La musica come balsamo per il cuore
Il lutto è un’emozione complessa da processare, soprattutto quando non si è minimamente pronti ad affrontarla. La vita sa essere beffarda, pronta a pugnalarti alle spalle quando meno te lo aspetti per ricordarti che hey, alla fine siamo tutti mortali e abbiamo una data di scadenza da cui non si può sfuggire, quindi tocca in qualche modo tenersi pronti per quando toccherà a noi. Di videogiochi che raccontano il lutto ne esistono moltissimi, soprattutto da quando il medium ha iniziato un lento ma costante processo di maturazione che l’ha portato ad affrontare temi e argomenti sempre più complessi nel corso della sua storia più recente; penso principalmente a Gris, Spiritfarer e What Remains of Edith Finch, che hanno saputo raccontare ognuno in maniere differenti il processo di confronto e accettazione della perdita di una persona cara.
Afterlove EP di Pikselnesia si inserisce all’interno dello stesso filone, ma la sua storia produttiva lo rende in qualche modo unico: Mohammad Fahmi, fondatore dello studio, creatore dei due Coffee Talk di Toge Production e ideatore dello stesso Afterlove EP è venuto a mancare proprio durante lo sviluppo del gioco. Chiamatelo fato, chiamatelo Dio o chiamatelo come vi pare, ma quell’entità a cui ci rivolgiamo in questi momenti è un infame. I membri di Pikselnesia hanno raccontato più volte di quanto sia stato difficile per loro superare il trauma della morte di Fahmi e di quanto sofferta sia stata la decisione di non abbandonare il progetto e portarlo a termine in una situazione del genere. Non faccio assolutamente fatica a crederci.
Afterlove EP è tante cose. È un rhythm game, un life simulator e per certi versi anche un dating sim ambientato a Jakarta che racconta la vita di Rama, un giovanissimo adulto che si ritrova di punto in bianco a fare i conti con la scomparsa improvvisa della sua fidanzata Cinta. Rama è però soprattutto un musicista innamorato della sua chitarra che ha passato gran parte della sua adolescenza ad accudire la propria band, i Sigmund Feud, sognando il successo e la possibilità di guadagnarsi da vivere grazie al suo talento musicale e non accettando l’idea di accettare un contratto da impiegato in una delle tante aziende corporative che infestano la sua città. Posso essere onesto con voi? Lo capisco benissimo, quindi è anche per questo che l’ho subito preso a cuore. Nella mia vita è esistito un lungo periodo in cui la musica ha rappresentato per me un punto cardine della mia intera esistenza; mi rifiutavo di fare qualsiasi cosa senza avere le cuffie nelle orecchie e i miei pensieri erano costantemente parassitati dalle canzoni che scrivevo assieme ai miei compagni degli Offender. Io e Rama siamo chiaramente differenti sotto molti aspetti, anche perché lui suona un indie rock smielato ed emotivo mentre a me piacevano (e piacciono tutt’ora) il death metal dei Bolt Thrower e il black metal degli Immortal, ma ho empatizzato profondamente con lui.
Il gioco adotta un approccio particolare alla sua narrazione perché non si concentra sul raccontare il rapporto di Rama e Cinta per interromperlo sul più bello. La dipartita di Cinta non è il punto d’arrivo strappalacrime e facilone del gioco, bensì è il suo punto di partenza. Tutto ciò che ci serve sapere è che la notte prima della sua scomparsa Cinta ha fatto avere a Rama una lettera che gli ha chiesto di promettere di non aprire fino al giorno della pubblicazione del primo EP dei Sigmund Feud. La sua dipartita, però, cambia tutto. Rama si chiude in sé stesso per un anno, rifiutando il contatto con il mondo esterno e mettendo in discussione il rapporto con i suoi amici e il futuro della band, costretta ad un silenzio radio assordante a causa del rifiuto del suo cantante di affrontare la propria disperazione a viso aperto. Da qui nasce il racconto della lenta ripresa di Rama e della sua accettazione non solo del lutto ma anche della possibilità di continuare a vivere e ad essere felice in un mondo senza Cinta. O meglio, Cinta c’è ancora e gli parla costantemente nella sua mente, dando così voce ai pensieri di Rama in ogni situazione in cui si ritrova incastrato.
