EMIO

L'UOMO CHE SORRIDE

Prima di decidere di cambiare per sempre la storia di Nintendo dirigendo il primo capitolo di Metroid, Yoshio Sakamoto si fece affascinare da un videogioco per certi versi epocale ideato e sviluppato da sua maestà Yuji Horii. Non sto parlando di Dragon Quest, ma delle ingiustamente meno considerato The Portopia Serial Murder Case, padre putativo delle visual novel moderne e ispiratore delle interfacce testuali dei JRPG per console che mise un giovanissimo Horii sui radar del game development. Sakamoto, affascinato da quello strambo videogioco investigativo e dai classici del giallo all’italiana, si cimentò quindi nella scrittura di due videogiochi che all’epoca vennero pubblicati esclusivamente entro i confini giapponesi: Famicom Detective Club - The Missing Heir e Famicom Detective Club - The Girl Who Stands Behind. In patria furono accolti anche piuttosto bene all’epoca, ma qui da noi rimasero praticamente sconosciuti per decenni. Quando nel 2021 Nintendo pubblicò i remake per Switch di quella coppia di strani videogiochi narrativi rimasi abbastanza basito dalla decisione dell’azienda: seppur nel pieno di un lungo periodo di grandi recuperi e riedizioni non aveva alcun senso che la duologia venisse pubblicata e localizzata anche su un mercato che a momenti non li aveva nemmeno sentiti nominare.

Avanti veloce fino al 2024, anno in cui nel pieno dell’estate Nintendo pubblica un teaser un po’ creepy di un non meglio specificato progetto intitolato Emio (che io, lo ammetto senza vergogna, ero pronto a giurare che fosse l’annuncio di un nuovo Fatal Frame). Quel teaser così lontano dalla formula comunicativa classica di Nintendo, in realtà, celava l’annuncio di Emio - L’Uomo che Sorride, il terzo capitolo della serie Famicom Detective Club. Se qualche anno fa qualcuno mi avesse detto che avrei vissuto abbastanza a lungo da vedere il sequel di una serie di avventure investigative nate su Family Computer nel 1988 e poi sparite dai radar per decenni avrei risposto ridendo, eppure eccoci qui. 

Emio - L’Uomo che Sorride è un sequel diretto di The Missing Heir (The Girl Who Stands Behind era, a tutti gli effetti, un prequel) e ricalca perfettamente la formula dei capitoli precedenti: focus sulla narrativa, suddivisione in capitoli abbastanza brevi, investigazioni molto “light” e una trama attorcigliata su sé stessa che si sbroglia bruscamente negli ultimi minuti di gameplay per tenere il giocatore sull’attenti fino alla fine.

Questa volta il caso da investigare è quello della morte di uno studente delle medie trovato esanime a pochi passi da scuola. La causa del decesso è asfissia da strangolamento, sulla scena del crimine non c’è traccia dell’arma del delitto e, soprattutto, la testa della vittima viene ritrovata avvolta in un sacchetto di carta su cui è stata disegnata una faccia sorridente. Il protagonista (che ho rinominato come da tradizione Takeshi Kitano perché non ho fantasia quando si tratta di dare nomi ai personaggi nei videogiochi e quindi ripiego sui pochi riferimenti culturali che hanno avuto un impatto sulla mia esistenza) è un giovane detective chiamato ad aiutare la polizia nelle indagini, e ben presto si imbatte in una scia di omicidi seriali risalenti a diciott’anni prima del ritrovamento del cadavere. A venire uccise, all’epoca, furono tre giovani ragazze, che vennero ritrovate con la testa infilata in un sacchetto identico a quello rinvenuto sulla scena del crimine. Tutto questo succede mentre sullo sfondo cominciano a serpeggiare storie e racconti relativi alla leggenda metropolitana dell’uomo che sorride. Si racconta infatti di ragazze che, dopo essere scoppiate a piangere quando erano sole per strada, sono state avvicinate da un uomo con in testa un sacchetto di carta con sopra disegnato un sorriso che gli ha promesso di farle ridere per sempre. Secondo la leggenda, nel caso in cui la malcapitata non dovesse smettere di piangere, verrebbe istantaneamente uccisa dall’uomo che sorride, che però può essere allontanato solamente mostrandogli un sorriso sincero.

