SUPER MARIO PARTY JAMBOREE

La tradizionale caccia alle stelle funziona meglio, se aspetti vent’anni prima di rifarla.

Super Mario Party Jamboree è un panino al latte con prosciutto e maionese, di quelli che riempiono sempre un vassoio alle feste dei più piccoli. Non è cibo stellato, ma a meno di intolleranze e diete specifiche, è facile iniziare a buttarne giù in quantità, pensando che dopotutto non serva chissà quale ricetta gourmet per arrivare soddisfatti al giorno dopo. Poi a un certo punto devi smettere, perché la soddisfazione viene meno e la sazietà si raggiunge nella metà del tempo. 

Non mi mettevo attivamente di fronte a un gioco della serie di Mario Party da qualcosa come vent’anni, dagli anni del GameCube. La fine della relazione potrebbe essersi consumata con Mario Party 6, quello che utilizzava il microfono di cui ci ricordiamo in tre, incluso Yoot Saito che lo aveva modellato a mano per il suo Odama, il primo gioco per la console cubica a utilizzarlo. Non c’erano state urla, drammi, cuori infranti, accuse infamanti o meschine rimostranze: il rapporto con Mario Party si era semplicemente esaurito. La formula del gioco dell’oca digitale di Nintendo, ripetitiva per sua natura, non mi aveva mai preso particolarmente, se non in occasione di qualche ritrovo tra amici. In quei casi attraversare una partita da 30 turni rimanendo svegli era una parte strutturale dell’esperienza, anche più dei tragicomici minigiochi che dal 1998 costituiscono l’ossatura della serie.

SONO IN CALL

La modalità principale di Super Mario Party Jamboree, lo scontro a dadate sui tabelloni, supporta pienamente il gioco online. Come da manuale segreto di Nintendo, le opzioni per creare il proprio gruppo o per unirsi a uno già esistente, anche di perfetti sconosciuti, non sono moltissime. Anche online esiste la scelta tra le regole tradizionali e quelle per professionisti del safari alla stella (quelle che limano l’incidenza di eventi casuali) e tutte le partite sono organizzate sui 12 turni: 120 minuti circa di call bollentissima.

Super Mario Party Jamboree è stata l’occasione per capire se fosse successo qualcosa di interessante in questi due decenni. Non è successo, eppure ho passato dei piacevoli pomeriggi a insultare il personaggio computerizzato del caso, reo di aver di nuovo piegato le leggi delle probabilità a suo favore (e mettendo a referto un triplo lancio di dadi da record, che gli dèi lo abbiano in gloria). Nei miei anni di distacco dalla serie, ho visto passare sullo schermo i trailer di capitoli più sperimentali e Jamboree non è tra questi. ND Cube, il team di sviluppo, ha probabilmente imboccato la strada della tradizione forte di circa venti milioni di ottimi motivi, pari al numero di copie vendute da Super Mario Party, il gioco che riportava la serie sul solco degli episodi più classici. 

A fianco della vasca di panini prosciutto-maionese, ci sono comunque dei piacevoli piattini con patatine al sapore di pizza e salatini a cui si spera sempre che rimanga attaccato più sale di quello che alla fine ci trovi. Per essere una festicciola, Super Mario Party Jamboree è piacevolmente prevedibile. Le modalità di contorno sono più ricche di quanto avessi previsto, i tavoli da gioco di quella principale sono tanti e ben diversificati e la realizzazione tecnica è competente e gradevole. Insomma, questa cosa di tornare a rispondere “presente!” all’invito di Nintendo, non mi si è ritorta contro. Ho deciso di accoglierla anche perché, per la prima volta, mi sono trovato nella condizione di poter mettere alla prova un party game con un partner: mio figlio di sette anni. La quasi totalità delle partite a Mario Party Jamboree è stata organizzata tra noi due e due personaggi gestiti dalla malvagia intelligenza artificiale, tranne due sessioni in cui ho preso il coraggio a due mani e mi sono circondato di ben tre compagni (nessuno superava i 13 anni).

