The Darkest Files
La luce della giustizia di Fritz Bauer
“Nulla appartiene al passato. Tutto è ancora presente e può diventare nuovamente futuro”
- Fritz Bauer
Mi dirigo verso la porta del procuratore generale per aggiornarlo sull’andamento di un’indagine di cui sono incaricata. La nostra assistente legale, Paula, mi ferma. “Bauer non c’è”, dice. “È andato via mormorando qualcosa... Sull’Argentina, mi pare”. Dall’altra parte dello schermo, guardo Esther Katz – mia avatar nel videogioco The Darkest Files – e sorrido. Ma certo, qui è il 1957. E le lancette dell’orologio, per un certo Adolf Eichmann, hanno appena iniziato una corsa a perdifiato. Tenente colonnello nelle Schutzsfaffel naziste, aveva diretto la deportazione di centinaia di migliaia di ebrei nei campi di sterminio. Dell’espulsione degli ebrei da Vienna nel 1938, disse durante il suo processo di aver “fatto trottare i signorini”. Alla fine della guerra, riuscì a rimanere nascosto nelle campagne tedesche per qualche anno sotto falso nome, e poi fece perdere le sue tracce in Argentina.
Divenne sempre più sbruffone, fino a concedere un’intervista a Willem Sassen, giornalista olandese ed ex collaborazionista del regime nazista. Era il 1957. E quello stesso anno, il figlio dell’ex tenente delle SS, Klaus, iniziò a frequentare la figlia di un sopravvissuto di Dachau, Lothar Hermann. Il nome della ragazza era Sylvia. A causa delle botte subite nel campo di concentramento, il suo papà era diventato completamente cieco. E si trovò, un giorno, ad accogliere in casa il fidanzato della figlia, e a chiedere – come spesso succede – di cosa si occupasse suo padre. La risposta fu la più atroce possibile per un sopravvissuto all’Olocausto: “Mio padre è stato in guerra e ci siamo trasferiti molte volte. Per un periodo di tempo, abbiamo abitato a Praga. Papà diceva che eravamo lì per diffondere nel mondo i valori tedeschi”. Klaus Eichmann utilizzava il vero cognome del padre, e per questo Hermann riuscì a risalire al suo ruolo nelle SS e a contattare quello che forse è il vero protagonista del videogioco The Darkest Files. Di certo, è uno dei grandi protagonisti del Novecento – del Novecento della legge. Meglio ancora, della giustizia. Il suo nome era Friz Bauer.
Hermann conosceva il lavoro che Bauer stava svolgendo in Germania Ovest come procuratore generale impegnato a portare alla sbarra i criminali del regime nazista. Per questo, gli scrisse una lettera e gli fornì le informazioni in suo possesso su Adolf Eichmann. Bauer decise di rivolgersi ai servizi segreti israeliani, non fidandosi del governo tedesco, che in più di un’occasione aveva dimostrato di voler “chiudere un occhio” per lasciare quel terribile passato recente il più possibile alle spalle. Passarono tre anni prima che il Mossad riuscisse a organizzare l’operazione che portò alla cattura di Eichmann. Dopo un processo dall’enorme importanza storica che portò la filosofa Hannah Arendt a scrivere il saggio La banalità del male: Eichmann a Gerusalemme, l’ex tenente delle SS fu impiccato e il suo cadavere cremato. Le sue ceneri vennero disperse nel Mar Mediterrano e il secchio che le conteneva venne meticolosamente lavato con acqua salata: nemmeno un frammento di Adolf Eichmann doveva tornare a terra. Per il suo ruolo decisivo nella cattura di Eichmann, Sylvia Hermann dovette trasferirsi negli Stati Uniti d’America, dove pare viva ancora sotto falso nome.
Lontano dai casi spesso surreali e bizzarri della serie Ace Attorney o di capolavori recenti come The Case of the Golden Idol, The Darkest Files ci mette nei panni del pubblico ministero Esther Katz, entrata a far parte della squadra del procuratore generale Fritz Bauer. A partire dalla metà degli anni Cinquanta, Bauer fu procuratore del distretto dell’Assia, con sede a Francoforte sul Meno. È qui che è ambientata l’avventura di Paintbucket Games, collettivo berlinese con all’attivo vari videogiochi di ispirazione storica e una meritatissima vittoria nella categoria Gameplay Excellence durante Indie Cup Europe ’24, conseguita proprio con il loro The Darkest Files.