Famicom Detective Club ha da sempre una particolarità che trovo estremamente affascinante: Sakamoto rifiuta le grandi città preferendo infiltrarsi nella pancia del Giappone rurale. È una scelta sicuramente figlia dell’amore che l'autore ha sempre dichiarato di provare per il giallo all’italiana, ed è azzeccatissima proprio perché permette di evocare atmosfere decisamente più affascinanti e azzeccate in cui calare i suoi racconti. Gli omicidi di Famicom Detective Club non si ambientano all’ombra dello skytree di Tokyo ma nei placidi sobborghi delle periferie giapponesi, lì dove il rapporto tra la spiritualità tradizionale e la vita moderna si sovrappongono creando una commistione unica in cui tecnologia e folklore convivono. È esattamente in scenari come questi che la leggenda metropolitana dell’uomo che sorride può permettersi di proliferare, lì dove tutti si conoscono e dove un omicidio può sconvolgere per anni una comunità intera, e questo Sakamoto l’ha capito già nel 1988.

Emio - L’Uomo che Sorride tenta di riprendere il discorso dei suoi due predecessori, e a dirla tutta formalmente non commette errori di sorta. Anzi, questo terzo capitolo ha migliorato il già buonissimo lavoro fatto da MAGES sui due remake, impreziosendo l’opera con una nuova gestione dei fondali, che sono molto più vivi e in generale più “tridimensionali”, e con una UI decisamente più elegante e funzionale. La struttura del gameplay è pressoché invariata, e richiede ancora al giocatore di intraprendere discussioni con gli altri personaggi, esaminare ambienti e scene del delitto per poi arrivare a fine giornata mettendo assieme il resoconto sul caso assieme ai colleghi dell’agenzia investigativa. Sono spariti anche quei momenti di frustrazione del passato in cui ci si ritrovava incastrati in situazioni difficili da sbrogliare a causa di deduzioni illogiche da dover necessariamente costruire vagando a tentoni tra le varie finestre di dialogo. Insomma, si tratta a tutti gli effetti di un miglioramento anche piuttosto percepibile rispetto al passato.

Il problema, però, è che videogiochi come Emio hanno bisogno di essere sorretti da trame solide e da sceneggiature il più interessanti possibile per tenere il pubblico attaccato alla console fino alla fine e L’Uomo che Sorride, purtroppo, questo non ce l’ha. Anzi, a dire il vero la prima metà funziona anche abbastanza bene nel imbastire le fondamenta dell’indagine e nel costruire il fascino della figura dell’uomo che sorride. Il problema è che più ci si addentra nell’intreccio più la storia si indebolisce a causa di soluzioni narrative poco convincenti e di situazioni davvero stonate, come per esempio il momento in cui mi sono ritrovato senza volerlo incastrato in un'imbarazzante gara a chi è più geloso della stessa ragazza con un insegnante delle medie. Per quanto riguarda il finale eviterò spoiler di qualsiasi tipo e mi limiterò a dire che l’ho trovato davvero affrettato e sconclusionato.

È un gran peccato, perché sono realmente contento del fatto che Nintendo abbia deciso di investire su una serie minore come Famicom Detective Club a distanza di così tanti anni dalla sua nascita e sono contento di aver messo le mani su un’opera che Yoshio Sakamoto considera importante per la sua carriera. Solo che tutto questo, molto banalmente, non basta. Non basta perché ritagliarsi uno spazio nel campo delle visual novel e dei videogiochi narrativi in generale è diventato estremamente complicato – soprattutto se si pensa al nutritissimo catalogo di Nintendo Switch – e non ci si può permettere di abbandonarsi a una scrittura così banale e semplicistica.

Pubblicato il: 27/08/2024

Provato su: Nintendo Switch

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4 commenti

Volevo prenderlo più in là, ma, nonostante tutto, mi stai facendo vacillare, Sori. Posso soprassedere sulla sceneggiatura banalotta perché ho giocato praticamente tutto del genere visual. Resta un peccato, ma mi farò bastare la splendida atmosfer …Altro... Volevo prenderlo più in là, ma, nonostante tutto, mi stai facendo vacillare, Sori. Posso soprassedere sulla sceneggiatura banalotta perché ho giocato praticamente tutto del genere visual. Resta un peccato, ma mi farò bastare la splendida atmosfera rurale.

Mi sto gustando la demo con vero piacere.

Spiace un po' che la narrativa non riesca a fare centro, credo sia un difetto enorme in un'opera che basa tutto sulla qualità dei dialoghi e della sceneggiatura.
Peccato davvero, rimango però felice di …Altro...
Mi sto gustando la demo con vero piacere.

Spiace un po' che la narrativa non riesca a fare centro, credo sia un difetto enorme in un'opera che basa tutto sulla qualità dei dialoghi e della sceneggiatura.
Peccato davvero, rimango però felice di giochi come questo, soprattutto perché mi sto avvicinando al genere da relativamente poco e vorrei capirne un po' i limiti e i pregi.

-Non nascondo che mi piacerebbe un pezzo sulle visual novel da recuperare assolutamente, coff coff Tokimeki Memorial coff coff-

Se mai verrà scontato non me lo farò scappare.

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