NEVA

Il pallido ritorno di Nomada Studio

Nomada Studio è un team a cui voglio davvero tanto bene. Gris è stato un videogioco molto importante nella mia vita perché, al di lá del fatto che posso anche essere abbastanza d’accordo con le critiche per la distanza che esiste fra il suo messaggio e le meccaniche con cui viene raccontato, sono pochi i videogiochi ad aver trattato il lutto con quella sincerità. C’era qualcosa nell’avventura di quella ragazza a cui la perdita aveva strappato la voce che fu capace di rapirmi, riuscendo a parlare direttamente ad una parte intima di me, e riuscì a segnarmi nel profondo. Gris mi fece male, e se ancora oggi me lo ricordo con un certo trasporto è sicuramente merito di questa sua inaspettata capacità.

Ripensavo a tutto questo nel momento in cui ho avviato Neva per la prima volta. Ammetto che non sapevo assolutamente cosa aspettarmi, anche perché da dopo il reveal trailer mi sono tenuto alla larga dalla comunicazione ufficiale di Devolver: mi fidavo del publisher e mi fidavo del team di sviluppo, quindi mi sono fatto bastare quel poco che si capiva del concept per sostenere la mia attesa. La cosa più bella è stato il sentirsi come ci si sente quando si torna a casa dopo un lungo periodo di assenza. Ci sono i colori acquerellati degli sfondi, il caldo abbraccio delle note dei Berlinist e qualche piccolo accenno alle architetture escheriane di cui era costellato Gris. C’è anche di più, però, perché Neva si apre con una sezione narrativa molto toccante in cui dal cielo cominciano a piovere carcasse di uccellini spogliati della vita che una volta caduti a terra vengono come parassitati da dei fiori neri che ne consumano la carne, mentre una donna dai capelli bianchi e uno strano animale a metà tra il lupo e il cervo si fanno largo tra le insidie di un mondo la cui natura è stata corrotta. Neva è il nome del cucciolo che quella strana creatura affida in punto di morte alla protagonista, in quello che inizialmente si configura come un videogioco che parla di eredità, maternità e crescita. 

Il fatto è che quello che all’inizio sembrava un piacevole ritorno a casa si è lentamente trasformato in qualcosa di diverso e meno accogliente. Neva non è Gris, non ci va neanche lontanamente vicino, e per me è un po’ triste che sia così. È un gioco infinitamente meno ispirato, meno impattante e generalmente meno riuscito del suo predecessore, colpa del fatto che nonostante la stessa splendida direzione artistica Neva è un gioco con molte meno idee a supporto della sua struttura. In superficie si tratta sempre di un platform 2D narrativo, solo che al suo interno integra un combat system estremamente striminzito e una meccanica che permette di comunicare con Neva durante esplorazione e combattimenti.

L’impressione che ho avuto è che Nomada Studio abbia cercato di guardare a The Last Guardian per replicare in due dimensioni il rapporto tra il protagonista e Trico, ma il risultato finale è decisamente meno riuscito. Neva è una bestia molto meno selvaggia, e da un lato il fatto di doversi in qualche modo prendere cura di lei nelle fasi in cui è ancora cucciola va effettivamente a creare un legame, però si tratta di una dinamica mai realmente approfondita nella sua interezza. È un gioco a metà, che da un lato presenta un combat system superficiale e poco interessante mentre dall’altro non riesce a capitalizzare sull’idea di collaborazione con l’animale che dà il titolo all’opera.

Non basta nemmeno il lavoro fatto su una direzione artistica che riempie lo schermo di acquerelli e pennellate a tratti meravigliosi a risollevare il progetto: è chiaro che Nomada Studio abbia una sua cifra stilisitca ben definita, ma dopo Gris Neva sembra semplicemente… già visto. Senza contare che il monster design sembra fin troppo debitore delle idee di un certo Hayao Miyazaki che già vent’anni fa disegnava mostri molto simili a quelli che popolano i paesaggi naturali afflitti dalla corruzione di Neva.

Vi chiedo scusa se questa recensione dovesse risultarvi fin troppo funerea: Neva non è assolutamente un gioco insufficiente nel complesso e ha sicuramente degli elementi che potrebbero piacere a buona parte di voi. Io, però, non riesco ad accontentarmi: si poteva e si doveva fare di più se l’intenzione era quella di lasciare il segno (e soprattutto Devolver ha un bisogno spaventoso di lasciare il segno in questo periodo). I toni lirici della sua narrazione, i suoi sfondi pennellati e il costante tentativo di nascondere il proprio messaggio dietro a metafore tagliate con l’accetta sono fumo negli occhi volto a coprire una mancanza di idee e di evoluzione demoralizzante

Il fatto è questo: Gris riuscì a commuovermi e a smuovere in me emozioni preziose, Neva mi ha fatto sbadigliare per la maggior parte del tempo. Forse la colpa è sua che ha tentato di diventare un videogioco fatto e finito con tanto di combat system, forse è mia che mi sto inaridendo, forse è semplicemente arrivato nel momento sbagliato. Quel che resta, però, è un videogioco furbo, che cerca in tutti i modi di obbligare il giocatore a commuoversi a costo di spremergli il collirio negli occhi. che, a dirla tutta, è proprio una caduta di stile per uno studio che vorrebbe (e potrebbe) ergersi come uno dei punti di riferimento del videogioco d’arte, soprattutto agli occhi del mainstream.

Pubblicato il: 14/10/2024

Provato su: PlayStation 5

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3 commenti

un po' mi spezza questa recensione ma va bene così, il mio intento era provarlo con la mia ragazza che era rimasta innamorata della "lupetta" quindi lo comprerò lo stesso

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