MARIO & LUIGI

FRATERNAUTI ALLA CARICA

Forse c’è stato un fraintendimento tra noi e Nintendo, fatto scivolare lungo questi sette anni di Switch, anni puntellati da successi che hanno stravolto le vite dei loro azionisti, ma anche caratterizzati da quelle che sono sembrate delle occasioni perse. A questo riguardo credo abbia senso fermarsi un attimo a riflettere. Anche Mario & Luigi: Fraternauti alla Carica può essere inserito tra le chance che la generazione di Switch non ha sfruttato al meglio, ma è una valutazione che dipende almeno in parte dalle aspettative. Quelle che ci si è fatti sul gioco, ma anche l’idea che si ha della console di Nintendo più in generale.

La natura ibrida di Switch ha di fatto consegnato nelle sue mani una doppia eredità, fatta dell’esperienza che Nintendo ha accumulato in circa trent’anni di hardware da gioco da salotto e portatile. È stata annullata la distanza tra i due modi di intendere i videogiochi, con conseguenze non sempre immediatamente leggibili. Le serie che sono nate e hanno avuto successo sulle linee portatili delle console Nintendo avrebbero dovuto essere trasportate su Switch producendosi in un salto verso l’approccio e gli standard produttivi di quelle assaporate a casa? O la natura (anche) portatile, della console prima e delle stesse serie dopo, giustifica il fatto che continuano a esistere videogiochi di Nintendo che somigliano, per le ambizioni pacate, alle loro controparti del passato per Game Boy, Game Boy Advance, DS e 3DS?

Mario & Luigi, una serie di giochi di ruolo con elementi da platform game, si inserisce nella categoria di chi non ha mai goduto degli allori di un capitolo “da casa”. Purtroppo Fraternauti alla Carica non è l’attesa promozione in prima classe del franchise nato all’inizio del secolo e impostosi velocemente come una delle più fulminanti interpretazioni del genere nella storia di Nintendo. È invece un seguito più o meno diretto di quel gioco del 2001 e dei capitoli visti negli anni successivi. Non solo non ha potuto contare su un budget e team equiparabili per cifre, dimensioni e anche gloria a quelli dei progetti AAA sviluppati a Kyoto e dintorni, ma è anche colpevolmente derivativo nelle idee principali, oltre che pigro nel non volersi schiodare da alcune pessime abitudini di Nintendo.

Dopo un’attesa di quasi dieci anni, tanti ne sono passati dallo sperimentale Mario & Luigi: Paper Jam Bros (2015), e finalmente con a disposizione una console che ha dimostrato di poter ospitare progetti di un certo volume, Fraternauti alla Carica ha avuto l’occasione di imprimere (a martellate) un cambio di prospettiva alla serie. Anche in senso letterale: una telecamera più vicina all’azione avrebbe tratto il massimo da ambienti tecnicamente più ricchi ed esaltato lo stile grafico e le animazioni in stile cartoon. Non è successo e fin dalle prime ore Fraternauti alla Carica mette subito in chiaro che l’obiettivo non erano le stelle. La visuale rimane inchiodata in una posizione che riprende l’azione da una certa distanza, così da non arrischiarsi a trovarsi di fronte alla pochezza degli ambienti. Che per un bel tratto di avventura non appaiono semplici ed eleganti, ma poco ispirati e nient’affatto rifiniti.

A questo contribuisce anche una caratterizzazione ampiamente sotto la media di Nintendo: se il mondo di gioco e le sue premesse sono interessanti, i personaggi che lo abitano si rivelano esteticamente insulsi e ripetitivi. Ognuno è poi appiattito sul solito campionario di macchiette (l’impavido, il timido, il pauroso, il bruto, etc.). La loro mancanza di profondità riecheggia nel set di animazioni primitivo e in un concetto di interazione con il mondo che è per molti verso arcaico.

Il bagliore di un Rafanonno

Recuperare monete da dilapidare per acquistare nuovo equipaggiamento od oggetti da usare in battaglia, non è un grosso problema. Ci si ritrova spesso le tasche delle salopette piene di pezzoni da cento o da mille, come tassisti scafati nell’arte del nero. Uno dei modi per racimolarne un po’ di più, è estrarre dei rafani dal terreno. In una prodigiosa celebrazione del valore di lavorare la terra, tirare fuori questa variante della famiglia dei ravanelli (ehi!) produce immediatamente delle monete. Ogni tanto, però, capita di tirare fuori non un semplice rafano, ma un Rafanonno.I rafanonni appartengono a una famiglia di personaggi secondari tutto sommato inutile, ma è talmente insensata la sua presenza e sono così sconclusionate le perle di saggezza che elargiscono, che finiscono con il rappresentare una parte di ciò che manca a Fraternauti alla Carica: la voglia di osare e di essere meno prevedibili.

