EXPELLED!
Fatti e misfatti di Verity Amersham
“In precedenza, Jon [Ingold, N.d.A.] è stato Lead Designer presso Sony Computer Entertainment Europe, e prima ancora un insegnante nelle scuole medie, quindi ama parlare”. Jon Ingold, co-fondatore e Narrative Director di inkle, si presenta così sul sito della compagnia. inkle (scritto tutto minuscolo) è un piccolo studio fondato a Cambridge nel 2011, nonché una vera e propria avanguardia nel campo del design narrativo di esperienze interattive. Ogni videogioco di inkle – dalla fenomenale avventura linguistica Heaven’s Vault, passando per l’investigativo Overboard!, fino ad arrivare alla corsa a perdifiato di Moira McKinnon per le Highland scozzesi in A Highland Song – ha la stessa base: ink (anche lui tutto in minuscolo), “un fondamento che ci ha permesso di scrivere letteralmente milioni di parole”, come precisato dallo studio. ink è un linguaggio di scripting narrativo amato non soltanto dai suoi creatori, ma anche da sviluppatori di tutto il mondo, grazie anche alla sua facilissima integrazione con gli strumenti di Unity e Unreal: per citare giusto alcuni nomi, sono stati costruiti con ink capolavori della galassia indie come Thirtsy Suitors, The Wreck, Sable, Goodbye Volcano High, Where the Water Tastes Like Wine, Neocab, Bury Me My Love. Solo per citare alcuni nomi, perché la lista potrebbe continuare a lungo. Ah, e si tratta di uno strumento open source, liberamente disponibile sotto la licenza MIT. Se volete provarlo in prima persona, trovate ink qui.
L’esigenza di sviluppare un tool simile viene dalla volontà dello studio di creare videogiochi che si traducono in esperienze uniche e singolari, su cui l’azione del giocatore è capace di incidere a fondo, creando percorsi particolari e aprendosi a essere rigiocati più e più volte. Ne parla proprio Jon Ingold in un talk della Game Developers Conference 2018 dal titolo “Heaven’s Vault: Creating a Dynamic Detective Story”. Heaven’s Vault, uscito nel 2019, è un’avventura nelle profondità dello spazio in cui l’accademica Aliya Elasra tenta di ricostruire la storia di un antico popolo decifrando i geroglifici che ne formano il linguaggio. Ho vissuto poche esperienze ludiche ingaggianti tanto quanto l’operazione di traduzione di Heaven’s Vault: opere più recenti che costituiscono variazioni sul suo tema, come il pur ottimo Chants of Sennaar, non si avvicinano neppure lontanamente alla profondità ludica dell’opera di inkle, senz’altro tra le migliori dello studio britannico. “Noi creiamo storie giocabili con una grande libertà per i giocatori”, diceva Ingold nella sua presentazione alla GDC. Nella (incredibilmente appassionante) ora di durata del suo talk, Ingold spiega come inkle cerca di comporre la frattura tra la storia – di per sé non libera, in quanto dotata di limitazioni legate alla narrazione – e la libertà di azione accordata al giocatore. È una lezione di game design di rara profondità. Fatevi un regalo e recuperatela.
Tutto ciò venne applicato magistralmente nella struttura di Overboard!, uno dei pochi videogiochi investigativi in cui il mistero è svelato dallo stesso team di sviluppo: la protagonista è colpevole dell’omicidio. È il 1935 e un uomo è appena stato ucciso a bordo della SS Hook. “C’è solo un problema: sei tu la responsabile”, recita la descrizione del prodotto su Steam. La protagonista ha a disposizione otto ore per trovare il modo per sfuggire alla giustizia. L’aspetto originale di questo investigativo sta nella sua struttura ricorsiva, naturalmente poggiata su ink: l’avventura può essere giocata in 30-45 minuti, ma richiede diversi playthrough per studiare attentamente i personaggi, lo scenario, le possibili combinazioni di situazioni che si vengono a creare, in modo tale da poter portare a casa la pellaccia una volta che la SS Hook tocca terra. Sempre alla GDC – nell’edizione del marzo 2022 – Ingold spiegò l’approccio adottato in Overboard! nel talk “The Burden of Proof: Narrative Deduction Mechanics for Detective Games”, che potete visionare qui, chiarendo che in Overboard!, più che risolvere un mistero (che non c’è, come visto sopra) si indaga per creare un piano, come se si percorresse un labirinto – spiega Jon Ingold – o come se si volesse costruire un’argomentazione. In sostanza, l’enigma sta nel comprendere quali possono essere i passaggi per non essere considerati colpevoli.
