FEAR

THE

SPOTLIGHT

RECENSIONE

Ho perso il conto di tutte quelle volte in cui nella vita mi sono ritrovato a organizzare serate horror con gli amici. Una pizza, una birretta, qualche schifezza da sgranocchiare e una scarica di film horror a basso budget da iniettarsi nelle cornee sono state per anni uno dei miei passatempi preferiti in assoluto. Dev’essere stato così anche per Brian Singh e Crista Castro, fondatori e unici membri di Cozy Game Pals, che qualche tempo fa hanno annunciato al mondo di star lavorando ad un videogioco ispirato dal loro amore per il cinema horror degli anni ‘90. Il loro Fear The Spotlight è infatti il primo dei cinque progetti a cui Blumhouse, storico produttore e distributore di film dell’orrore, ha deciso di appoggiarsi per tentare di colonizzare anche il mercato del gaming, ed è un prodotto estremamente debitore di una certa estetica e di un certo modo di intendere la materia.

Fear The Spotlight racconta della scappatella notturna di Vivian e Amy, due liceali americane che si infiltrano di nascosto nella loro scuola per inscenare una seduta spiritica. Amy è infatti una patita del gotico e dell’ultraterreno, e Vivian sta cercando di fare colpo sull’amica organizzando una mostra di inquietanti oggetti sovrannaturali. L’obiettivo delle ragazze è uno soltanto: mettere le mani su una tavola ouija e giocare a mettersi in contatto con gli spiriti. Solo che il loro gioco finisce in tragedia, perché riescono effettivamente a contattare uno spirito rancoroso che rapisce Amy e catapulta vivian indietro nel tempo, più precisamente alla fine degli anni ‘90. La loro scuola, infatti, è stata solo recentemente ricostruita in seguito ad un devastante incendio divampato durante una recita teatrale che ha ucciso decine e decine di persone senza che la verità su ciò che accadde allora venisse mai resa pubblica.

Le strade di Vivian e Amy si intrecciano così con quelle delle vittime scomparse anzitempo a causa del rogo, e mentre vivian si affanna per salvare l’amica si ritrova suo malgrado a dover fare i conti con una matassa di bugie e depistaggi che hanno celato i fatti che hanno portato alla tragedia. È proprio quando Vivian si trova invischiata in questa storia infinitamente più grande di lei che incontra una creatura raccapricciante che sembra darle la caccia: si tratta del cadavere di un uomo che al posto della testa ha un faretto di quelli che si usano sui palchi dei teatri per illuminare la scena

Credo che il modo migliore per definire Fear The Spotlight sia “survival horror for dummies”. È un gioco che si diverte a travestirsi da prodotto di un’epoca ormai lontana fatta di modelli poligonali a bassa risoluzione, texture ballerine e aggressivi filtri CRT che simulano una versione estremamente idealizzata degli anni ‘90. Si tratta di un survival horror puro, di quelli che si incentrano interamente sull’esplorazione e sulla sopravvivenza e che sono del tutto privi di un sistema di combattimento con cui difendersi dalle oscure minacce che braccano la protagonista nei corridoi della Sunnyside. Il cuore dell’esperienza sta infatti nell’esplorazione delle varie aree della scuola e nella risoluzione di piccoli enigmi ambientali sparpagliati nelle varie aule e legati a doppio filo con la storia delle vittime dell’incendio. È uno di quei giochi che invita a crearsi chiare mappe mentali dei suoi ambienti per sapere esattamente dove scappare per nascondersi dai pericoli, estremamente debitore di un certo tipo di estetica. Mi riferisco in particolare a quella del primo Silent Hill per quanto riguarda la UI e i menù e a quella di Resident Evil per la sua direzione artistica e per il design degli enigmi, spesso “eccessivi” in relazione al contesto in cui sono inseriti.

Nonostante si tratti di un horror con poche pretese e assolutamente entry level non me la sento di squalificare la gestione degli enigmi di Fear The Spotlight: non sono mai particolarmente difficili o macchinosi, né tantomeno brillano per genialità, però devo ammettere che nelle fasi finali della breve storia mi sono goduto gli andirivieni tra le aule della scuola alla ricerca di oggetti da combinare tra loro per aprire porte e scoprire il passato oscuro della Sunnyside. Ho apprezzato decisamente meno gli incontri con lo spotlight, spesso e volentieri troppo semplici e quindi più noiosi che altro per essere realmente intrattenenti. Insomma, Fear the Spotlight è un videogioco con le idee abbastanza chiare su quello che vuole e, soprattutto, che può essere: è un tributo all’horror d’altri tempi che non cerca mai di strafare e porta a casa il punto con una certa scioltezza. È pur vero che negli ultimi anni abbiamo visto approdare sul mercato piccole perle retrò come Signalis e Crow Country che valgono infinitamente più del titolo di Cozy Game Pals, ma si tratta sicuramente di titoli con un’ambizione e un budget molto diversi.

Il vero valore di Fear the Spotlight sta nella sua accessibilità, nel fatto che si tratta di un videogioco semplicissimo nelle sue meccaniche e per questo molto indicato per fare da apripista per tutti quelli che non hanno mai avuto modo di avvicinarsi al genere. Si tratta di un’esperienza breve e concisa che non si perde in inutili lungaggini (una prima run si completa agilmente in meno di tre ore) e che offre un piccolo spiraglio su un modo di concepire il videogioco horror che potrà invecchiare all’infinito senza però mai perdere del tutto il suo fascino innato.  

Siete avvisati quindi: se siete veterani del genere in cerca di un titolo rivoluzionario allora Fear The Spotlight non è il gioco per voi. Se invece avete voglia di un’esperienza breve e concisa che rievochi i fasti dell’horror anni ‘90 potreste divertirvi quanto basta in sua compagnia per apprezzarlo il giusto.

Ciò che conta, però, è che Blumhouse ha deciso di partire da qui per infiltrarsi in un mercato settoriale (ma seguitissimo) come quello dei videogiochi horror. È un primo passo forse fin troppo timido (e il prezzo di 20 euro in questo sicuramente non aiuta), ma che non mi stupisce particolarmente: Fear The Spotlight è infatti molto vicino proprio ad un certo modo di intendere il cinema dell'orrore, quello fatto di storie adolescenziali o di ambientazione scolastica come Carrie, It o il recentissimo Talk To Me. Ecco quindi che tornano le horror night tra amici con cui ho aperto questa recensione, e non è un caso, perché Fear the Spotlight è un prodotto onesto e della durata perfetta per essere giocato in compagnia di qualche amico, magari con pizza e birretta di contorno. Chissà che con Halloween alle porte non si inneschi un minimo e non riesca a far breccia anche tra le maglie del pubblico più mainstream.

Pubblicato il: 21/10/2024

Provato su: PlayStation 5

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