In Mario & Luigi: Fraternauti alla Carica ci sono dozzine di momenti in dissolvenza. Sono quelli in cui succedono cose che dobbiamo immaginare, perché gli sviluppatori del gioco non hanno voluto o potuto farcele vedere. Quasi tutto ciò che va oltre un set molto scarno di movimenti, che siano quelli dei due eroi o quelli dei comprimari e delle comparse, è solo suggerito. C’è da prendere un oggetto o aprire una porta? Dissolvenza o, in pochi casi, telecamera che si sposta e perde volutamente l’inquadratura. Sono trucchetti del mestiere che è difficile digerire arrivati a questo punto della maturità dei videogiochi e di fronte a quello che dovrebbe essere il nome di punta della stagione natalizia del leader del mercato.

Non è solo una questione di come si appare, ma anche di quello che si può fare. Nella prima parte del viaggio c’è una parte di tutorial in cui viene “insegnato” a raccogliere un oggetto e a passarselo da un fratello all’altro. La scrittura ironica e divertita, vera arma in più dell’originale Mario & Luigi del 2002, viene totalmente a mancare. Non solo non riesce a salvare un passaggio così didascalico, ma lo carica di una valenza che un meccanismo così trito non può avere.

L'Acuto Luigi

Da sempre presentato come un fifone, nella migliore delle ipotesi, o come un carciofo coi baffi, nella peggiore, Luigi si prende qualche rivincita in Fraternauti alla Carica. Tra i due fratelli è lui ad avere delle intuizioni che permettono di risolvere le situazioni. Quando succede, ed è determinato dal gioco, si deve premere L o scegliere la giusta voce del menu dei combattimenti, per sfruttare il raro momento di lucidità del fratello più lungo. Sono squarci di luce che tornano utili soprattutto in occasione delle battaglie con i boss (di per loro tra i passaggi più convincenti del gioco).

Durante tutte le parti di esplorazione di Mario & Luigi: Fraternauti alla Carica si assiste a un costante riproporre modelli e idee vecchi e stanchi, che possono funzionare solo se si è alle prime armi con la serie o con un videogioco d’azione di Nintendo. I meccanismi da attivare combinando i movimenti e gli attacchi dei due fratelli riescono con grande difficoltà a uscire dalle nebbie dell’anonimato e non aiuta il fatto che è stato automatizzato quasi per intero il movimento di Luigi. Questo vuole dire che non solo non è necessario premere con il giusto tempo il pulsante di salto del tizio in verde per fargli raggiungere una piattaforma, ma che nemmeno si può fare: il gioco non prevede che gli input dati dal giocatore sui salti di Luigi lo portino a spostarsi da una piattaforma all’altra (se ci si prova, si rimbalza contro dei muri invisibili). In questo mare di tranquillità soporifera e di neutralizzazione delle migliori trovate dell’originale Mario & Luigi, a ben figurare sono i movimenti di coppia attivabili con la levetta analogica di destra. Per un bel pezzo si usano poco e in situazioni molto circoscritte, ma quando verso la fine del gioco il level design si apre un po’, iniziano a dare maggiori soddisfazioni.

Sono le “mosse” che trasformano i due in una sorta di UFO-trottola (per coprire distanze maggiori rispetto ai salti) oppure in una palla che può infilarsi in alcuni tubi.

L’ultima variante sul tema è in effetti off topic, perché assegna a Mario e Luigi i poteri del fiore di fuoco e di quello di ghiaccio, coi due che si limitano a spostarsi in coppia tenendosi sottobraccio (per motivi mai esplicitati). 

Sono davvero tanti i limiti esposti da Mario & Luigi: Fraternauti alla Carica e altrettante le situazioni di confusione in cui finisce per cadere. Nell’hub di gioco principale c’è un gruppetto di signore pettegole e, origliando le crudeltà che si consegnano l’un l’altra (“pare che tizio abbia questo problema”), si attivano delle missioni secondarie. Ma le stesse missioni vengono sbloccate semplicemente procedendo nel gioco e così la schermata che riassume le possibilità a disposizione inizia a includere queste missioni anche senza aver ascoltato le lingue lunghe di paese. Si finisce con il non capire da dove siano spuntate fuori queste missioni e in base a quali pretesti narrativi (per inciso: le missioni secondarie sono sorprendenti quanto il resto del gioco). 

C’era un’idea, quella delle signore pettegole, ed è stata messa in piedi, ma poi viene travolta da un secondo livello di comunicazione con il giocatore… che finisce per confondere le acque, far apparire meno convinte le scelte di design già fatte e togliere forza al già cigolante universo narrativo dell’Isola Solcamari.

Ecco, l’Isola Solcamari è il centro nevralgico dell’avventura ed è una bellezza. Non tanto perché riesca a rivaleggiare con Super Mario Odyssey o The Legend of Zelda: Breath of the Wild per gli ambienti organici, intricati o semplicemente zuppi di segreti… ma perché almeno ha un’idea curiosa e una resa generale apprezzabile. È un’isola, ma ha un enorme albero che raccoglie il vento per farla spostare con l’imponenza di una nave da crociera. L’Isola Solcamari si arricchisce poco per volta di personaggi e situazioni, seguendo una trama che è tra le parti più apprezzabili di Fraternauti alla Carica e riguarda l’idea che nessuno debba essere… un’isola, e che dalla comunità tra le persone sgorghi ogni ricchezza.

