RECENSIONE
Se potessi viaggiare nel tempo, dove e in quale momento storico ti recheresti? Oggetto del tuo desiderio di cambiamento, o della tua semplice nostalgia, sarebbe una particolare congiuntura della tua vita? O vorresti magari stringere la mano a un personaggio celebre del passato e porgli una domanda, e così infrangere il vecchio adagio secondo cui è meglio non incontrare mai i propri eroi?
Poche ambientazioni risultano multiformi e potenzialmente stimolanti come l’infinita varietà di luoghi e situazioni offerti dalla possibilità di attraversare i secoli con uno schiocco di dita. O magari con una macchina sperimentale, come quella de La macchina del tempo, romanzo di fantascienza scritto da H. G. Wells e pubblicato nel 1895. Stando agli studiosi, si tratterebbe della prima attestazione dei termini “time machine” utilizzati nel senso che ancora oggi intendiamo, a indicare uno strumento che permette all’essere umano di proiettarsi avanti o indietro nel tempo.
La macchina del tempo ha goduto, e continua a godere, di incredibile fortuna in letteratura, nel cinema, nel mondo dei videogiochi, ed è stata applicata in declinazioni molto variegate. Un sottogenere specifico nell’ambito dei viaggi del tempo è quello che potremmo definire “turismo temporale”. Nelle mie letture di fantascienza – particolarmente intense quando ero piccina – incappai involontariamente in uno degli esponenti più importanti e significativi di questa particolare branca di viaggi nel tempo letterari. È il racconto Rumore di tuono, scritto da Ray Bradbury e pubblicato nel 1952. Nell’anno 2055, la compagnia Time Safari Inc. offre a persone con tanto denaro da spendere la possibilità di uno svago davvero esotico: viaggiare indietro nel tempo per dare la caccia ad animali estinti. I clienti sembrano particolarmente interessati a dare la caccia ai poveri dinosauri (con mia grande disperazione: il mio desiderio da bambina spegnendo le candeline a ogni compleanno era quello di avere un tirannosauro domestico. Vedete cosa succede a guardare troppe volte Jurassic Park...). La spedizione raccontata da Bradbury è finalizzata a uccidere un Tyrannosaurus rex, e per una serie di circostanze che vi invito a scoprire di persona – Bradbury è uno di quei pochi scrittori che considero assolutamente imperdibili – al ritorno dei cacciatori nel tempo presente, si scopre che si sono verificati dei cambiamenti importanti. Eckels, uno dei viaggiatori, scopre sotto la sua scarpa una farfalla preistorica schiacciata. Quel gesto apparentemente insignificante sembra aver portato a una svolta inattesa in eventi politici, economici, e perfino nel modo in cui vengono pronunciate le parole nella lingua inglese (!). Il concetto di “effetto farfalla” fu introdotto dal metereologo Edward Norton Lorenz soltanto negli anni Sessanta, ma Bradbury lo aveva in un certo senso anticipato, con uno di quei salti in avanti che a volte accadono nella grande fantascienza.
Old Skies è un videogioco punta e clicca che pone al centro proprio i temi del turismo temporale e degli “effetti farfalla” a catena che ne possono derivare. Prodotta e autopubblicata da Wadjet Eye Games – che ha una ormai lunga esperienza nel genere – l’avventura della viaggiatrice temporale professionale Fia Quinn fa percorrere in lungo e in largo i secoli. Con una chiara ispirazione a quel filone letterario avviato da Bradbury. Quinn lavora per ChronoZen, un’agenzia di viaggi nel tempo che, per prezzi esorbitanti, permette a persone abbienti di soddisfare i loro desideri... Anche a costo di far subire al mondo quell’effetto farfalla di cui parlavo poco fa. Grazie al suo collega Nozzo, Quinn deve valutare le ripercussioni di ogni azione compiuta nel passato sulla tempolinea. E queste valutazioni avvengono, per così dire, in grande: l’attenzione è rivolta agli eventi macroscopici, più che alle vite delle singole persone. Salvo si tratti di soggetti in grado di avere un impatto sullo sviluppo successivo della Storia. Il tempo è, nelle circa otto ore di durata di Old Skies, un bene di consumo. Si viaggi tra la fine dell’Ottocento, passando per gli anni del Proibizionismo, fino ad arrivare a un momento difficilissimo da trattare: la mattina dell’11 settembre 2001.
