RIFT

OF THE

NECRODANCER

Chimèra s. f. [dal lat. chimaera, gr. χίμαιρα, propr. «capra»]. [...] In biologia generale, individuo le cui cellule derivano da due diverse uova fecondate unite accidentalmente o sperimentalmente. Spesso i gemelli dizigotici nei mammiferi mostrano di essere chimere per i gruppi sanguigni (scambio di cellule staminali durante la vita fetale). In botanica, l’individuo che risulta costituito da caratteri specifici diversi, derivanti dalla saldatura delle due parti concrescenti nell’innesto. 

Definizione di “chimera” da Enciclopedia Treccani

“Rapsodie di tratti e membra di animali noti”. Così lo scrittore Primo Levi descriveva le bestie mitologiche che animano le leggende, e gli incubi, dei popoli di tutto il mondo. Pensiamo subito alle gorgoni e alle lamie, incontro tra donne e serpenti; e poi al minotauro, in cui si incrociano le forme dell’uomo e del toro. Più di tutto, pensiamo alla chimera, l’ibrido per antonomasia descritto da Omero nell’Iliade (nella magnifica traduzione di Vincenzo Monti) come “il mostro di origine divina, / leone la testa, il petto capra, e drago / la coda; e dalla bocca orrende vampe / vomitava di foco”.  

Anche il mondo dei videogiochi ha le sue chimere. Una delle più affascinanti è italiana: si tratta di non-binary, videogioco che mischia scelte testuali e bullet hell per raccontare il percorso di scoperta di sé di una persona dall’identità di genere non binaria. E poi c’è Crypt of the NecroDancer, un vero e proprio mal di testa per chi vuole incasellare a tutti i costi i videogiochi all’interno di categorie prestabilite, appiccicandoci una comoda etichetta sopra. Vero e proprio meteorite nel mondo dello sviluppo indipendente – al momento in cui scrivo ha oltre ventiduemila recensioni su Steam – si schiantò sui nostri dispositivi digitali ormai dieci anni fa, e ancora oggi, rievocandolo, è impossibile non pensare alle eccellenti musiche di Danny Baranowsky e soci. Musiche che animavano un ibrido tra rhythm game (e fin qui tutto bene), roguelite (ok...) e dungeon crawler (!). Il risultato è uno solo: Crypt of the NecroDancer stesso. Una chimera – e quindi un qualcosa di unico e irripetibile. Se vuoi giocare qualcosa di questo tipo, devi giocare Crypt of the NecroDancer. Punto, stop, e a capo.

In realtà, gli sviluppatori di Brace Yourself Games si sono spinti addirittura oltre. Quattro anni dopo l’uscita di Crypt of the NecroDancer, arrivò sul mercato l’ottimo Cadence of Hyrule – Crypt of the NecroDancer featuring The Legend of Zelda (uno dei titoli più esplicativi nella storia dei videogiochi, va detto). Cadence of Hyrule è esattamente ciò che sembra: prendi Crypt of the NecroDancer e aggiungi The Legend of Zelda al già effervescente mix. Il cocktail è delizioso. 

E allora, barista, versacene un altro, perché è arrivato il momento di tornare a vestire i panni di Cadence e fare strage dei nostri nemici a ritmo di musica. Con una sorpresa: Rift of the NecroDancer abbandona lo stile chimerico di Crypt of the NecroDancer per offrire ai giocatori un’esperienza da rhythm game decisamente più tradizionale. Fin dall’interfaccia, che inevitabilmente ricorda quella semplice ed efficace di Guitar Hero. È una scelta che, al momento dell’annuncio, mi ha lasciata non poco perplessa: avevo l’impressione che il team avesse voluto tirare i remi in barca, tirando a campare sul buon nome che si era procurato con Crypt of the NecroDancer e Cadence of Hyrule. La buona notizia è che mi sbagliavo di grosso.

Cadence si ritrova catapultata in un mondo a lei sconosciuto insieme ad alcune vecchie conoscenze degli appassionati dei videogiochi di Brace Yourself Games, dalla dolcissima Colomba all’iconico NecroDancer. Addio ai dungeon, benvenuti varchi armonici: il campo di battaglia è rappresentato in forma tripartita, con i nemici che scorrono dall’alto in basso sullo schermo e vanno colpiti premendo tre tasti a ritmo di musica. A tornare non sono soltanto Cadence e soci, ma anche i protagonisti della colonna sonora di Crypt of the NecroDancer, tra cui Danny Baranowsky (che ha lavorato, tra l’altro, anche a Super Meat Boy e The Binding of Isaac) e Jules Conroy, con i suoi virtuosismi alla chitarra. Eccezionale l’aggiunta di nuovi autori, tra cui Alex Moukala: vi consiglio caldamente di ascoltare la sua versione funk di One Winged Angel, direttamente da Final Fantasy VII. È un mix di quelli esplosivi che, come era accaduto per Crypt of the NecroDancer – la cui colonna sonora è ancora oggi fissa nelle mie playlist – viaggia con eleganza tra rock, funk, pop ed elettronica.