Ma è un maiale?

Nella tradizione di Nintendo ci sono delle traduzioni e degli adattamenti in italiano di ottima fattura, capaci di elevarsi sopra alla media grazie a una creatività lessicale degna dei videogiochi a cui vengono dedicate. In Fraternauti alla Carica le cose sono andate meno bene del solito. La spalla, nonché linea comica (in teoria), è il salvadanaio/maialino volante, che nella nostra lingua è conosciuto come “Presus”, meh. Il suo modo di parlare tende a infilare degli “oink” qua e là, in un richiamo evidente a come viene trascritto il verso del maiale nei fumetti. Il risultato finale è una serie di termini che vengono allungati in maniera complicata e non troppo divertente: “Presto, andiamoink!”.

L’altro momento in cui il gioco mantiene un livello più che apprezzabile, è quando si passa ai combattimenti. Qui le cose continuano a muoversi come scandite dal grande libro delle regole dei GdR marieschi e cioè con una spruzzata di azioni contestuali alla situazione. Si premono pulsanti coi giusti tempi per ottenere i risultati migliori sia in fase di attacco, che di difesa. 

Studiare i metodi di attacco dei nemici, per poi riuscire a ribattere riducendo al minimo i danni, non è male. Alcuni avversari mettono in luce una piacevole creatività, altri si spingono troppo in là e rischiano di rendere inutilmente cervellotiche e confuse le battaglie (succede con alcuni classici sgherri di Bowser).

Anche il sistema di combattimento rischia di risentire velocemente di un’esagerata aderenza alla tradizione. Gli attacchi standard continuano a ruotare attorno ai salti e all’uso del martello, il che rende il tutto fin troppo ripetitivo dopo decine di ore di gioco e l’unica differenza tra Mario e Luigi sta nelle animazioni. Gli attacchi fratello, da eseguire in combinazione e che altrove sarebbero definiti “attacchi magici”, sono ben pensati e divertenti da impostare, con risultati spettacolari. Purtroppo si concentrano quasi esclusivamente sugli attacchi a gruppi di nemici, lasciando pochissime soluzioni nel caso ci si voglia concentrare su un unico avversario. Spiacevole anche l’impossibilità di colpire più di un fellone con un attacco standard, a meno che…

A meno che non ci si rivolga alle Spine, dei modificatori che espandono le possibilità di attacco e difesa, con una durata limitata a manciate di turni e che richiedono, poi, un tempo di ricarica. Le Spine sono la parte più riuscita di Mario & Luigi: Fraternauti alla Carica e scegliere quali e quante attivarne (e in che momento) benedice i combattimenti con una lubrificata che li rende immediatamente più scorrevoli e appassionanti. 

“Scorrevole” e “appassionante”, però, non sono termini a cui è facile associare il gioco di Nintendo in senso più generale. Tutta la fase di navigazione dei mari, con le rotte da scoprire, è riuscita e piacevole, ma sono troppe le ore perse a girovagare per isolotti pieni di nulla. L’esplorazione è ripetitiva e con poca personalità, la stessa che manca alla maggioranza degli elementi specifici di questo mondo (partendo dai suoi abitanti, con cui si interagisce per un bel pezzo). Si innesta una marcia più alta solo con l’arrivo di Bowser e dei nemici storici del Regno dei Funghi, che è un po’ come dire che il gioco rinnega se stesso e chiede di essere salvato a un manipolo di Piante Piranha e Goomba. Che poi, a loro volta, provano a gambizzare il ritmo di gioco con sequenze di battaglia di gruppo troppo simili tra di loro. 

Mario & Luigi: Fraternauti alla Carica ha una grande confusione in testa e non riesce mai a farsi chiarezza. Rimane un’avventura che si può tranquillamente affrontare, a patto di avere bene in mente cosa ci si troverà di fronte e senza pretendere quello che non può dare. Tra cui: una versione contemporanea, ben rifinita e raccontata con gusto di una formula che ha più di vent’anni.

Pubblicato il: 06/11/2024

Provato su: Nintendo Switch

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3 commenti

Praticamente il trionfo del "Lo dimo!"

Alla fine di questa recensione, da un gioco di cui in realtà mi aspettavo molto di più, non posso che dire “che spreco!” Confortandomi nel aver prenotato dragon quest 3-2hd anziché questo e rivolgendo nuovamente i miei natalizi risparmi a zeld …Altro... Alla fine di questa recensione, da un gioco di cui in realtà mi aspettavo molto di più, non posso che dire “che spreco!” Confortandomi nel aver prenotato dragon quest 3-2hd anziché questo e rivolgendo nuovamente i miei natalizi risparmi a zelda. Certo che se queste sono le ultime cartucce di switch, meglio le remaster

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