Tutte le vicende su cui Esther Katz si troverà a indagare sono ispirate a casi realmente affrontati dal team di Bauer, verificatisi nel corso dei terribili anni del regime nazista. La prospettiva è di quelle raramente affrontate nel mondo videoludico: si ricopre il ruolo della pubblica accusa, interrogando sospettati e testimoni, ricostruendo gli eventi, analizzando un gran numero di documenti e, infine, arrivando in sede processuale per tentare di assicurare i colpevoli alla giustizia. Con due livelli di difficoltà e la possibilità di customizzare in autonomia le relative impostazioni (così creando un terzo livello, su misura per le esigenze del giocatore), The Darkest Files si configura come un’esperienza adatta a tutti, anche a chi non è pratico di un genere che continua a sfornare esponenti di rilievo, e che nell’opera di Paintbucket Games viene impreziosito da un’attenzione storica davvero impressionante.
La frase buttata lì da Paula sull’Argentina è soltanto una delle mille occasioni in cui la grande Storia entra di prepotenza nei corridoi degli uffici del tribunale di Francoforte. In ogni caso che analizzeremo si parlerà dei gradi della polizia nazista, delle sue armi da fuoco d’ordinanza, di catene di comando, di resistenza al regime di Hitler. E lo si fa con un livello di scrittura sempre molto, molto alto, con una forte attenzione alle vite dei singoli e all’opportunità di chiusura offerta dalla giustizia, quando amministrata con saggezza. Paintbucket Games decide di portare avanti il tutto con un piglio fortemente simulativo: i documenti da leggere sono tantissimi, e nella modalità investigativa (quella consigliata per vivere un’esperienza meno guidata e più impegnativa) non si viene presi per mano da indizi di sorta.
Vediamo il tutto a livello pratico. Ogni caso inizia dalla testimonianza di una persona informata sui fatti: nel primo, la moglie di un uomo ucciso dalla polizia nazista racconta la terribile storia del rapimento del marito, poi ritrovato cadavere in un bosco. Esther Katz procede a convocare per un interrogatorio i tre sospettati, tutti e tre ex membri della polizia. Il loro capo, nel frattempo, è morto, quindi manca un elemento importante, ma non fondamentale. La nostra assistente legale, Paula, può essere incaricata di recuperare documenti di cui si viene a conoscenza nel corso delle indagini. Non si spende tempo soltanto sulle sudate carte: tra le fasi più brillanti di The Darkest Files vi sono i ricordi dei testimoni e dei sospettati, che raccontano a Esther Katz la loro versione dei fatti “trasportandola” sul luogo del delitto. Katz può anche fare domande addizionali esaminando determinati oggetti e persone nello scenario mentale, incrementando il livello dell’indagine e guadagnando così spunti per la documentazione da richiedere a Paula. È un circolo virtuoso che sorregge un gameplay loop efficace e coinvolgente, che tiene incollato allo schermo il giocatore per tutte le circa dieci ore di durata dell’avventura.
E che viene poi calato nella fase di costruzione dell’impianto probatorio e di ricostruzione dell’avvenuto: per ribattere alle affermazioni della difesa in sede processuale, Katz deve fornire tre prove di quanto da lei affermato. Può trattarsi di documenti o di estratti dalle testimonianze delle persone coinvolte. In alcuni casi, però, ho constatato che The Darkest Files è scarsamente flessibile nelle sue soluzioni: documenti dal contenuto equivalente a quelli “corretti”, che comunque provavano le affermazioni dell’accusa, non risultavano efficaci agli occhi del giudice. È un po’ un peccato, anche perché eventuali errori portano a una diminuzione del punteggio finale assegnato a Katz, basato su quanto siamo riusciti ad avvicinarci alla verità e a difenderla nell’aula del tribunale.
