1000xRESIST
A volte semplicemente non entri nello zaino
“All’inizio pensavo di non essere abbastanza forte per venire a protestare, ma poi ho concluso che tutti, non importa quanto piccoli, devono essere qui”
Tang, studente, 15 anni
“Faceva un caldo spaventoso, anche sotto l’ombra delle piante. Tutt’a un tratto però cominciò a soffiare un venticello fresco. Chissà: se non ci fosse stato, forse a quest’ora quell’uomo sarebbe ancora vivo”. Il racconto del bandito Tajōmaru (intepretato da un magnifico Toshirō Mifune) prende sostanza sensoriale sulla pellicola di Rashōmon, uno dei capolavori del cinema giapponese, vincitore del premio Oscar come Miglior film straniero nel 1952, con regia di Akira Kurosawa. Il soffio di vento scosta il lungo velo che copre il viso della bellissima moglie di un samurai: seguirà l’omicidio del guerriero (o forse si è trattato di un suicidio?), dopo l’abuso della donna da parte del bandito (o forse era consenziente?).
Nel brevissimo spazio di ottantotto minuti, Rashōmon propone le quattro versioni dell’accaduto: quella del fuorilegge, catturato e sottoposto a processo; quella della moglie in qualità di testimone; quella del samurai morto, evocato in una spaventosa seduta spiritica; e infine, quella del taglialegna, che però ha taciuto dinanzi al tribunale per evitare di essere coinvolto nella vicenda. Va da sé che i quattro racconti propongono ricostruzioni del tutto differenti tra loro. “Non c’è nessuno che dica la verità. Non abbiamo il coraggio di dire le cose neanche a noi stessi”, commenta un ladro a cui viene narrata la vicenda. “Ci ricordiamo solo di quello che ci fa comodo. E siamo pronti a credere anche al falso, quando ci fa comodo”, prosegue. Ma cosa accadrebbe al processo di Rashōmon se fosse possibile una “memoria totale”, un accesso diretto al mondo dei ricordi di un’altra persona, senza filtri, senza alcuna mediazione?
“Vogliamo restare a Hong Kong. Vogliamo che i nostri figli possano godere della libertà che abbiamo avuto noi, e che conoscano i diritti che spettano loro”
Ho, 40 anni
I temi della memoria, del tempo e dell’identità, uniti ai loro risvolti politici, sono centrali in uno dei videogiochi più importanti del 2024: 1000xRESIST. È stato pubblicato il 9 maggio, ma i miei impegni di lavoro in quel periodo non mi hanno permesso di recensirlo su FinalRound al momento dell’uscita. L’ho giocato e apprezzato durante l’estate, e l’ho vissuto una seconda volta durante queste vacanze di Natale. Se possibile, è stato ancora più potente nel secondo playthrough.
1000xRESIST è un’avventura narrativa di fantascienza che fa sua la filosofia del “game design per sottrazione” di Fumito Ueda e la applica in modo tale da azzerare ogni possibile dissonanza ludonarrativa. Sono passati più di mille anni da quando l’umanità si è quasi estinta a causa di una malattia mortale portata da una specie di giganti alieni, gli Occupanti. Unica persona immune è Iris, una adolescente che ricostruisce una società formata da suoi cloni: loro sono le Sorelle, lei è la ALLMOTHER, una entità considerata alla stregua di una divinità (nella storia di 1000xRESIST troviamo persino un peccato originale) dalle Sorelle contemporanee di Watcher, la clone di Iris di cui vestiamo i panni all’inizio dell’avventura.
Ogni Sorella ha un compito ben preciso: Principal è responsabile del coordinamento dell’Orchard, il bunker in cui le Sorelle vivono nel terrore costante di un attacco degli Occupanti; Bang Bang Fire ha il compito di difendere le Sorelle da una eventuale aggressione aliena, curando i sistemi di difesa dell’Orchard; Knower è deputata a immagazzinare le conoscenze e le testimonianze rimaste su ALLMOTHER, che da tempo vive separata dalle Sorelle; Healer supervisiona i processi di clonazione di nuove sorelle e le cura in caso di malattie; Fixer possiede conoscenze avanzate per riparare i macchinari dell’Orchard; infine, Watcher è incaricata di svolgere le Comunioni, ossia rivivere i ricordi di ALLMOTHER in prima persona, interpretandoli e “restituendoli” alle Sorelle.
“Non possiamo fare altro che marciare. Siamo felici di sapere che tanti Paesi hanno gli occhi puntati su Hong Kong. È una bella cosa”
To, 40 anni
La memoria è impiegata in 1000xRESIST come strumento eminentemente politico. Di più, come arma potenzialmente rivoluzionaria. Non è da subito chiaro il perché ALLMOTHER abbia voluto rendere accessibili i suoi ricordi alle Sorelle; nell’arco delle dieci ore necessarie a far sviluppare la complessa trama del gioco (tormentatissima, intrecciata, frammentata in una miriade di frammenti temporali solo apparentemente scollegati) si scoprono le ragioni dietro i gesti di Iris/ALLMOTHER, ma anche i profondi e intimi legami che il mondo fantascientifico di 1000xRESIST ha con la Terra dei giorni nostri.
In un intervento in occasione degli IVIPRO Days 2024, Remy Siu (Creative Director, Narrative Designer, Writer e VO Director di 1000xRESIST), alla sua prima esperienza nello sviluppo di videogiochi, ha raccontato che il prototipo di 1000xRESIST è nato all’inizio della pandemia da Covid-19. Compositore e artista performativo multimediale, Siu si è trovato impossibilitato a esprimere la propria arte con le modalità in presenza a cui era abituato. Per superare le barriere legate alla pandemia, ha fondato sunset visitor 斜陽過客, uno studio di sviluppo di videogiochi formato da quattro persone, con sede a Vancouver. Nella complessa identità di Remy Siu, una parte essenziale è ciò che lui ha definito “background derivante dalla diaspora”: originario di Hong Kong, vive ora a migliaia di chilometri dalla sua madrepatria. Non a caso, il collettivo artistico che ha co-fondato e di cui fa parte si chiama Hong Kong Exile.