Expelled! mutua da Overboard! non soltanto le magie di ink e il punto esclamativo finale, ma anche la struttura d’insieme. Torna una protagonista femminile, Verity Amersham, ma stavolta siamo in un collegio britannico nel 1922. Verity viene da una famiglia povera, ma una borsa di studio conseguita grazie al suo bel cervello le ha permesso di accedere a un istituto riservato alla crème de la crème della buona società inglese. Ora, però, tutto è messo in discussione: Louisa Highcastle, una delle studentesse più in vista dell’istituto, precipita dalla torre della biblioteca. Miss Mulligatawney, direttrice della scuola, accusa Verity (magistralmente interpretata da Amelia Tyler, voce di Ecate in Hades II e della narratrice in Baldur’s Gate III) di tentato omicidio, e il primo ciclo di gioco si conclude drammaticamente con l’espulsione della ragazza. Sta a noi rivivere più e più volte il ciclo – esattamente come in Overboard! – per capire quali azioni intraprendere per discolparci agli occhi di Miss Mulligatawney.
Una delle critiche più frequentemente mosse da Overboard! stava nella decisione dello studio di svelare fin da subito la colpevole: per alcuni giocatori, ciò si traduceva in una perdita di presa del gioco. Che gusto c’è se il mistero è già stato svelato? Personalmente, avevo trovato gran gusto nel seguire la scia di briciole di pane lasciata da inkle sulla SS Hook, impegnandomi a fondo nello studio dei personaggi, delle loro motivazioni, dei possibili punti deboli da sfruttare per non finire in galera una volta toccata terra. E poi, c’era il gusto della scoperta della personalità spregiudicata di Veronica Villensey, la nostra protagonista, conosciuta attraverso le opzioni di dialogo (e di azione) che si aprivano di partita in partita.
Ecco, in Expelled! inkle decide di mettere in campo uno dei miei espedienti narrativi preferiti: quello del narratore inaffidabile. Per fare un paio di esempi molto noti, è inaffidabile il protagonista (o la protagonista? Chi può dirlo) senza nome del racconto Il cuore rivelatore di Edgar Allan Poe. Parimenti inaffidabile è Zeno Cosini in La Coscienza di Zeno di Italo Svevo – ma a dir la verità, tutto il Novecento è un proliferare di narratori inaffidabili! Oggi possiamo aggiungere all’elenco anche Verity Amersham, impegnata a raccontare più e più volte a suo padre la storia di come ha perso la più grande opportunità della sua vita: la borsa di studio per vivere tra ragazze altoborghesi e principesse nella scuola di Miss Mulligatawney, da cui si è appena fatta espellere.
È un quadro narrativo eccellente per esplorare più e più volte la storia delle ultime ore di Verity nella scuola, fornendo una giustificazione brillante alla struttura ludica ricorsiva di Expelled!. Ogni partita dura circa trenta minuti – molti meno se ci arrenderemo a Miss Mulligatawney, che sembra molto contenta alla prospettiva di espellere una ragazza proveniente da una famiglia povera e individuare subito una colpevole del misfatto, o se verremo colte con le mani letteralmente nella marmellata. Solo che, contrariamente a quanto avviene in Overboard!, il giocatore non ha la certezza di quanto compiuto da Verity: ha davvero buttato Louisa Hardcastle giù dal finestrone istoriato della torre della biblioteca? O è tutto un complotto ai suoi danni? Questo dubbio – tutt’altro che sottile – percorre in maniera tutt’altro che sottile tutte le partite che giocheremo in Expelled!. Nel mio caso, sono state necessarie circa quattro ore per giungere a una soluzione dell’enigma – soluzione che ho trovato tutt’altro che banale o scontata.
