Tutta la storia di ogni Donkey Kong Country gira attorno a una parola: sviluppo. Sì, immagino vi fosse venuto in mente “banana” o anche “grammofono”, ma invece no, è “sviluppo”. Quando Donkey Kong Country Returns venne annunciato, nel 2010, la parte più sorprendente fu quella in cui si specificava che al controllo del progetto ci fosse Retro Studios. Sarebbe stato lo studio di sviluppo di Metroid Prime, stanziato ad Austin (Texas, Stati Uniti), a occuparsi di riportare sulla scena Donkey Kong. Non una qualsiasi interpretazione del primo personaggio creato ex novo da Shigeru Miyamoto, ma quella elaborata per il grande rilancio del 1994: Donkey Kong Country.
Che ad aprire le schermate introduttive di Donkey Kong Country Returns potesse esserci il logo di Retro Studios, era un’ipotesi che nessuno aveva ventilato. Metroid Prime 3 Corruption aveva a quel punto tre anni sulle spalle ed era già stato chiarito come la squadra responsabile dell’eccellente trilogia in 3D di Samus Aran volesse cambiare aria. Il risultato parlò a favore della scelta, perché Donkey Kong Country Returns si rivelò essere un gioco di piattaforme anche migliore di quelli degli anni Novanta a cui si ispirava. E pure questa, se vogliamo, fu una bella sorpresa.
Quanti avrebbero scommesso che Retro Studios aveva le competenze per venirsene fuori con un gioco simile? C’è un episodio delle interviste della serie “Iwata asks” dedicato al gioco ed è costellato di informazioni utili e interessanti. Leggendola si capisce che in Retro Studios erano appassionati della serie originale per il Super NES, che le indicazioni della squadra di supporto di Nintendo dal Giappone furono di aiuto e che fino all’ultimo nulla lasciava intendere che il gioco finale sarebbe stato così convincente.
E questo ritorno su Switch di quel ritorno su Wii, invece, a chi lo si deve? A Forever Entertainment, studio che da tempo si applica principalmente nell’arte operaia dei remake e delle rimasterizzazioni. Ho scritto “operaia” perché appare evidente che Forever Entertainment punti alla rigorosa riproposizione dell’esperienza originale, piuttosto che alla rielaborazione del materiale. Probabilmente è anche per questo che Nintendo, nel 2021, ha deciso di investire nella software house che ha sede in Polonia. Al tempo si disse che Forever Entertainment si sarebbe occupata di un certo numero di giochi di Nintendo per Switch, ma è Donkey Kong Country Returns HD l’apripista e viene da pensare che potrebbe rimanere l’unico (la next-gen è alle porte, vero?).
Forever Entertainment si vanta di essere “uno dei maggiori editori di videogiochi per Switch al mondo” (dal sito ufficiale dell’etichetta). Se non ne avete mai sentito parlare in precedenza, non è colpa di distrazioni di massa. Tra i giochi messi in vetrina sul profilo di Instagram dello studio ci sono Care Bears to the Rescue, uno sparatutto 2D basato sugli Orsetti del cuore, poi Night Slashers Remake, la dozzinale riproposizione di un semisconosciuto picchiaduro a scorrimento del 1992 di Data East e Unables, un inedito puzzle game basato sulla fisica che non pare aver lasciato il segno. C’è anche Front Mission 1st Remake, realizzato su commissione per Square Enix, lì le cose sono andate un po’ meglio.
Donkey Kong Country Returns HD è un lavoro ben fatto. Non ci sono evidenti scivoloni e il gioco finisce per essere quello che a Nintendo interessa che sia: una conversione (quasi) uno-a-uno di un gioco di quindici anni fa, su cui l’intervento più significativo riguarda la risoluzione più alta dell’immagine. Non era andata molto diversamente quando a venir trasportata da una generazione a quella successiva era stato Donkey Kong Country Returns: Tropical Freeze. Anche in quel caso Nintendo aveva commissionato non una versione arricchita del gioco per Wii U, ma semplicemente una che fosse adeguata agli standard di Switch. La differenza stava nel materiale di partenza: Tropical Freeze aveva debuttato nell’epoca dell’alta definizione di Nintendo e il passaggio a Switch era sembrato giustificato dall’impressionante buco nell’acqua di Wii U. Insomma, era sembrato giusto dare a Tropical Freeze una seconda possibilità, come d’altronde era stato fatto (e sarebbe stato fatto poi) con la quasi totalità della produzione di Nintendo per Wii U.
Donkey Kong Country Returns nasce invece su Wii, dove in tanti lo hanno giocato. Questa uscita serve, come detto, a farlo risplendere grazie a una pulizia dell’immagine su cui Wii non poteva contare, ma il livello di dettaglio è rimasto apparentemente quello del gioco originale. E attorno non c’è nient’altro. È una filosofia a cui Nintendo resta fedele negli anni, quella per cui edizioni rimasterizzate o remake si guardino bene dall’andare a pescare dagli archivi della fase di sviluppo. Gli extra che vengono proposti con poca voglia da un’interfaccia utente che era già datata tre lustri fa, sono gli stessi del 2010. Una manciata di illustrazioni e tutti a casa.
