale per questo genere.

Le tue recensioni sono gustosissime da leggere. Conscript must play nella mia lista non appena risolvo un altro paio di titoli

Sono contentissimo che il gioco non abbia elementi soprannaturali. Un gioco sulla Grande Guerra che racconta la Grande Guerra per quello che è stato. Considerando anche quanto la prima guerra mondiale sia poco sfruttata nei videogiochi, ma non solo, …Altro... Sono contentissimo che il gioco non abbia elementi soprannaturali. Un gioco sulla Grande Guerra che racconta la Grande Guerra per quello che è stato. Considerando anche quanto la prima guerra mondiale sia poco sfruttata nei videogiochi, ma non solo, Conscript è davvero un gioco importante e prezioso.

Noi che la guerra non l'abbiamo vissuta in prima persona probabilmente non potremo mai capire veramente com'è stato vivere durante quegli anni e molti, soprattutto tra i giovani, se ne dimenticano o non ci pensano nemmeno. A prescindere dalla qualit …Altro... Noi che la guerra non l'abbiamo vissuta in prima persona probabilmente non potremo mai capire veramente com'è stato vivere durante quegli anni e molti, soprattutto tra i giovani, se ne dimenticano o non ci pensano nemmeno. A prescindere dalla qualità del gioco per questo motivo rispetto molto la scelta degli sviluppatori di voler raccontare l'orrore della guerra e la spietatezza e l'orrore dell'essere umano. Progetti come questo vanno supportati.

E pensare che altrove sono stato costretto a leggere di continuo: "Non fa paura qua, non fa paura la". Meno male che esistono ancora critici veri, in grado di analizzare un'opera come merita.

Lo avevo messo in wishlist giorni fa grazie allo stile di rendering che mi ricordava un po' Holstin, dopo questa recensione tocca dargli seriamente una opportunità e dargli priorità rispetto ad altro

Io con gli horror mi caco, quindi non li gioco MAI. Ma questo, con tutti i presupposti che hai elencato, forse forse potrei anche provarlo. Grazie Sori!

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