Se è vero che la musica è il cuore pulsante di Rift of the NecroDancer (tanto che il ritmo ha sopravanzato vari elementi del gioco che ha portato Brace Yourself Games al successo), le modalità di svolgimento dei combattimenti e delle battaglie contro i boss non sono meno importanti, perché è qui che arrivano le sorprese che distinguono la nuova avventura di Cadence da tanti altri rhythm game. Ogni nemico ha caratteristiche diverse: lo scheletro base viene sconfitto dalla protagonista con la semplice pressione di un tasto, ma la sua versione potenziata perde la testa e la recupera tornando indietro sul terreno di gioco fino a quando non viene bloccato da un nuovo nemico. A questo punto, recupera il teschio e torna alla carica, e va colpito nuovamente per essere sconfitto una volta per tutte. Discorso simile per i pipistrelli, che nella loro forma normale non impensieriscono troppo il giocatore, mentre nelle versioni colorate percorrono lo schermo a zig-zag e vanno colpiti più volte. Il risultato è un pot-pourri di avversari dalle abilità diverse, capaci di rendere interessanti tutti i varchi armonici e di costituire una sfida concreta: se il nemico riesce a oltrepassare le difese di Cadence, la protagonista perde un punto vita, fino ad arrivare al game over. Ogni tanto appare del cibo che ripristina l’energia di Cadence, ma anche questo va colpito a tempo per poter essere utilizzato. Brace Yourself Games ha deciso di abbandonare l’estremo rigore di Crypt of the NecroDancer per adattarsi a tutte le abilità con ben quattro livelli di difficoltà (facile, media, difficile e impossibile), oltretutto inserendo numerose opzioni di accessibilità visiva e uditiva, e facendo un calibrazione audio e video iniziale per garantire ai giocatori un’esperienza precisa e su misura, non rivolta esclusivamente agli hardcore gamer. E questa, a mio avviso, è proprio una bella notizia.

Al di là della modalità storia – vi avverto: non aspettatevi nulla di eccezionale dal punto di vista della trama – è possibile godersi l’avventura di Cadence in numerose forme. Ci sono le sfide del giorno, che propongono un varco armonico diverso generato casualmente ogni ventiquattr’ore, con la possibilità di competere sulla classifica globale. Si possono creare nuovi livelli nella modalità Musica personalizzata, utilizzando gli stessi strumenti di sviluppo dei designer del gioco e accedendo anche ai brani realizzati dalla (già vivacissima) community di giocatori. Nella sezione Extra, troviamo dei deliziosi minigiochi (amo le lezioni di yoga ritmico di Colomba!), le battaglie contro i boss, e poi le sfide – livelli speciali progettati per offrire prove di abilità uniche – e il bestiario, che permette di selezionare un mostro per fare pratica con le sue meccaniche e il suo stile di movimento, passando dalla banale melma verde al diabolico spadaccino blu. E ci sono novità continue: al momento in cui scrivo questo pezzo, è stato da poco reso disponibile un aggiornamento gratuito con tre nuovi remix di pezzi di Super Meat Boy realizzati da Danny Baranowsky. Senza dimenticare che è possibile giocare ogni singolo varco armonico – ciascuno animato da un determinato pezzo della colonna sonora di Rift of the NecroDancer – senza le costrizioni d’ordine della modalità Storia. In altre parole, la longevità di Rift of the NecroDancer è pressoché infinita.

Ma c’è di più. Per esempio, che Rift of the NecroDancer è perfettamente tradotto in lingua italiana. E che ha un meritatissimo bollino verde di Valve per la sua versione Steam Deck: sia su PC, sia in portabilità con Deck, il prodotto di Brace Yourself Games non ha mai avuto un’esitazione, un bug, niente di niente. Il codice è perfezione assoluta. Se Crypt of the NecroDancer era un’affascinante, ostica e indomabile chimera, Rift of the NecroDancer è un elegantissimo cavallo lanciato al galoppo. Meno bizzarro del suo illustre predecessore, certo, ma non per questo meno spettacolare. Giusto un pelino meno intimidatorio per chi vuole godersi una bella serata a ritmo di musica, e un ottimo modo per festeggiare il decennale dell’opera che lanciò questo coraggioso team di sviluppatori dritto nell’Olimpo del mondo dello sviluppo indie. 

Pubblicato il: 17/02/2025

Provato su: PC Windows

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