Conoscendo i lavori precedenti dello studio – la serie Blackwell e Unavowed – e il talento nella scrittura del fondatore Dave Gilbert, non sono rimasta sorpresa dall’ottimo livello della scrittura. Le situazioni proposte sono incredibilmente varie: dal riccone che vuole soltanto mangiare un panino lurido nel locale del cuore dei suoi anni universitari, alla campionessa di pugilato che vuole fare quattro chiacchiere con il pugile di fine Ottocento che l’ha ispirata a intraprendere quella strada, Old Skies sorprende costantemente e mantiene sempre alta l’attenzione sulle vicende umane narrate, con risvolti che si fanno sempre più coraggiosi e inaspettati con il passare delle ore.
Nel corso degli anni, resterò più affezionata, con ogni probabilità, a un’altra opera pubblicata (ma non sviluppata) da Wadjet Eye Games: The Excavation of Hob’s Barrow, altra avventura punta e clicca tradizionale come Old Skies, impreziosita da orrori tratti dalla tradizione popolare britannica. Al di là delle vicende narrate, segnate dagli oscuri misteri di un paesino isolato nella campagna inglese, The Excavation of Hob’s Barrow usa una pixel art grezza e grossolana che ho nettamente preferito ai fondali pre-renderizzati e ai personaggi disegnati a mano di Old Skies. L’estetica è certamente in linea con quanto visto nei lavori precedenti dello studio, ma non riesco a togliermi dalla testa l’idea che questa svolta non sia stata del tutto felice, a causa di varie incertezze nel tratto e nel design generale dei protagonisti.
Assolutamente collaudato, invece, è il gameplay. C’è tanto pane per i denti degli appassionati delle avventure punta e clicca di una volta: si osservano gli scenari (evitando il pixel hunting con la semplice pressione di un tasto che evidenzia tutti gli elementi con cui è possibile interagire, volendo), si raccolgono oggetti, si parla con l’assistente Nozzo e con le persone che incontriamo nei nostri viaggi temporali e si consulta l’enciclopedia che raccoglie dati su situazioni e persone rilevanti nell’arco dei secoli. Il fatto che la protagonista Fia sia una “professionista del tempo” le dà un potere particolare: quello di riavvolgere gli eventi, con l’aiuto di Nozzo, in situazioni di emergenza. Capita, infatti, che le cose si mettano male per Fia o per i suoi clienti: in questo caso, i regolamenti dell’agenzia consentono di rivivere nuovamente gli eventi per evitare la morte dell’agente o della persona che ha portato indietro nel tempo. Tutto questo si traduce, a volte, in un processo di trial & error per capire dove e quando si è sbagliato: una parola di troppo o il mancato utilizzo di un oggetto sono fattori che possono influenzare il risultato finale di una determinata situazione. Tipicamente si tratta di fasi brevi, ma possono risultare piuttosto ripetitive.
In ogni caso, a farla da padrona è la progressiva presa di coscienza di Fia Quinn, che proseguendo nella sua attività realizza quanto sia anomalo, e pericoloso, consentire a enti privati di intervenire sul delicatissimo tessuto temporale. Tanto che questo apparentemente innocuo turismo temporale sfocia spesso in situazioni assolutamente drammatiche. Old Skies è il videogioco perfetto per chi apprezza una buona scrittura e non vuole scervellarsi troppo appresso a polli di gomma con la carrucola: va dritto al punto, senza alcuna difficoltà artificiale, e si lascia leggere e vivere esattamente come un buon libro, senza mai abdicare alla sua natura di videogioco. Semplicemente, Wadjet Eye Games conferma il suo focus sulla qualità del racconto, più che su una struttura arzigogolata e bizzarra degli enigmi. Ed è uno studio che personalmente apprezzo anche per questo.
Concludo parlandomi di come si è comportata, in questo caso, la mia indie machine per eccellenza. Old Skies gode di un meritatissimo bollino verde su Steam Deck: non si tratta di un software in grado di mettere alla frusta il dispositivo portatile di Valve, certo, ma il lavoro svolto dallo studio è stato in ogni caso encomiabile da ogni punto di vista. In generale, il mondo dello sviluppo indipendente ha realizzato l’importanza di investire fin da subito nella versione Deck dei propri giochi, ed è bello vivere in maniera impeccabile un’avventura narrativamente ambiziosa come Old Skies. Che dimostra che la fantascienza ha ancora tanto da dire, non soltanto in letteratura e nel cinema.
Pubblicato il: 30/04/2025
Provato su: PC Windows
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