“Siamo conciati così, completamente coperti di vestiti neri e con i guanti, non perché abbiamo un piano, ma perché vogliamo essere pronti in caso di qualsiasi possibile reazione da parte della polizia. Faremo in modo che gli altri abbiano tempo a sufficienza per scappare”
Matthew, 21 anni
Nella memoria genetica di Iris/ALLMOTHER sono inclusi i ricordi delle sue ascendenti di sesso femminile. Ed è qui che le proteste di Hong Kong del 2019-2020 – di cui in questo articolo potete leggere testimonianze di prima mano raccolte da Reuters – entrano in scena. I genitori di Iris erano fuggiti da Hong Kong in quanto oppositori politici che erano scesi in strada nelle manifestazioni con la più grande partecipazione popolare nella storia di Hong Kong: il timore era che la proposta di emendamento di una legge sull’estrazione dei latitanti verso alcuni Paesi, tra cui la Repubblica Popolare Cinese, avrebbe violato la sottile linea di demarcazione tra Hong Kong e la Cina continentale. Per intenderci, la celebre politica di “Un Paese, due sistemi” proposta dal capo comunista cinese Deng Xiaoping durante le trattative con il Regno Unito che fecero tornare Hong Kong sotto la sovranità cinese. I gas lacrimogeni, le percosse da parte della polizia, la sparizione di tanti oppositori politici: non è fantascienza. Sono eventi realmente accaduti.
Durante una delle loro conversazioni, il padre e la madre di Iris ricordano il momento in cui si sono conosciuti, proprio nel corso di una delle proteste di strada a Hong Kong. L’uomo aveva chiesto il numero di telefono di Clara – questo il nome della madre di ALLMOTHER – come contatto di emergenza, nel caso in cui gli fosse accaduto qualcosa per mano della polizia. “La tua memoria è troppo buona”, si lamenta il papà. “Quella storia non è poi così romantica”. Al che, Clara risponde: “Le storia non valgono nulla. La verità... Ricordare ciò che è accaduto per davvero... Questa è la cosa più importante”.
“I miei coetanei e io abbiamo assistito al massacro di Piazza Tienanmen. A quei tempi, non eravamo abbastanza forti per combattere per le nuove generazioni. Ecco perché ora ci troviamo qui. Voglio che Hong Kong abbia una democrazia più forte, più libertà e pace”
Roita, 60 anni
1000xRESIST è, come Kentucky Route Zero – la principale fonte d’ispirazione per Remy Siu in questa avventura videoludica – una catarsi di una serie di traumi collettivi. Se nell’opera di Cardboard Computer tutto ruotava intorno alla crisi finanziaria (ma anche materiale e spirituale) del 2008, nel videogioco di sunset visitor viene esplorato il dolore dei membri della diaspora di Hong Kong, ma anche il terrore di annichilimento legato alla pandemia. Soprattutto, si riflette sul potere deflagrante del ricordo e sugli effetti negativi del suo accumulo, sugli spettri del passato che popolano il nostro presente, sulla forza necessaria per pensare un futuro nuovo, diverso da ciò che è venuto prima.
1000xRESIST fa tutto questo con una sintesi e un’eleganza encomiabili, ancor più evidenti in un secondo playthrough. Che, di questi tempi di FOMO e di continue uscite, è stato per me un gesto rivoluzionario. Accantonando il timore di trovarmi impreparata in una conversazione sull’ultimo videogioco, l’ultima novità, l’ultima serie TV, l’ultimo libro, ho usato il mio tempo per rivivere l’avventura di Watcher. Mi sono sentita potente, in controllo della mia vita e dei miei desideri. Sì, volevo rigiocare 1000xRESIST e sì, volevo proporre questa recensione in ritardo clamoroso, a oltre sette mesi di distanza dall’uscita del gioco. Perché, a conti fatti, 1000xRESIST è con ogni probabilità il mio videogioco dell’anno, ed entra a pieno diritto nella lista dei miei videogiochi preferiti di ogni tempo; lo fa con la voce ferma e sommessa di Watcher, disposta a guardare, guardare, guardare ancora, ancora e ancora.
“Combatterò per la libertà fino alla mia morte, perché sono una hongkonghese”
June, 40 anni
Remy Siu ha riportato le accuse di alcuni giocatori che non ritengono 1000xRESIST un “vero” videogioco. Le sue parole mi hanno ricordato le abbondanti polemiche che seguirono l’uscita di What Remains of Edith Finch, bollato utilizzando in maniera dispregiativa l’etichetta di walking simulator. In 1000xRESIST, il tempo è brillantemente speso giostrandosi tra le linee temporali che contengono i ricordi di Iris/ALLMOTHER; esplorando l’Orchard e parlando con le Sorelle che lo abitano; cercando, nel frattempo, di dare un senso alle informazioni che riceviamo. Niente meccaniche-filler, perché, come afferma Siu, “la pratica multidisciplinare richiede sottrazione” e “le scoperte si fanno ai margini”, nelle intersezioni tra linguaggi e pratiche. E il videogioco di sunset visitor è proprio questo: sintesi e sottrazione per arrivare all’essenza, navigando in un oceano di ricordi per giungere alla consapevolezza che non tutto può, o deve, entrare nello zaino della nostra memoria.
Pubblicato il: 30/12/2024
Provato su: PC Windows
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