Ci sono degli elementi che portiamo con noi di run in run. L’indicatore della malvagità di Verity, ad esempio: determinate risposte e azioni portano a un suo incremento, sbloccando una vera e propria escalation di opzioni a disposizione nelle partite successive. L’ho trovato un espediente forse non elegantissimo dal punto di vista diegetico – perché mai delle azioni malvagie raccontate da Verity dovrebbero incrementare la sua stessa malvagità? – ma ricoprire di insulti Miss Mulligatawney è stata un’esperienza davvero gratificante. E non mancano momenti memorabili, come quello in cui la direttrice ricorda a Verity che dovrà faticare per farsi largo fuori dalla scuola, soprattutto a causa della sua bassa estrazione sociale. L’ho interpretato come un invito a fare del mio peggio. E, in effetti, per risolvere il mistero ne ho dovute combinare di cotte e di crude. Altro elemento fondamentale nell’arco delle varie partite necessarie a giungere ai titoli di coda sono i segreti, conservati in un quadernetto che Verity ha nascosto in un luogo particolare della scuola. Sta al giocatore trovarlo e sfruttarlo (magari all’inizio della partita) per ricordare gli scoop scoperti e sfruttarli a dovere. E fidatevi, la Scuola per Ragazze Promettenti di Miss Mulligatawney è letteralmente piena di succosi pettegolezzi.
Rispetto a Overboard! si registra un notevole incremento di stanze (in questo caso quelle della scuola, non i locali di una nave), di personaggi, di situazioni e di possibili combinazioni delle stesse. La gestione del tempo è fondamentale: Verity deve discolparsi prima della consegna dei premi di fine anno. Possiamo scegliere di seguire le lezioni in maniera diligente, magari chiacchierando un po’ con le insegnanti, oppure bighellonare in giardino e scambiare due parole con la statua di una suora vistosamente incinta che si trova in cortile (!!). Nel frattempo, molte delle nostre compagne di scuola non mancheranno di evidenziare che il caso di Verity è disperato, commentando la situazione economica svantaggiata della sua famiglia e, in alcuni casi, comportandosi da vere snob (Fifi, vieni qui a incontrare il mio pugno chiuso, su!). E questa è una delle ragioni che mi hanno spinta a continuare fino a vedere la fine di questa storia: Verity Amersham è una protagonista verso cui ho provato una simpatia infinitamente più grande rispetto a quanto mi era successo con Veronica Villensey.
Purtroppo, la fruizione di un’opera affascinante come Expelled! sarà impedita a molti dalla mancanza di una traduzione in lingua italiana, che senz’altro necessiterebbe di risorse di non poco conto, vista l’enorme molte di dialoghi a schermo. È un peccato, ma è anche una scelta comprensibile per uno studio piccolo come inkle. Quel che è certo è che chiunque abbia una discreta padronanza della lingua inglese dovrebbe valutare di giocare Expelled!, che oltretutto allontana ogni eventuale frustrazione non soltanto grazie alla durata ridotta delle partite, ma anche grazie alla possibilità di riavvolgere il tempo e rigiocare singole scene godendosi nel frattempo l’eccezionale colonna sonora jazz, composta da classici dell’epoca in cui il gioco è ambientato. È un’ottima idea per esplorare nel dettaglio tutte le pieghe della storia – che sono davvero tantissime. Senza contare che la storia di una studentessa povera intrappolata nella retorica del merito a inizio Novecento risulta attuale ancora oggi, così come l’invito di Miss Mulligatawney a raddrizzare la schiena e farci valere là fuori.
Pubblicato il: 25/03/2025
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