TABELLONE ELEGANTONE

Super Mario Party Jamboree mette in mostra una grande cura e un’eleganza per l’interfaccia, che accompagna quasi ogni fase del gioco (quasi). Il modello del personaggio di turno riempie una bella porzione di schermo, mentre ai piedi dello stesso è sempre disponibile la successione dei prossimi eventi, per non perdere mai il filo del discorso. Font, colori e forme sono scelti con gusto: bravi!

Il gioco vero e proprio, quello in cui ci si muove a turno su un tabellone dopo aver lanciato i dadi virtuali, è privo di grandi rallentamenti e non sono mai stato ghermito da una segreta voglia di strozzare un Tipo Timido, spinto da tempi morti insopportabili. Che è poi come ricordavo io un bel pezzo di Mario Party, fino a quell’inizio di secolo di cui si parlava (tenendo le mani giunte dietro la schiena e lo sguardo fisso verso i lavori in corso di Jamboree). Anche i minigiochi mi si sono presentati con una precisione nel sistema di controllo, una leggibilità delle situazioni e un equilibrio nei ruoli proposti ai vari giocatori, che francamente mi hanno sorpreso in positivo. Voglio comunque mettere le mani molto avanti e ammettere che forse era l’energia ruggente da ventenne che nel 2004 mi impediva di godermi quanto di buoni ci fosse già/ancora in quei Mario Party e che, venuta meno quella, ora posso apprezzare anche le piccole cose di un party game colorato e ben congegnato. D’altronde negli anni mi è pure venuta voglia di ascoltare la eurodance anni Novanta, che è ciò contro cui ho lottato per tutta l’adolescenza. Che Super Mario Party Jamboree sia nient’altro che la cartina tornasole del mio stato di invecchiamento? Può essere, ma torniamo a noi. Anzi a lui.

I sette tabelloni ne ritirano in mezzo anche un paio dal passato, tra cui Western Land con il suo altissimo tasso di gente investita sui binari. Quelli nuovi, che sono cinque e quindi la grande maggioranza, seguono regole simili, ma con sufficienti variazioni sul tema da rendere sensata un po’ di riflessione prima di scegliere dove andare a far rotolare i dadi. Nel Bosco di mega Torcibruco il titolare è stato assunto per diventare un pezzo semovente della tavola da gioco, mentre il Circuito Giradado premia chi riesce a chiudere più giri entro la fine dei turni a disposizione. Galleria arcobaleno, un centro commerciale su tre piani, e Isola Goomba sono destinate a chi ha già preso ampia confidenza con l’idea di gioco e tirano in ballo un gran numero di bivi, trappole e modificatori di percorso. Il Castello arcobaleno di Mario e il Covo di Bowser rappresentano gli antipodi per estetica e amicizia dimostrata, ma tornano utili anche per segnalare che chiedere di soddisfare determinate condizioni per sbloccare dei contenuti principali di gioco è maleducazione fatta e finita. E nessuno vuole dei maleducati alla propria festa. Non ci vuole chissà quanto a mettersi in tasca gli obiettivi richiesti per accedere a tutti i tabelloni, ma è un’interpretazione del rapporto tra gioco, giocatori e giocatrici che mi sembra davvero fuori tempo massimo.

FESTA MESTA

In un rigurgito sorprendente solo fino a un certo punto, Super Mario Party Jamboree torna a parlare la lingua del Wii con una manciata di prove che si affidano ai sensori di riconoscimento dei movimenti dentro ai Joy-Con. Quando c’è da cucinare le cose vanno benino, ma se ancora ricordate il video di presentazione del telecomando Wii, col tizio che affettava velocemente qualcosa, potrebbe salirvi una giusta mestizia. Le sfide basate sulla fisica, in cui attivare con i movimenti delle piattaforme mobili, sono invece una noia colossale. Infine c’è la scuola di volo della carne da cannone meglio nota come Koopa Paratroopa: qui c’è da agitare le braccia stringendo i Joy-Con, imitando il volo caracollante dei maestri. Sentirete delle lamentele, non preoccupatevi: sono i vostri deltoidi.

