WHILE WAITING
Il tempo dell’attesa
Nelle mie letture erratiche, qualche mese fa sono inciampata in L’arte dell’attesa, della giornalista tedesca Andrea Köhler, pubblicato in Italia da add editore nel 2022. Da persona che attende una serie di eventi importanti, che richiedono tanto, ma tanto tempo per succedere – con un considerevole margine d’incertezza, che poi è proprio di un po’ tutte le cose della vita – mi sono lasciata stregare da una lettura tutto sommato breve per i miei standard di accanita lettrice, ma molto densa dal punto di vista dei contenuti.
Oltretutto, devo confessare di essere una persona che fa una grande fatica ad aspettare. O meglio: faccio una grande fatica ad aspettare tenendo le mani in mano. Non c’è angolo delle mie giornate che resti vuoto. Nella mia capillare manutenzione delle ventiquattr’ore che abbiamo a disposizione, presto un’attenzione maniacale al gesto del riempire il tempo. Quando un giorno non ci sarò più, credo che rimpiangerò amaramente i libri che non ho letto, i videogiochi che non ho giocato, i film che non ho visto, le volte in cui non sono andata a ballare con gli amici. Cerco di fare in modo che questi rimpianti futuri possano essere ridotti il più possibile. Eppure, a volte non resta che aspettare: il prossimo autunno con i suoi bei funghi non arriverà prima, qualsiasi cosa io faccia. “L’isola di riposo più misteriosa della nostra vita è senza dubbio il sonno, che per tutta la notte ci consente di esercitarci in quell’attesa dalla quale, prima o poi, non ci sveglieremo più”, scrive Köhler. Centoventisei pagine così. Intensissime.
Per questi motivi, l’idea di “un’avventura trasformativa che esplora l’arte dell’attesa” – così è descritta dai suoi sviluppatori sulla pagina Steam del gioco – mi intrigava non poco. E così, dopo il trailer di annuncio più o meno un annetto fa, mi sono messa ad aspettare. Ora all’attesa si sono sostituite le riflessioni: poco fa ho concluso While Waiting, dopo circa quattro ore di gioco. È un videogioco che fa quel che promette, va detto. Si aspetta in diverse situazioni (cento, per la precisione) nell’arco di un’esistenza umana, quella di un tizio imbronciato quanto e più di Donald Trump, e per giunta con la stessa ridicola pettinatura a leccata di vacca. Sì, diciamo che tra me e lui non c’è stata simpatia istantanea, per usare un eufemismo.
While Waiting comincia prima della nascita di colui che, in forza di quanto sopra, chiamerò, amichevolmente (ma neanche tanto), Donald. Lo spirito di Donald si trova in fila con le altre anime in attesa di reincarnarsi. All’inizio di ogni livello – a partire dal primo, appunto quello che vi sto descrivendo – sul lato destro dello schermo compare un quadernetto in cui sono indicati degli obiettivi. Sono tutti descritti in maniera umoristica e un po’ criptica, e per questo non sappiamo di preciso cosa bisogna fare per conseguirli. Nel mio caso, mi sono mossa nervosamente per tentare di saltare la fila e reincarnarmi un po’ prima: peccato che sia caduta nel fiume di sotto e sia stata recuperata da una specie di Caronte che mi ha ributtata sul ponte con una specie di forchettone (!).
Agitandomi e bighellonando sono riuscita a conseguire tutti gli obiettivi, tranne l’ultimo: “Do nothing”, non fare niente. È presente in ognuno dei livelli del gioco. La piccola rivoluzione attuata da Optillusion è proprio questa: While Waiting può essere completato anche senza muovere un dito. Le situazioni di attesa in cui si ritrova Donald – aspetta che il toast si cuocia, aspetta che finisca di piovere, aspetta i bagagli, aspetta il colloquio di lavoro, e così via – inevitabilmente trascorreranno, portando il gioco al completamento al centesimo scenario.
È un concept fresco e diverso. Che Optillusion fosse un team pieno di talento lo sapevo già: nessuno mi toglie dalla testa che il loro brillante puzzle game Moncage, basato sulla rotazione di un cubo e la gestione della prospettiva, sia stato l’ispirazione dietro Viewfinder. Sebbene non vengano usate parole, è la scrittura a sorprendere: le interazioni con il mondo di gioco sono spesso originali, dando vita a situazioni da slapstick comedy, ma anche a momenti più malinconici, specie quando ci si avvicina al finale. Non mancano una marea di easter egg dedicati agli appassionati di videogiochi: da Getting Over It with Bennett Foddy, passando per Tetris e arrivando a Pac-Man, Optillusion ha curato una ampia schiera di occhiolini per la community dei giocatori.
