30 BIRDS
Musica, Maestra!
«Se Simurgh ti svelerà il suo volto, scoprirai
Che tutti gli uccelli, che siano trenta o quaranta o più,
non sono altro che ombre gettate da quel disvelamento.
Quale ombra è mai separata dal suo creatore?
Capisci?
L’ombra e il suo creatore sono una cosa sola,
Quindi vai oltre le apparenze e gettati nel mistero»
Da La conferenza degli uccelli di Fariduddin ‘Aṭṭār
«Alex, di cosa è fatto?» «Lana» «Quanti angoli ha?» «Quattro angoli» «Bravo!». I video di Alex sono una mia grande passione. Alex non è un bambino piccolo che sta imparando a parlare; era un pappagallo cenerino addestrato dalla professoressa Irene Pepperberg per trent’anni, fino alla morte prematura dell’uccello nel 2007. Alex conosceva più di cento parole: non vi è consenso tra psicologi ed etnologi sul fatto che comprendesse o meno ciò che diceva, ma secondo Pepperberg era capace di riflettere su di sé e porre domande esistenziali (celebre il suo «Di che colore sono?» quando si vide riflesso allo specchio).
Di uccelli, in 30 Birds, ce ne sono ben trenta. La protagonista Zig è umanoide, ma nella Città delle Lanterne creata dalla dea Simurgh – splendida ambientazione del gioco – umani e uccelli si interfacciano alla pari, e anche i volatili, proprio come Alex, sono dotati del dono della parola. Dal pavone organizzatore di mostre d’arte, passando per l’upupa pettegola e arrivando fino a un paio di piccioni innamorati dei soldi, 30 Birds è un invito gentile alla chiacchiera e al confronto con l’altro, e il tutto è inserito in un contesto artistico che strizza l’occhio all’arte persiana, ma anche alla musica ska, dub e reggae.
Più un calderone ribollente che un bicchiere di vino, quindi. Perché in questo calderone si trova davvero di tutto. Nello spazio di appena cinque ore – avrei voluto che fossero molte, molto di più – 30 Birds offre una infinita sfilza di enigmi e minigiochi. L’obiettivo? Quello di convincere trenta uccelli a lasciarci il loro numero di telefono (!). E allora ci troveremo a stregare i serpenti con un flauto, ma anche a usare un sintetizzatore a forma di rana, oppure a gestire un programma radiofonico in cui gli ascoltatori raccontano le loro pene d’amore al volatile che ne è il conduttore. Queste sfide si trovano muovendosi in tram o su un tappeto volante da una lanterna all’altra, e qui entra in gioco uno degli elementi più riusciti di 30 Birds.
Ogni lanterna ha più facce: arrivando a uno dei suoi lati, la protagonista Zig passa sull’altro in un momento di alternanza tra due e tre dimensioni. È difficile da spiegare, ma splendido da vedere, e soprattutto da vivere. Le lanterne rotanti che formano la Città delle Lanterne racchiudono negozi, università, boschi popolati da djinn dispettosi e, soprattutto, la chiave per risolvere il mistero che anima l’avventura. Si tratta della scomparsa della dea Simurgh, addormentatasi per cinquant’anni, di cui i cittadini attendono il risveglio. Peccato che un individuo conosciuto come Lo Scienziato decida di rapirla, facendola scomparire dal firmamento in cui dorme serena. Sta alla giornalista Zig mettersi in contatto con trenta uccelli: il nome di Simurgh, in lingua persiana, è omofono rispetto all’espressione “trenta uccelli”, e nel gioco questi sono necessari per chiamare a gran voce la dea e rintracciarne la posizione.
Gli sviluppatori di RAM RAM Games e Business Goose si sono ispirati a La Conferenza degli Uccelli, celebre poema persiano del XII secolo d.C. scritto da Fariduddin ‘Aṭṭār. Il titolo è tratto da un versetto del Corano, in cui si afferma che il Re Salomone e Davide avevano appreso il linguaggio degli uccelli. Esattamente come in 30 Birds, qui la leader degli uccelli alla ricerca di Simurgh è l’upupa, considerata la più saggia, e sì, a causa del gioco di parole di cui vi dicevo poc’anzi, si ritiene necessario raccogliere trenta volatili per poter trovare la leggendaria dea. Non vi svelo il finale del poema, che ha una morale straordinaria, collegata alla crescita personale e alla ricerca di sé.
30 Birds offre anche una opportunità di confronto con un’alterità, quella persiana, che è collegata a uno dei patrimoni artistici più ricchi e multiformi della storia umana. Non siamo abituati a vedere la regione dell’Iran in questa chiave, specie nel mondo dei videogiochi: più spesso, il Medio Oriente è rappresentato come una distesa povera e desertica, piena di terroristi da sterminare con un AK-47 in mano. Come scrivono Nick Dyer-Witheford e Greig de Peuter, il videogioco è sorto dalla stessa matrice di ricerca militare che ha generato il personale computer e la rete Internet, su macchine spesso progettate e usare per scopi militari, con tecnologie militari. E il videogioco è diventato, nel corso degli anni, un mezzo di trasmissione di narrazioni egemoniche attraverso la produzione culturale di massa (ciò che Matteo Lupetti definisce “popaganda”).
Il Medio Oriente è stato teatro del revisionismo storico sulla vicenda della Highway of Death in Call of Duty: Modern Warfare, nel 2019. In generale, la serie Call of Duty si avvale della consulenza di personale proveniente dall’esercito e dal dipartimento della difesa degli USA. Ecco che il videogioco diviene parte di narrazioni imperialiste che sono tutt’oggi centrali nei modelli di sfruttamento imperialista e capitalista.
È per questo che opere come 30 Birds vanno attenzionate e valorizzate: si muovono al di fuori di logiche e schemi di potere talmente tanto consolidati da passare praticamente inosservati. Non faccio una colpa a chi non si è mai trovato a riflettere sul valore e sulle origini di determinate rappresentazioni videoludiche. È possibile, però, volgere lo sguardo in direzioni diverse. E si può farlo con opere argute, intrattenenti e profonde come 30 Birds, che non passano inosservate: giocandolo nei miei viaggi in treno su Steam Deck in questi giorni, ho attirato la curiosità di tutti i miei vicini di posto, incantati dal caleidoscopio di colori presente su schermo. L’ispirazione iniziale arrivò a Coline Sauvand e Laurent Toulouse durante un viaggio a Istanbul: tornati a casa, crearono una piccola raccolta di disegni e di storie, anche grazie a una serie di libri di epoca medievale ottomana istoriati con splendide miniature.
La ricerca si espanse presto all’arte e alla cultura persiane, e da questo crocevia di culture nacque 30 Birds. Altrettanto ibride sono le musiche, un incrocio tra suggestioni iraniane (grazie a strumenti come il tombak, al setar e al santour) con le vibrazioni ska, dub e reggae. È un matrimonio nato in cielo, e di certo una delle migliori colonne sonore videoludiche dell’anno, insieme a quella – clamorosa – di Judero. E per trovare Simurgh bisognerà sollevare gli occhi proprio verso le stelle.
Pubblicato il: 08/12/2024
Provato su: PC Windows
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