LOK DIGITAL

Il potere della parola

Spesso le novità si nascondono in bella vista dentro spazi già ben noti. Che, però, hanno ancora molto da dire e da dare. Pensate ai cruciverba – tanto amati dalle nonne italiane, e non solo – della Settimana Enigmistica: distese bianche e nere divise in griglie, composte da caselle da riempire con lettere e altre da lasciar stare (quelle nere, naturalmente). Un divertimento sotto l’ombrellone, certo, ma anche un modo per mantenere il cervello attivo e in forma. In gran parte, facendo leva su conoscenze già possedute: chi ha condotto il Festival di Sanremo nel 1995? Chi è il chimico torinese noto per una celebre legge sui gas? 

I cruciverba sono un’invenzione piuttosto recente, anche se più o meno da sempre l’essere umano gioca con le parole. Il primo cruciverba venne pubblicato il 21 dicembre 1913 su Fun, il supplemento domenicale del quotidiano The New York World: gli sforzi dei quotidiani tesi a fidelizzare i lettori grazie al gioco sono quindi piuttosto risalenti nel tempo, e oggi sono proseguiti da grandi entità, come The New York Times, che nel 2022 ha acquistato per una cifra (pare) astronomica il fenomeno ludico Wordle. E sì, Wordle è un altro gioco basato sulle parole, come i cruciverba; e dei cruciverba condivide la semplice, semplicissima struttura a griglia. Ordinata, precisa, geometrica. Cardo e decumano che si incrociano ad angolo retto nelle nostre menti.

Durante l’ultimo Day of the Devs – The Game Awards Edition, lo shadowdrop di un videogioco che attendevo da tempo ha attirato immediatamente la mia attenzione. Si trattava di LOK Digital, traslazione videoludica di un puzzle book di cui ho fruito in PDF tramite il sito dell’autore Blaž Urban Gracar. Artista sloveno attivo in numerosi ambiti creativi (è musicista, scrittore, regista, game designer e graphic designer), con LOK Gracar ha creato un piccolo mondo perfetto, in cui la parola è atto performativo che può cambiare l’universo, o quantomeno scatenare nei giocatori una piccola, grande ossessione che occupa la mente anche quando LOK Digital dorme nelle scatole tecnologiche capaci di attivarlo

Perché sì, i puzzle di LOK guadagnano tantissimo approdando nel digitale: fruirne su Steam Deck, poi, è una vera e propria gioia. E ne guadagna anche il linguaggio immaginario parlato dalle creature LOK, gli esserini che popolano le griglie bianche del gioco di Gracar. Compito del giocatore è dar loro una mano a prosperare: questi simpatici vermicelli non possono vivere sui quadratini bianchi, ma soltanto su quelli neri. Risolvere i puzzle di LOK Digital porterà quindi questa civiltà a espandersi e a creare nuove parole. Il risultato – ovvio – è quello di complicare sempre di più questi puzzle che a prima vista somigliano ai cruciverba, ma che dei cruciverba prendono solo lo spazio vitale, quelle griglie che qui si trasformano in qualcosa di nuovo, diverso e originale. Perché in LOK Digital non dobbiamo sapere che il Festival di Sanremo nel 1995 è stato condotto da Pippo Baudo, o che il chimico torinese noto per una celebre legge sui gas si chiamava Amedeo Avogadro: per giocare a LOK è sufficiente possedere una buona capacità di ragionamento, una più che discreta tenacia e, naturalmente, prestare attenzione alle parole dei LOK, man mano che vengono create da questa curiosa civiltà.

Ma come si gioca a LOK? Prendiamo alcune parole proposte nelle primissime fasi di gioco. La prima parola – come è facile immaginare – è proprio LOK, ossia il nome che i vermicelli si danno. Ricordiamo: lo scopo del gioco è annerire tutte le caselle, che a inizio di ogni livello saranno bianche, in modo tale da permettere ai LOK di prosperare. Ora, selezionando le lettere che compongono la parola LOK (L-O-K), in successione e su una medesima linea, queste andranno ad annerirsi. Ed è qui che entra in gioco il potere performativo del lemma, che è quello di poter annerire una casella bianca e vuota, ossia non occupata da alcuna lettera. I primi livelli sono decisamente lineari, e raggiungere l’obiettivo di trasformare tutti gli spazi da bianchi a neri è piuttosto semplice. Le cose si complicano con la comparsa di una seconda parola e con la scoperta di alcuni funzionamenti particolari dell’annerimento delle caselle. 