La musica resta sullo sfondo a fare da collante tra la vita di tutti i giorni di Rama e di tutte le persone che gli gravitano attorno. Anzi, ancora meglio, scandisce perfettamente lo scorrere del tempo grazie al fatto che ogni settimana del calendario ha come momento focale quello delle prove dei Sigmund Feud, che è anche l’occasione in cui i membri possono affrontare i problemi personali causati dall’allontanamento di Rama. Non è un gioco che brilla per la sua scrittura, anzi spesso mancano dei raccordi forti tra i momenti più importanti della vicenda raccontata, ma anche questo aggiunge in qualche modo realismo alla storia di Afterlove EP, che a quanto pare è stato capace di incorporare al proprio interno anche la noia che caratterizza la vita di tutti i giorni. Questo non vuol dire che mi sia piaciuto fino in fondo, perché di fatto è un gioco che trovo manchevole soprattutto nella sua gestione dei ritmi, eppure qualcosa che mi ha saputo emozionare c’è. Parlo principalmente della sua costruzione, perché l’elemento più interessante di Afterlove è che racconta il percorso di guarigione di Rama attraversando tutte le fasi di questa sua riconciliazione con l’esistenza. La musica e soprattutto la sua chitarra sono onnipresenti (le tracce composte appositamente per il gioco sono davvero molto molto belle), ma Afterlove non si accontenta di sfruttarle come unico appiglio attorno a cui costruire tutto il racconto: ci sono le bevute al bar con gli amici, i litigi, i momenti in cui Rama si ritrova a ripercorrere alcuni momenti salienti della sua relazione con Cinta e le sedute dalla psicologa che lo aiutano ad accettarsi e ad accettare il lutto.
Non immaginatevi, in ogni caso, di avere a che fare con un videogioco ritmico di quelli hardcore, anzi a dirla tutta il gameplay delle sezioni musicali sembra più che altro una scusa per poter rendere interattivi alcuni dei momenti più importanti del gioco senza obbligare il giocatore a rimanere immobile col controller in mano. A dirla tutta non ho apprezzato davvero questa scelta, perché credo che al di là della bontà del racconto Pikselnesia abbia sprecato l’occasione di rendere il poco gameplay di Afterlove EP davvero rilevante. Si “gioca” perché sì, quando in realtà ci sarebbe stata eccome la possibilità di trasformare le sue meccaniche da rhythm game in un modo per comunicare con ancora più forza il messaggio del gioco. Interessantissimo, invece, il modo in cui il team è riuscito a raccontare una metropoli caotica come Jakarta basandosi solamente su una manciata di ambientazioni. La scena indonesiana sta vivendo un momento di grande crescita negli ultimi anni (e Fahti è stato in assoluto uno dei suoi principali promotori nel mondo) e videogiochi come Afterlove stanno aprendo il pubblico occidentale alla possibilità di confrontarsi digitalmente anche con culture troppo spesso sottorappresentate come quella indonesiana e in generale di tutto il sud est asiatico.
Afterlove EP non è il miglior videogioco musicale che possiate giocare nella vostra vita, né tantomeno può ambire all’olimpo dei videogiochi narrativi. È, però, un’interessante esplorazione del lutto in una chiave non del tutto comune e, soprattutto, il testamento artistico di un autore che per ironia della sorte è venuto a mancare proprio durante la creazione di un videogioco che chiede al giocatore di guardare in faccia la morte e di cercare di imparare a conviverci. È uno scherzo del destino che trovo a tratti inquietante e a tratti incredibilmente evocativo.
Forse non cambierà la vita di nessuno, ma la possibilità che possa pizzicare la corda giusta c'è e mi sento di consigliarvi di provare a scoprire se sarà così anche per voi. Io, alla fine, gli ho voluto bene.
Pubblicato il: 13/02/2025
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