Altrettanto importante è la ricostruzione dei fatti con l’ausilio di una piantina e di segnalini che rappresentano le persone coinvolte nel caso. Nei panni di Esther Katz, dobbiamo collocare i sospettati nei punti giusti nelle varie fasi degli avvenimenti, e indicare le loro azioni, prestando attenzione alle contraddizioni nelle testimonianze. Come detto sopra, The Darkest Files – almeno nella sua modalità investigativa – non guida la mano del giocatore, e ne rispetta l’intelligenza. Ho apprezzato molto queste indagini con pochi binari, anche se ho trovato la fase processuale più debole rispetto al resto, anche perché si può compiere tutto il lavoro in ufficio e poi limitarsi a sottoporre le prove al momento giusto, senza sorprese o guizzi di sorta. Ace Attorney, pur con il suo tono talvolta surreale e ironico (certamente non adeguato a una produzione come The Darkest Files), avrebbe costituito un’utile ispirazione per “movimentare” maggiormente l’aula del tribunale di Francoforte sul Meno.
Un’ottima notizia è che The Darkest Files è ottimizzato per Steam Deck. Al momento in cui scrivo, il gioco non è ancora uscito, ma so che l’obiettivo del team è quello di conseguire il bollino verde da Valve. Mi sembra che il lavoro svolto sia stato di ottima fattura: ho fatto esperienza di alcuni bug minori (in particolare, in determinati casi i ritratti dei personaggi sono rimasti a schermo anche dopo la chiusura di una telefonata, ma è bastato salvare la partita e caricarla, senza uscire dal gioco, per risolvere il problema), ma nessun crash ha funestato le ore passate in compagnia di Esther Katz. Inoltre, The Darkest Files è bellissimo da vedere, con il suo stile che strizza l’occhio alla pop art e un massiccio uso della palette cromatica del blu, colore per antonomasia del mistero. Bene anche per il design sonoro e per il doppiaggio in lingua inglese, lingua in cui ho fruito anche dei testi, mancando al momento una traduzione in lingua italiana.
Nel suo ruolo di procuratore generale, Fritz Bauer aveva fatto affiggere sul muro esterno della struttura una scritta tratta dall’articolo primo della Legge fondamentale tedesca: “La dignità umana è inviolabile”. Il lavoro di Bauer e del suo team rimestò un calderone di orrori che molti concittadini del procuratore preferivano lasciare indisturbato. Dopo un numero incalcolabile di lettere minatorie e di atti vandalistici verso i suoi uffici, il 1 luglio 1968, Fritz Bauer fu trovato morto nella sua vasca da bagno. Bauer divenne così egli stesso un caso: molto si scrisse sui quotidiani dell’epoca, teorizzando un omicidio o un suicidio. Per il medico legale Joachim Gerchow, incaricato dell’autopsia del grande giurista, la verità era ben più prosaica: Bauer soffriva di una bronchite cronica (era un fortissimo fumatore, proprio come vediamo nel gioco) ed era un assiduo consumatore di alcool e sonniferi per tentare di curare l’insonnia che da sempre lo accompagnava. Inoltre, raramente faceva altro che lavorare durante le sue lunghe ore di veglia. La sua visione e il suo impegno restano un’eredità preziosissima, anche per le sue idee di riforma del sistema giudiziario, che per lui doveva valorizzare l’aspetto rieducativo della pena e rimuovere lo stigma che circondava la figura del “carcerato”. Non che oggi le cose, da questo punto di vista, vadano poi molto meglio: la strada da fare è ancora molto, molto lunga e tortuosa.
C’è una foto di Fritz Bauer che trovo assolutamente splendida. Il giurista è inquadrato frontalmente nel corso del memoriale per Anna Frank. È il 1963. Ha lo sguardo rivolto in avanti, due occhi aperti e vivaci, gli occhiali con la montatura spessa e la cravatta un po’ spostata di lato. Sembra pronto ad alzarsi in piedi e a salutare con calore chi lo sta guardando. Chissà cosa avrebbe pensato dell’idea di parlare di giustizia, di diritto e di indagini in The Darkest Files. Credo che un uomo come lui, avanti anni luce rispetto al suo tempo, sarebbe diventato un videogiocatore molto appassionato.
Pubblicato il: 26/03/2025
Provato su: PC Windows
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