Tra gli innesti che si trovano in questa riproposizione per Switch e che non c’erano su Wii, spazio anche a quanto già visto e apprezzato su Nintendo 3DS, che a sua volta ospitò una conversione del gioco. In quell’occasione Monster Games, il team di sviluppo che se ne occupò, non si limitò ad aggiungere la modalità che smussa il livello di difficoltà, la stessa che si ritrova oggi su Switch, ma anche una manciata di livelli extra. Si tratta di un mondo aggiuntivo che viene posizionato al termine del gioco vero e proprio e che, per fortuna, non continua la scalata verso l’alto del livello di sfida. Essendo, di fatto, degli stage che occupano il posto che sarebbe dei bis in un concerto, c’è un po’ di tutto e non si viene presi a bananate sui denti appena entrati.
Quei livelli, come tutti gli altri (e come il resto del gioco), funzionano bene. Perché Donkey Kong Returns HD è affidabile nel sistema di controllo e nella reattività, una volta prese le misure con la pesantezza e la brutalità dei movimenti di DK. Se poi si vuole proprio vivere l’esperienza originale, quella disponibile nel 2010 su Wii, è comunque possibile selezionarla all’inizio della propria partita. È brutale, a tratti punitiva, comunque quasi sempre corretta con chi gioca. Volendo si può cercare un po’ di sollievo nel gioco in cooperativa, con il secondo partecipante che prende il controllo di Diddy Kong e può contare sulla sua ormai classica pistola a noccioline. L’attenzione, e cioè il movimento della telecamera, rimane ancorata al primate più ingombrante dei due, ma una volta messo in conto questo, ci si può divertire.
Come la trilogia su Super NES, Donkey Kong Country Returns (pure HD) è un platform game che dà un’interpretazione molto tradizionale della materia. Retro Studios ebbe le capacità per farla brillare grazie alla luce di un level design di ottimo livello. Tutto questo è ancora qui, quando a far battere le zampone di DK sul terreno sono i comandi impartiti con i Joy-Con. Battere le zampe può anche essere la conseguenza più ovvia dell’eccellente colonna sonora firmata da un team capeggato da Kenji Yamamoto. Non c’è David Wise, autore di quella indimenticabile degli anni Novanta, ma il livello è comunque bello alto (e non mancano le citazioni e i temi ripresi proprio dal lavoro di Wise).
Torniamo allo sviluppo, però, perché anche per l’originale a 16 bit fu un pezzo essenziale di questa storia: segnò la consacrazione definitiva dell’inglese Rare nel campionato dei grandissimi (se mi citate Battletoads me ne vado), fece da apripista ad anni di grandi risultati al fianco di Nintendo e tirò fuori dalla naftalina Donkey Kong e la sua cricca. Secondo qualcuno, che adduce motivi convincenti, Donkey Kong Country fu anche il gioco che consegnò la battaglia delle console a 16 bit a Nintendo e al suo Super NES. Con Sega già impegnata nel complicato gioco di equilibri di tenere i piedi in otto scarpe (Mega Drive, Saturn, 32 X) e l’attenzione posta sui sistemi a 32 bit, fu il gioco di Rare a sbancare per un paio di natali e a imprimere un’ultima, decisiva accelerata nelle vendite del successore del NES.
Donkey Kong Country Returns si diverte a riempire i suoi livelli di sfide segrete. Chiede una grande attenzione e sussurra maliziosamente alle orecchie dei malcapitati: “non hai trovato tutti i pezzi di puzzle nemmeno questa volta?”. Se non ci si fa prendere da una crisi nervosa, c’è sufficiente materia prima su cui affondare le zanne per un po’ di giorni (o di settimane). La modalità per due giocatori, al controllo di Donkey Kong e di Diddy Kong, espande le possibilità di gioco e di gomitate sul muso a chi ti sta di fianco e ti ha fatto perdere la “G” che ti mancava per completare “KONG” a fine stage. Insomma, va tutto bene e pure sotto il profilo della fluidità non c’è nulla di cui lamentarsi. Però Donkey Kong Country Returns, l’originale, era già di suo un gioco reazionario: il tentativo, riuscito, non di far sviluppare l’idea di videogioco di Donkey Kong (o di piattaforme), ma di riproporre una formula di successo.
Dopo i tre Donkey Kong Country sul Super NES, Rare puntò alla luna con Donkey Kong 64 per Nintendo 64, che venne addirittura venduto con in allegato l’espansione di memoria per aiutare la console a muovere il tutto. Diventò uno dei videogiochi più attesi del suo anno, il 1999, e la sensazione era che gli inglesi avrebbero messo a frutto l’esperienza di Banjo-Kazooie (1998) per creare il primo gioco di piattaforme 3D ad alto tasso di peli e potassio. Il risultato non fu eclatante come si era sperato. Forse anche per quello Donkey Kong Country Returns ritornò a praticare l’arte del videogioco con meccaniche puramente 2D.
Come detto, su Switch ci siamo già rifatti Donkey Kong Country Returns: Tropical Freeze e aggiungere ora questo episodio può risultato un po’ inutile. Come minimo apparirà ridondante a chi ha già frequentato e rifrequentato Tropical Freeze. A proposito di quest’ultimo: quando venne svelato che Retro Studios si sarebbe nuovamente occupata di sviluppare un gioco di Donkey Kong in 2D, piuttosto che mettersi alla prova con qualcosa di più ambizioso, ci furono nasi storti e sbuffi (io mi produssi in entrambi). Rivisto oggi su Switch, però, Tropical Freeze appare chiaramente un gioco più completo rispetto al primo Returns. E questo è un problema di cui tenere conto, se si ha intenzione di acquistare Returns HD.
Pubblicato il: 14/01/2025
Provato su: Nintendo Switch
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