Ho iniziato a detestare Donald molto presto, ma il momento peggiore è stato quando mi sono resa conto che per conseguire uno degli obiettivi di un livello avrei dovuto tentare di dare fuoco alla coda di un micio più volte. Dopo aver ammazzato una fitta schiera di personaggi non giocanti in videogiochi di ogni genere, qui ho rabbrividito per il disagio e mi sono presa una pausa. Non ogni “sala d’aspetto” di While Waiting è indimenticabile: alcune situazioni si ripetono, e non sempre c’è qualcosa di realmente memorabile da fare. Va detto, però, che così è la vita. Gli schemi di controllo sono molto semplici: Donald va mosso in giro per gli scenari, e con un pulsante si può interagire con gli stessi. Un altro richiama il quadernetto con i suoi obiettivi. Un altro ancora permette di usare un fidget spinner per ingannare l’attesa.
Non ho particolarmente apprezzato le prestazioni del gioco su Steam Deck. Sebbene si tratti di un titolo tutt’altro che all’ultimo grido a livello tecnologico – e va benissimo così – While Waiting risulta mal rifinito dal punto di vista dei controlli, spesso piuttosto imprecisi. Molto meglio giocarlo su PC con l’ausilio della tastiera, insomma. Resta un’esperienza apprezzabile dal punto di vista artistico, con questo stile cartoon che ben si presta a rappresentare gli eventi con un tocco d’ironia costante, anche nelle situazioni più infelici. Povero Donald: persino io ho avuto compassione per lui quando si è trovato ad aspettare che si liberasse l’unico bagno disponibile, durante un clamoroso attacco di mal di pancia.
Durante le mie brevi sessioni – While Waiting mal si presta a essere giocato per ore intere – l’opera di Optillusion mi ha fatto riflettere su quanto il mondo dei videogiochi abbia un rapporto problematico con il tempo dell’attesa. La comunicazione dei grandi publisher è basata su una gestione maniacale degli anni o dei mesi che ci separano dall’uscita di un nuovo gioco. O anche di una nuova console: pensiamo al trailer di Nintendo Switch 2 e alle scelte di marketing di Nintendo, che centellina le informazioni sulla sua nuova, futura ammiraglia. Questo tempo dell’attesa è riempito da una serie infinita di leak e rumour più o meno fondati, che anneriscono d’inchiostro virtuale le pagine di tanti siti d’informazione per rispondere a una serie di domande: Nintendo Switch 2 sarà retrocompatibile con tutti i giochi di Nintendo Switch? Quali caratteristiche avrà PlayStation 5 Pro? Ma soprattutto, quando diavolo uscirà Hollow Knight: Silksong? E se prima dell’avvento di Internet e dell’era dell’informazione immediata e pervasiva (talmente tanto pervasiva da farsi spesso soffocante) il tempo dell’attesa di un videogioco era esclusivamente punteggiato dall’uscita mensile di magazine specializzati, oggi le convulsioni dell’aspettare vengono continuamente sollecitati da un sistema che attivamente capitalizza sui minuti, sulle ore, sui giorni, sui mesi, sugli anni che i videogiocatori trascorrono ad aspettare. “Forse non è sbagliato esprimere in termini fisici lo stato di impotenza provocato dall’attesa: aspettare procura dolore. Qualcosa si contrae in una regione del corpo si crea una specie di corrente d’aria fra due porte lasciate aperte per distrazione”, scrive Andrea Köhler.
E questo dolore viene sfruttato, conteso, monetizzato.
While Waiting è un utile esercizio per non lasciarsi catturare dal potere perverso e mesmerizzante di un’attesa che ci può rendere vittime. E ci invita a riflettere sul nostro libero arbitrio di giocatori, rispettando perfino la volontà di non prendere parte al gioco. In fin dei conti, siamo noi a scrivere il personaggio di Donald tramite le interazioni che scegliamo di avere all’interno dei cento livelli di While Waiting. I momenti migliori sono quelli in cui si tenta di controllare l’incontrollabile, di giocare a Dio come tante volte abbiamo fatto in altri mondi virtuali. Solo che in While Waiting non è possibile: quel che deve accadere accadrà. Inevitabilmente. Senza trasformarsi in un’apologia dell’inazione, l’avventura di Donald tenta di toglierci dalle spalle quel peso insostenibile che il capitalismo ha posto sull’individuo, spostando la responsabilità dalla collettività al singolo. È liberatorio prendere atto che non possiamo avere controllo su tutto. Inclusa la data d’uscita di Hollow Knight: Silksong. Dovremmo, e potremmo, tentare di goderci un po’ di più questo viaggio. Che siamo videogiocatori, o meno.
Pubblicato il: 10/02/2025
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