Per fare un esempio: per formare correttamente una parola, le lettere devono essere consecutive, da destra a sinistra, da sinistra a destra, o anche verso l’alto o verso il basso. Certo, ma questa consecutività può essere ottenuta anche annerendo una casella bianca che sta tra le lettere interessate. Esempio: se sulla griglia troviamo sulla stessa linea le lettere L e O, poi una casella bianca, e infine la K, potremmo sfruttare una parola LOK collocata bell’e pronta su un’altra linea per annerire la casella bianca di cui sopra e così andare a formare un’altra parola LOK. Stesso discorso se troviamo su una stessa linea le lettere L, O, T e K: annerendo la T sarà come se questa non fosse mai esistita, ed ecco che potremo sbloccare il lemma LOK.

Arriviamo alla seconda parola: TLAK. TLAK, in un certo senso, raddoppia il potere di LOK. In parole povere, quando si riesce a utilizzarla possiamo annerire non una, ma due caselle bianche adiacenti. Con l’arrivo di TLAK, gli spazi vitali dei LOK iniziano a espandersi: le griglie si fanno da piccoline sempre più grandi e complesse, e non c’è da vergognarsi se ogni tanto ci si avvale dei due sistemi di aiuto (uno mostra le parole da utilizzare nel livello, l’altro la loro sequenza, non necessariamente nella sua interezza, bensì a seconda di quanto il giocatore desidera). Ma il punto di svolta è la terza parola, e qui mi fermerò per evitare di svelare troppo: TA ha un potere a dir poco deflagrante. Combinando queste due semplici lettere, si possono annerire tutte le caselle bianche del livello, o tutte quelle contenenti una medesima lettera. Come tutte le parole di LOK, va usata con saggezza e misura, al momento giusto

Mi verrebbe da dire: come tutte le parole. Nell’era dell’opinione veloce a tutti i costi e dello sfogo continuo sui social media, LOK Digital è un invito alla valutazione attenta e sì, anche alla lentezza. Mentre giocavo LOK – sia nella sua versione libresca, sia in quella videoludica – apprezzavo il potere di quei segni che chiamiamo parole, la flessibilità del linguaggio a seconda delle esigenze dei parlanti. O la sua rigidità, la sua pianificazione: la lingua è stato uno degli strumenti essenziali per l’ascesa e la consolidazione di tanti regimi totalitari. Lo sapeva bene Paul Joseph Goebbels, che prima di diventare ministro della Propaganda del Terzo Reich fu giornalista. Goebbels le parole non le cambiò; non era appassionato di neologismi. A vederlo in foto – un ometto piccolino, ma con uno sguardo spaventoso – non si direbbe una persona capace di creare qualcosa. E infatti Goebbels amava piegare le parole. Ecco, quindi, l’abbondante uso nei suoi discorsi di “Parasiten” (“parassiti”), “Kampf” (“battaglia”), “Blut” (“sangue”), ma soprattutto “Krisen” (“crisi”), tutti vocaboli preesistenti nella sua lingua madre, per convincere i tedeschi del bisogno di un “uomo forte”, capace di condurli con mano sicura. Sappiamo tutti com’è andata. Giocare a LOK Digital è un’esperienza gioiosa e sfidante; è una partita a scacchi con sé stessi. Potrebbe sembrare strano, allora, che mi sia venuto da pensare a uno degli uomini più tremendi del Novecento. Ma i nostri strumenti – la lingua, il computer, l’energia atomica – possono essere utilizzati per una grande varietà di fini. A volte, per compiere il puro male. Per questo è importante conoscerli a fondo. E anche per questo amo passare del tempo in compagnia di LOK Digital, scoprendo e riscoprendo la bellezza, e la potenza, della parola, lo strumento che più amo al mondo.

Pubblicato il: 13/01/2025

Provato su: PC Windows

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