A farcire questi tabelloni, che al di là di quelle uscite maleducate sono tutti apprezzabili, ci sono le solite decine di minigiochi. Ho creduto per molto tempo che i minigiochi di Mario Party funzionassero volutamente in maniera un po’ dozzinale, una scelta di design pensata per acuire la confusione e le rimostranze tra amici. Forse era così e forse no, ma in Super Mario Party Jamboree funzionano tutti piuttosto bene e ci si diverte comunque, lo dico dall’alto delle mie esultanze in faccia ai bambini. Si gioca in quattro su una sola console, o in collegamento locale, ma anche online. Si possono personalizzare le regole di gioco e c’è anche il set di impostazioni per limitare al massimo gli interventi della buona/cattiva sorte (pavidi!). Nintendo dice che Super Mario Party Jamboree è il gioco della serie più grande di sempre e la sensazione è quella, al di là dei 110 minigiochi.

Un paragrafo se lo merita la meccanica che dà il suffisso al gioco: quelli che vengono definiti i “partner di Jamboree” sono semplicemente dei personaggi Nintendo pescati tra (una selezione di) quelli non prescelti per giocare attivamente e che compaiono, con una certa rarità, durante le partite. Chi riesce ad aggiudicarsi i loro favori, vincendoli a un minigioco apposito, si garantisce alcuni bonus che possono effettivamente incidere profondamente sull’esito finale. L’obiettivo ultimo di Mario Party rimane quello di raggiungere la casella del tabellone in cui poter comprare una stella e arrivare al termine avendone acchiappate più di tutti. Con un partner di Jamboree, tra le altre cose, se ne possono acquistare due alla volta. Il ritmo trattenuto con cui i partner appaiono sul tabellone aiuta a non massacrare tutti gli altri equilibri del gioco.

Quando poi si vuole tirare il fiato, in attesa che qualcuno riempia di nuovo il ciotolone coi pop-corn ammosciati e insipidi, si può comunque accedere a ogni minigioco singolarmente e anche farsi prendere dalla follia di cercare di staccare dei record degni e di caricarli sulle classifiche online. Quello che ho evitato di fare appena capito come buttava, è stato dedicare altro tempo a una soporifera modalità per singolo giocatore di cui davvero Super Mario Party Jamboree non ha bisogno. Tanto è placidamente affidabile il resto del gioco, così è trascinato e svogliato questo suo pezzetto (non per nulla relegato a un angolo secondario della mappa). Allora molto meglio dedicarsi a Squadra anti-Bowser, la modalità cooperativa pensata per il gioco in rete. Ci si può iscrivere anche rimanendo offline e facendosi accompagnare da un gruppo di compari mossi dalla CPU e non è niente male! Richiede coordinazione da parte di tutti i membri di un team da 8 e passa attraverso il correre per tre mappe nel tentativo di raccogliere sufficienti bombe per prendere a cannonate Bowser (anche se qui sostengono che sia un Finto Bowser, certo!). 

Super Mario Party Jamboree è affidabile senza dare la sensazione di essere stato messo assieme col pilota automatico. Dopo una lunga assenza dai suoi tabelloni, mi sono ritrovato di fronte a un gioco più rifinito e malleabile a seconda delle esigenze del gruppo di gioco. E poi si può usare Tantatalpa, il mio spirito guida fin da Mario Superstar Baseball.

Pubblicato il: 16/10/2024

Provato su: Nintendo Switch

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2 commenti

Amo l'ironia che mette Mattia nei suoi articoli, mi ritrovo a leggere recensioni di giochi che nemmeno mi interessano per farmi due risate a denti stretti

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